Giovedì 11 Settembre. Al via il Seminario Cittadini del Mare sul tema dei Diritti Umani e in serata incontro con il giornalista di Avvenire Paolo Lambruschi autore del libro: “Doctor Alganesc” con la protagonista del libro e la giornalista Lucia Bellaspiga
GIOVEDÌ 11
UNIBAS | Via Lanera | Ore 10.00
Apertura Seminario “Cittadini del Mare” sul tema dei Diritti Umani 11/12 Settembre
con Manuel Angel Trejo Barrios, Lucia Bellaspiga, Alganesc Fessaha,
TERRAZZA PALAZZO LANFRANCHI | Via Ridola | Ore 19.00
Incontro con il giornalista di Avvenire Paolo Lambruschi, autore de: “Doctor
Alganesc”. Intervengono: Lucia Bellaspiga, giornalista Avvenire, Alganesc Fessaha,
Presidente ONG umanitaria “Gandhi” e Manuel Angel Trejo Barrios, “Chitarra
pellegrina”.
a seguire
Il Premio Energheia nella sua nuova giornata propone un doppio appuntamento. Nella mattina, presso l’Unibas alle ore 10.00 prende il via un Seminario di due giorni “Cittadini del Mare” con l’obiettivo di affrontare il tema dei Diritti Umani. L’iniziativa, non a caso, parte da Matera, Città della Pace e dal pensare alla letteratura quale strumento di impegno civile, raccontando il tema della migrazione e il faticoso percorso per la tutela dei diritti dei migranti, identificandoli come Cittadini del Mare. Nel proposito, si tratta di creare, per coloro che si immettono in viaggio per mare, in cerca di un futuro migliore, un Passaporto del Mare, tale da garantire Protezione e Accoglienza, a prescindere dalla loro provenienza. Il progetto, promosso dall’associazione Energheia con il sostegno de La Sorbona, Fundaçion Valsain, Amnesty International e Fondazione con il Sud, è rivolto alla formazione dei giovani dai 18 ai 35 anni, per approfondire il tema sotto diversi punti di vista, con personalità del mondo della cultura italiana. Tra gli ospiti di quest’anno Manuel Angel Trejo Barrios, Lucia Bellaspiga, Alganesc Fessah, Paolo Lambruschi.
In serata, presso la Terrazza del Museo di Palazzo Lanfranchi, alle ore 19.00, presentazione del libro di Paolo Lambruschi autore de “Doctor Alganesc”, che traccia un ritratto della Dott.ssa eritrea Aganesc Fessah che dal 2003 sostiene persone vulnerabili attraverso progetti in diversi Paesi africani. La Serata che vedrà la presenza del giovane compositore Miguel Angel T. Barrios sarà anche l’occasione per presentare la sua chitarra realizzata utilizzando il legno delle barche dei migranti che giungono a Lampedusa.
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Il Libro
Sui media italiani, generalmente, la storia dei migranti è raccontata a partire dal viaggio in barcone, senza approfondire cosa accada prima. Quali terribili difficoltà attraversano queste persone nel loro lungo viaggio dall’Africa subsahariana fino all’Europa? Che cosa li spinge a intraprendere un’impresa del genere, rischiando la propria vita e quella della loro famiglia? Alganesh Fessaha, cittadina italiana nata in Eritrea nel 1954, specialista in medicina ayurvedica, racconta senza filtri ciò che ha visto in prima persona in quasi vent’anni dedicati a cercare di proteggere e salvare il maggior numero di migranti possibile, aprendo corridoi umanitari con la sua ONG Gandhi o cercando di localizzare i prigionieri dei beduini per riuscire a farli scappare dai trafficanti di esseri umani. Un impegno che nel 2015 le è valso il titolo di Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica, conferitole dal presidente Mattarella.
Doctor Alganesh offre al lettore italiano un punto di vista diverso da quello dei media nazionali, divisi tra chi punta sul tema della cosiddetta “invasione” dei migranti e chi riporta le condizioni disumane cui sono sottoposti durante il viaggio nel Mediterraneo. Nessuno va a fondo e le motivazioni della loro partenza rimangono spesso sconosciute. Prova a farlo Paolo Lambruschi, raccogliendo la testimonianza di una donna dedita a proteggere i migranti fin dall’inizio del loro viaggio, e ci aiuta a comprendere meglio la questione. Ma dopo lunghissime odissee, innumerevoli pericoli e una rischiosissima traversata in barcone per arrivare sulle coste italiane, i migranti trovano davanti a loro una realtà poco più accogliente di quella bellicosa o intollerante del loro Paese d’origine. La storia di Alganesh Fessaha ci inviata ad aprire i nostri occhi sulla cruda verità sui migranti, nella speranza che questo possa aiutarci a cambiare il nostro approccio. «Mi chiamo Alganesh Fessaha, sono nata in Eritrea nel 1954 e sono cittadina italiana. Il mio nome significa “il mio trono, il luogo ove riposarmi”». Comincia così il racconto di questo libro, che ha come protagonista “Doctor Alganesh”, specialista in medicina Ayurveda, fondatrice e presidente della Ong “Gandhi”, che dal 2003 sostiene persone vulnerabili attraverso progetti in diversi Paesi africani. Questa biografia in prima persona, scritta da un giornalista di Avvenire esperto di questioni internazionali e umanitarie, racconta la storia di una donna di speranza e di pace che nel 2015 è stata insignita dal presidente Sergio Mattarella del titolo di Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica «per il suo impegno nella lotta al traffico degli esseri umani e nell’assistenza ai profughi».
Medico eritreo, Alganesh Fesseha è arrivata in Italia una trentina di anni fa, ma vive tra l’Europa e l’Africa, impegnata in un’azione costante di salvataggio per strappare ai mercanti di morte centinaia di ragazzi catturati in Sudan ma anche nel Sinai. Ha cominciato la sua battaglia nel 2003, quando, insieme a un gruppo di medici, professori universitari e avvocati ha fondato ad Abdijan, in Costa d’Avorio, l’associazione Gandhi, un’ong che lavora sull’ abbandono dei bambini e sul disagio delle donne. Qui Fesseha è venuta a conoscenza della tragedia dei profughi del Corno d’Africa e dell’Africa sub-sahariana: eritrei come lei, ma anche sudanesi, etiopi, somali, maliani, che compiono un esodo disperato, fuggendo attraverso il Sudan, l’Egitto, la Libia, il Sinai. Ragazzi giovano che finiscono spesso in mano a trafficanti e beduini, che li vendono come merce o tentano di ricavarne un riscatto di migliaia di dollari. E così le famiglie si indebitano fino al collo per riuscire a liberarli ma quando non ce la fanno i migranti vengono ceduti al mercato della prostituzione o sacrificati al mercato della vendita di organi per i trapianti clandestini. “Vengo da un paese in cui ogni mese tremila giovani sono costretti a fuggire a causa di un regime militare e dittatoriale che li costringe al servizio militare a vita: una vera forma di schiavismo umano – racconta Fessaha –. Questi ragazzi passano la frontiera e arrivano in Sudan, dove con la complicità di alcuni funzionari del governo vengono ceduti ai trafficanti. Qui inizia la loro odissea: venduti e rivenduti di volta in volta ai mercanti egiziani fino al confine con Israele, dove c’è un vero e proprio smistamento di gli essere umani. Ma durante tutto il percorso i profughi subiscono torture disumane, che nessuno troverà mai in nessun libro di storia”. Fesseha porta sempre con sé le foto che testimoniano le violenze: corpi martoriati, scuoiati vivi, bruciati, mozzati. “Le donne vengono violentate anche 3/4 volte al giorno, i ragazzi sodomizzati, anche quando sono bambini piccoli – continua – fanno colare sulla loro schiena la cera rovente delle candele o vengono lasciati per ore appesi con la testa in giù finché non svengono, e poi li picchiano ancora e ancora e ancora”. Alle torture si aggiunge l’espianto degli organi: sono tanti i corpi ritrovati nel deserto a cui mancano le cornee o tutti e due i reni. Per far fronte a questa situazione Fesseha ha deciso di impegnarsi in prima persona e finora è riuscita a liberare 2.200 persone tenute prigioniere dai mercanti e 550 dai beduini, “ma senza mai pagare alcun riscatto” precisa. Ad aiutarla nell’impresa uno sceicco salafita. “Questi ragazzi mi chiamano notte e giorno e mi chiedono di aiutarli – racconta – io mi faccio dare le indicazioni del luogo dove sono tenuti prigionieri e così proviamo a liberarli”. Il primo passo lo fa lo sceicco, che una volta individuata la casa-prigione, va dal proprietario e cerca di convincerlo a liberare gli ostaggi facendo leva sui precetti del Corano. Ma se non funziona scatta un vero e proprio blitz : “io lancio un segnale in tigrino e i ragazzi prigionieri corrono verso l’uscita, e noi li facciamo salire in macchina e li portiamo via. Se i guardiani si svegliano spesso ci sparano – dice candidamente – ma per ora per fortuna non è successo niente. Non saranno comunque loro fermarmi”. L’ultima operazione di salvataggio è di questi giorni: la liberazione, con l’aiuto dell’esercito egiziano, di un sottufficiale eritreo fuggito dalla dittatura di Isaias Afewerki ma intercettato dai predoni poco dopo aver varcato il confine con il Sudan. Per il suo impegno Fessaha è stata insignita dell’Ambrogino d’oro.
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Bio ospiti
Manuel T. Barrios è un giovane chitarrista classico venezuelano con una formazione multiculturale. Ha iniziato i suoi studi nel “Sistema Nazionale delle Orchestre Simón Bolívar” a Caracas, proseguendo poi presso l’“Università Cattolica Cecilio Acosta” (UNICA) a Maracaibo, dove ha studiato musica da camera e ha diretto l’orchestra di chitarre dell’università, specializzata nel folklore venezuelano. In Italia ha continuato i suoi studi accademici presso il “Conservatorio di Musica” di Rovigo, concludendo il percorso con il massimo dei voti e la lode. Ha inoltre partecipato a numerosi festival e produzioni musicali, come il “Federico Cesi”, la “Settimana Culturale Latinoamericana” di New York, il “Concorso Paolo Ambroso”, ricevendo diversi premi e riconoscimenti.
Amplia la sua visione interpretativa come solista partecipando a masterclass con diversi chitarristi europei, tra cui S. Palamidessi, L. Kuropaczewski, J. Fostier, C. Marcotulli, M. Socias, L. Michelli e, in particolare, frequentando i corsi di Pablo Márquez a Basilea, in Svizzera.
Il giovane chitarrista è molto attivo dal punto di vista concertistico, sia come solista che in formazioni cameristiche, esibendosi in importanti città europee come Amburgo, Madrid, Tübingen Torino, Barcellona e Roma.
Le sue produzioni discografiche includono “Entre Colores de Venezuela”, un album dedicato al folklore chitarristico venezuelano, e il suo più recente lavoro “Mestizaje”, in duo con il violinista venezuelano Eddy Marcano.
Lucia Bellaspiga, milanese, scrittrice e giornalista del quotidiano Avvenire dal 2001 (si occupa principalmente degli Interni e del settore ‘Dossier’ dedicato a servizi ed inchieste ad ampio raggio). Ha pubblicato vari libri, tra i quali una biografia su Carlo Urbani, il primo medico italiano vittima della SARS, sullo scrittore Dino Buzzati in occasione del centenario della nascita[ e sul brigadiere dei Carabinieri Giuseppe Coletta, scomparso nella strage di Nasiriyah. Vincitrice nel 2003 della prima edizione del premio in memoria della giornalista Maria Grazia Cutuli e nel 2004 del premio giornalistico «Benedetta D’Intino» (Cristina Mondadori e Edizioni Il Saggiatore), ha collaborato con numerosi quotidiani nazionali, quali II Giornale, L’Indipendente, La Repubblica.
Alganesh Fessaha è la fondatrice e Presidente di Associazione Gandhi, il vero cuore pulsante di tutti i progetti dell’Associazione.
Una donna coraggiosa come poche, ma dal cuore immenso, che ha dedicato la sua vita per cambiare il mondo e donare un futuro a migliaia di persone. Alganesh Fessaha fa un lavoro difficile, pericoloso: si pone in prima linea per salvare vite nel deserto, per liberare chi è imprigionato nelle galere e nei lager dei trafficanti di esseri umani, per aiutare donne e bambini disagiati che non hanno di che vivere, per fornire un’adeguata istruzione a chi non può permettersela. È stata una delle principali attiviste nella lotta contro il traffico di esseri umani, il rapimento, la tortura e lo stupro dei rifugiati africani nella penisola del Sinai. Negli ultimi anni, con l’aiuto delle tribù locali del Sinai, è stata coinvolta nel salvataggio di centinaia di rifugiati dalle mani di spietati rapitori. Neanche la violenza è riuscita a spezzare la determinazione di una donna che, nonostante le ossa rotte e le minacce, è tornata più volte in quei luoghi e continua ad essere riferimento per le famiglie di migliaia di eritrei tuttora ufficialmente scomparsi. Una volta che i rifugiati vengono sistemati nei campi profughi di Shimbela e Mai Aini in Etiopia, Alganesh si impegna ulteriormente a fornire loro un sostegno continuo, in particolare ai più vulnerabili tra i rifugiati. Attraverso il programma “Un pasto al giorno” fornisce a migliaia di bambini fino all’età di 6 anni, cibo, vestiario e sussistenza di base. Ha avviato un programma di alimentazione ed educazione a favore di tutti i bambini presenti in questi campi profughi e ha istituito adozioni a distanza che gli garantiscono finanziamenti e sostegno. Ha inoltre istituito un programma di generazione di reddito per le giovani donne.
Nell’aprile 2013 ha partecipato formalmente al forum di alto livello Tana sulla sicurezza in Africa e ha parlato della tratta degli esseri umani e della crisi dei rifugiati ad un vasto pubblico, tra cui alcuni responsabili politici. Essendo un’appassionata ricercatrice, ha anche raccolto e presentato a varie conferenze e forum di alto livello dati preziosi che hanno contribuito a migliorare il livello di conoscenza e comprensione della crisi dei rifugiati nell’Africa settentrionale e orientale. Molto forte è anche il legame di Alganesh con l’isola di Lampedusa, dove è accorsa in più occasioni a seguito delle tragedie che hanno coinvolto i migranti. È qui che, oltre ad assistere i sopravvissuti e a fornire sostegno alle famiglie, ha denunciato la presenza di ambasciatori del governo eritreo, incaricati dalla polizia e dai carabinieri italiani di fare da interpreti per raccogliere le testimonianze dei superstiti. Lei stessa si è opposta a questo nuovo tentativo di prigionia, all’annichilimento del coraggio, della dignità, della vita di quei pochi che erano riusciti a raggiungere le nostre coste. Nel 2014 ha pubblicato il Libro “Occhi Nel Deserto”, un libro fotografico che illustra la condizione dei rifugiati in Africa. Le immagini sono state scattate e raccolte da Alganesh durante i suoi anni di lotte per i diritti dei rifugiati e i suoi numerosi viaggi per salvare e soccorrere i rifugiati. È in nome della potenza della sua voce, la voce di una verità priva di censure, che le viene conferito nel 2009 il Premio per la Pace dal presidente della Regione Lombardia; nel 2013, inoltre, viene insignita dell’Ambrogino d’oro, massima benemerenza civica milanese. Il 6 marzo 2015, un albero e un cippo sono stati dedicati ad Alganesh Fessaha al Giardino dei Giusti del Monte Stella di Milano. Nell’ottobre 2015 il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella le ha conferito il massimo riconoscimento nazionale Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Paolo Lambruschi, nato a Milano nel 1966, è giornalista professionista dal 1992. Inizia collaborando con alcune emittenti radio televisive milanesi e il settimanale Il Nostro Tempo. Ha diretto il mensile di strada Scarp de’ tenis e il mensile di finanza etica Valori. Come inviato di Avvenire, si è occupato prevalentemente di vicende di immigrazione, povertà e traffico di esseri umani. Nel settembre 2014 è stato nominato capo della Redazione degli Interni per poi tornare, nel 2018, a fare l’inviato dedicandosi soprattutto al tema delle migrazioni. Nel 2011 ha vinto il Premiolino, uno dei più antichi e importanti premi giornalistici.






