L'angolo dello scrittore

Vendita di armi, le prime regole globali_L’ONU approva l’Arms Trade Treaty

_Il trattato dovrebbe regolare un giro d’affari globali sulle armi di circa 70 miliardi di dollari. Strumento nuovo per prevenire ed evitare gravi violazioni dei diritti umani, spingendo al disarmo globale. Restano esclusi dagli accordi le munizioni e le armi elettroniche, radar, satelliti. Ora affinché entri in vigore occorre che almeno 50 stati provvedano a ratificarlo.

L’Assemblea generale delle Nazioni unite il 2 aprile ha adottato per la prima volta nella storia un trattato sul commercio delle armi. L’assemblea ha votato il provvedimento con 154 voti a favore, 23 astenuti (tra cui Arabia Saudita, Cina, Cuba, India, Indonesia, Kuwait, Russia) e 3 contrari (Corea del Nord, Iran e Siria). Un trattato che dovrebbe regolare un commercio globale di armi che muove un giro d’affari di oltre 70 miliardi di dollari.

In particolare il trattato vieta agli stati di trasferire armi convenzionali quando sapranno che, nei paesi destinatari, quelle armi saranno usate per compiere o facilitare genocidio, crimini contro l’umanità o crimini di guerra.

È dal 2006 che si tentava di trovare un accordo per regolare il commercio internazionale di armi convenzionali (carri armati, veicolo corazzati da combattimento, sistemi di artiglieria di grosso calibro, aerei da combattimento, elicotteri d’attacco, navi da guerra e sottomarini, missili e missili lanciatori) e armi leggere e di piccolo calibro. Questi standard dovrebbero servire a vincolare gli stati a tracciare i movimenti di armi e munizioni, e a ridurre il rischio che le armi esportate finiscano nelle mani di gruppi ribelli e terroristi e che vengano usate per commettere violazioni dei diritti umani, o che confluiscano nel mercato del contrabbando di armi.

Esclusi dal trattato sia le armi da fuoco che non hanno un esclusivo uso militare e tutte le armi elettroniche, radar, satelliti ecc., sia i trasferimenti di armi all’interno di accordi governativi e programmi di assistenza e cooperazione militare. Un’esclusione che fa dire a Maurizio Simoncelli di Archivio Disarmo che «Nei fatti il trattato non introduce controlli adeguati, ma è un primo passo in avanti per un percorso tutto da tracciare. Infine, perché entri in vigore, occorre che almeno 50 stati provvedano a ratificare ed implementare nelle leggi nazionali quanto firmato».

«Se pensiamo ai grandi interessi economici in ballo e al potere politico dei grandi produttori ed esportatori di armi, questo trattato è veramente un tributo alla società civile, che ha promosso un’idea che salverà vite umane, e ai governi che hanno raccolto l’appello» ha affermato Widney Brown, direttrice del programma Politiche e diritto internazionale di Amnesty International. «Nel prossimo quadriennio, il commercio annuo di armi convenzionali, munizioni, componenti e pezzi di ricambio supererà i 100 miliardi di dollari. Ma oggi, gli stati hanno anteposto a tutto questo le persone e la loro sicurezza».

La settimana scorsa il trattato sembrava dover saltare: Iran, la Corea del Nord e la Siria avevano bloccato l’adozione della bozza. L’ambasciatore iraniano all’Onu, Mohammad Khazaee, aveva spiegato che il «testo avrebbe favorito i diritti degli stati esportatori, perché il diritto degli stati ad importare armi per la propria sicurezza sarebbe stato sottoposto al giudizio e alla discrezione dello stato esportatore». L’ambasciatore siriano, Bashar Jaafari, voleva poi che il testo specificasse il divieto di trasferimento di armi ad attori non statali e gruppi ribelli».

Ora, affinchè entri in vigore, dovrà essere ratificato da almeno 50 stati membri dell’Onu. Il trattato verrà aperto alla firma e alla ratifica il 3 giugno 2013 presso l’Assemblea generale dell’Onu ed entrerà in vigore subito dopo, appunto, la 50ª ratifica.

Sul tema è intervenuta anche la Rete italiana per il Disarmo che auspica come il lavoro, ora, continui soprattutto a livello italiano ed europeo. In particolare, la Rete ha già richiesto al governo italiano che «vengano diffusi i dati sull’export militare italiano (il termine di pubblicazione è già scaduto) e che si chiariscano le differenze con i dati trasmessi in sede europea come sottolineato nelle scorse settimane dalla nostra Rete».