I racconti del Premio Energheia Europa

La prigione della memoria, Maria-Agorì Gravvani

Finalista Premio Energheia Grecia 2022

Traduzione: Maria Chatzikyriakidou,  a cura di: Franco M.T. Gatti

Sapevo che avrei ricordato quel pomeriggio per sempre. Era un pomeriggio di marzo. C’era un limpido cielo azzurro e mentre il sole tramontava, dipingeva le estremità del cielo con i suoi raggi arancioni. Il tempo era buono per la primavera. Eravamo partiti la mattina presto e l’eccitazione cresceva dopo ogni fermata del nostro viaggio.

Ci stavamo dirigendo verso le Tombe Imprigionate. Abbiamo parlato e riso durante il viaggio che è stato molto piacevole. Di tanto in tanto pensavo a quello che avevamo visto ea quello che avevamo sentito e probabilmente se non fossimo venuti al convegno non ci sarebbe stata data l’opportunità di acquisire questi ricordi. Quanto dolorepotrebbero essere racchiuso nelle poche parole delle persone che hanno vissute quelle esperienze. Ho riflettuto per qualche minuto.

Dopo un po’, l’autobus ha iniziato a muoversi su una strada sterrata e il paesaggio verde è cambiato in un paesaggio dominato dal grigio.I raggi del sole diventavano sempre più intensi mentre calava.

– Stiamo arrivando, stiamo arrivando, si sono udite alcune voci sparse.

– Vorrei dirvi una cosa, ci ha detto il professore. Stiamo andando alle prigioni. Vere.

Caddero pochi minuti di silenzio.

– So che mi rivolgo a adulti, ma vorrei che tutti voi rimaneste concentrati e non creaste disturbo. Inoltre, i vostri cellulari rimarranno qui. E’ vietato entrare con essi, è vietato filmare o fotografare.

Ovviamente nessuna obiezione è stata sollevata. Sapevamo tutti dove stavamo andando. Scendemmo dall’autobus e seguimmo il responsabile che ci avrebbe condotto sul posto.

Le prigioni erano circondate da filo spinato. Un grande cortile, freddo,con ghiaia, un luogo dove la vita sembrava essersi fermata. Sporadicamente si potevano vedere da lontano alcuni prigionieri che trascinavano i loro corpi nel cortile della prigione. Altri stavano fumando e altri erano seduti per terra o camminavano senza meta. Gli edifici erano imponenti, di colori sbiaditi, sembravano sul punto di crollare. Le guardie sorvegliavano i prigionieri senza parlare.

– Ben arrivati! Seguitemi, da qui!

Un signore anziano è venuto per accoglierci. Lo seguimmo in silenzio e ora ci dirigevamo all’interno di un edificio, seguendo un sentiero lungo un corridoio stretto. Siamo arrivati ​​ad una radura, ci siamo riuniti tutti e il signore ha cominciato a raccontarci la storia di quel luogo storico.

È difficile non emozionarsi quando si ascoltano gli eventi accaduti. Eravamo in piedi davanti al muro delle esecuzioni e la vivida descrizione degli eventi ci ha fatto facilmente immaginare cosa stava succedendo lì.

Improvvisamente, lui aprì una porta e ci invitò ad entrare. Ci ha chiesto di stare molto attenti allo spazio e di entrare con calma. Tre patiboli pendevano dal soffitto e c’erano delle sbarre di protezione intorno.

– E come noterete, ragazzi, il pavimento se ne veniva tolto ed è così che si faceva l’impiccagione. Non dimenticate mai quello che sto per dirvi…

Soggezione. Il luogo era sacro. Là dentro persone più giovani di noi hanno sacrificato la loro vita per la libertà, per il Paese, per ideali che non so chi sta sostenendo oggi. Abbiamo fatto il giro del perimetro del sito. Non credevamo a quello che abbiamo visto.

– Dai, non abbiamo ancora finito, disse il signorebonario.

Abbiamo camminato un bel po’ e ci siamo ritrovati alle Tombe Imprigionate. La mia anima si strinse. Il sole cadeva sui marmi delle tombe e il coraggio dei giovani giustiziati si illuminavaancora dipiù. Le tombe erano vicine l’una all’altra. L’età dei giovani ragazzi e delle giovani ragazze, quattordici, sedici, diciannove anni. Quasi bambini.

Un rappresentante degli studenti e un rappresentante del Coro hanno deposto lentamente delle corone sulla tomba di Evagoras Pallikaridis[1].

– Ragazzi, canteremo l’inno nazionale. Tutti insieme, disse il maestro del coro.

Eravamo tutti sull’attenti, insegnanti e studenti. Su indicazione del direttore d’orchestra, abbiamo cantato l’inno nazionale all’interno del cimitero, sopra i giovani sepolti. Stavamo piangendo. Il rispetto per i morti e il potere della memoria ci hanno commosso a vivere un tale momento della nostra vita. I momenti sono ciò che definisce la vita di ogni persona. Sapevamo tutti che non avremmo mai potuto dimenticare questo giorno nella nostra vita.

Riposo.

[1]Evagoras Pallikaridis, era un poeta e rivoluzionario greco-cipriota membro dell’EOKA durante la campagna del 1955-1959 contro il dominio britannico a Cipro. Fu arrestato il 18 dicembre 1956 quando fu catturato con le sue pistole caricate su un asino. Durante il processo, non negò il possesso dell’arma e disse: “So che mi condannerate a morte, ma qualunque cosa ho fatto, l’ho fatto come un cipriota che vuole la sua libertà”. Fu condannato a morte per impiccagione per possesso di armi da fuoco il 27 febbraio 1957. (nota della traduttrice)