I Brevissimi 2025 – Il rumore del silenzio, Beatrice Galiffa_Martinsicuro(TE)
Anno 2025 (Le stagioni: Estate) – Menzione
Era il primo di luglio quando arrivò nella sua nuova vecchia casa.
La casetta sul mare era appartenuta ai genitori. Un rifugio ad un solo piano, circondato da un giardino incolto dove l’erba alta inghiottiva il vecchio vialetto e i fiori dimenticati dal tempo.
Irene entrò nella casa con cautela, posò lo zaino con le sue cose e si diresse verso la porta sul retro, che dava sulla spiaggia. Si sedette sotto una palma, guardando il tramonto, persa nei suoi pensieri. Ricordò tutti i bei momenti trascorsi in quella casa, prima dell’incidente che le aveva portato via i genitori. Sentì la malinconia affiorare dentro di sé, ma si costrinse a scacciarla. Sapeva che era giunto il momento di voltare pagina, anche se il futuro appariva un pò sfocato.
Irene passava le giornate tra libri e pulizia, come se ogni pagina letta e ogni angolo pulito fosse un modo per mettere ordine nella sua mente.
Un pomeriggio come tanti, Irene era in spiaggia quando lo vide per la prima volta.
Era disteso su una tavola da surf, lasciandosi cullare dalla corrente, immobile, incurante dello scorrere del tempo.
Tuttavia, si conobbero davvero solo qualche giorno dopo. Si chiamava Giacomo, aveva diciott’anni, proprio come lei.
Lui aveva uno sguardo sempre lontano, in sintonia con l’orizzonte. Eppure nei suoi occhi c’era uno strano senos di calma.
Cominciarono a parlarsi poco, Una frase ogni tanto. Nessun gran discorso, solo un silenzio in cui entrambi trovavano pace.
Insieme passeggiavano al mattino, si sedevano sulle scogliere o sotto la palma e si confidavano l’uno con l’altra sempre di più. Lei le raccontò della sua storia e lui della sua: Irene aveva scoperto che gli piaceva disegnare. Disegnava tutto ciò che aveva intorno: conchiglie rotte, tramonti sul mare, rami intrecciati. Si soffermava su ciò che passa inosservato, ciò che le altre persone non vedono.
Trascorrevano le giornate così, lei immersa nella lettura e lui intento a disegnare, senza mai annoiarsi, coltivando un’amicizia che nessuno dei due sapeva di desiderare.
Fu durante quell’estate che Irene capì che le cose belle arrivano senza che tu te ne accorga, come il mare che ti bagna i piedi all’improvviso.
A fine agosto Giacomo le lasciò il quaderno con tutti i suoi disegni, senza alcun biglietto. Lei sorrise quando lo trovò.
In quel momento si accorse che a volte le persone arrivano nella nostra vita non per restare per sempre, ma per aiutarci a ritrovare noi stessi. E comprese che certe estati cambiano tutto, anche se sembrano fatte solo di silenzi, passi sulla sabbia e sguardi condivisi.
Negli anni successivi, Irene sistemò la casa, la rese “sua”; trovò un lavoro, nulla di impegnativo, quanto bastava per pagare bollette e alimenti. Finalmente tornò a vivere.
Poi, un giorno d’estate, sedeva come al solito sotto la sua palma, quanto riconobbe la familiare voce di Giacomo. Contenta per il ritorno del suo migliore amico, lo abbracciò; lui le spiegò che si era preso del tempo per trovare la sua strada, e che ora che l’aveva trovata non aveva alcuna intenzione di andarsene.
Irene lo guardò negli occhi, senza sentire il bisogno di dire qualcosa. Il silenzio che in passato li aveva avvicinati tornò a farsi spazio tra di loro, ma stavolta era un silenzio diverso: non più quello dei cuori feriti, ma quello sereno di chi si ritrova.
Quell’estate, diversa da tutte le altre, non portò grandi avventure. Solo la certezza tranquilla di essere nel posto giusto, con la persona giusta.
Ogni tanto Irene pensava ancora ai suoi genitori, a ciò che aveva perso. Ma ora quel dolore non era più un peso, era parte della sua vita. Aveva capito di essere stata fortunata ad aver incontrato Giacomo, che l’aveva aiutata ad accettare il dolore.
E sotto quella palma, con il mare che si infrangeva sulla spiaggia, si rese conto di trovarsi davvero a casa. Non per il luogo, ma per ciò che era diventata e che aveva imparato su di sé.
E Giacomo era lì: cambiato, ma in fondo sempre lo stesso.




