L'angolo dello scrittore

Definire il tempo

di Roberto Vacca

“Sarebbe bello se potessimo trovare una buona definizione di tempo” – “Forse potremmo dire: “Il tempo è ciò che accade quando non accade nient’altro.”

Queste inaspettate e vaghe asserzioni si trovano in uno dei primi capitoli di “La fisica di Feynman”. Il famoso fisico le fa seguire da 5 volumoni in cui spiega molto chiaramente e in modo elementare le variazioni nel tempo di energia, meccanica, elettricità, fenomeni relativistici, teoria dei quanti e tanto altro. Quelle frasi dubitative, però, preparano ad apprezzare in che senso il tempo sia difforme da altre grandezze fisiche. Dall’antichità misuriamo lunghezze, aree, volumi e pesi con unità derivate dalle dimensioni medie di parti del nostro corpo (pollici, cubiti, passi). Le posizioni variabili di terra e sole definirono da tempi preistorici le durate del giorno e dell’anno. I tempi brevi sono stati poi misurati con strumenti orologi ad acqua,clessidre e orologi meccanici già nell’antica Cina. In Europa nella seconda metà del 13° secolo si realizzarono orologi meccanici che utilizzavano l’energia di pesi che scendevano lentamente e poi quella di molle elicoidali usate anche in orologi portatili.

La temporizzazione era realizzata con scappamenti a verga e foliot anche nel famoso orologio della Reggia Carrarese di Padova realizzato (1344) dal medico e astronomo Jacopo Dondi, che misurava non solo le ore, ma anche la posizione dei pianeti. Dovemmo attendere secoli perché Galileo studiasse il comportamento del pendolo. Concepì, ma non realizzò, un orologio basato sull’isocronismo delle piccole oscillazioni del pendolo, ma inventò e costruì l’accurato orologio ad acqua di cui scrissi recentemente. Il primo orologio a pendolo fu costruito dal matematico Huygens nel 1656. Oggi misuriamo con estrema accuratezza tempi minimi, anche sfruttando la periodicità delle oscillazioni piezoelettriche, e calcoliamo i tempi in cui si svolgono perfino i processi atomici e subatomici.

Misurare tempi molto più lunghi permette di datare quando vissero piante e animali molte migliaia di anni fa – e assorbirono dall’atmosfera anidride carbonica, in un millesimo di un miliardesimo della quale il carbonio C12 è sostituito dal radioattivo carbonio C14 [questa sostituzione accade perché i neutroni dei raggi cosmici trasformano appunto quella minima frazione dell’azoto N14 nell’aria in C14 più positroni]. Quando piante e animali non sono più in vita, le quantità di C14 che contengono non vengono più rinnovate e quelle rimaste degradano: la metà di esse perde la radioattività in 5730 anni (tempo di dimezzamento). Quindi misurando la frazione di carbonio C 14 sul carbonio totale nei resti mortali di animali o piante, determiniamo quanti tempi di dimezzamento siano trascorsi, cioè quale sia l’età di quei resti. Questa procedura funziona fino a date dell’ordine di 100.000 anni fa. Quando i reperti risalgono a pochi millenni fa, la datazione concorda con quella che si può fare in base a documenti storici – iscrizioni su papiri, pergamene o su marmo.

Per datare oggetti molto più antichi si può ricorrere in modo analogo al fatto che l’uranio con un tempo di dimezzamento di un miliardo di anni si trasforma in piombo. Analizzando le quantità di uranio e di piombo presenti negli oceani, nelle rocce e nei meteoriti, siamo riusciti a determinare l’età del sistema solare in circa 5 miliardi e mezzo di anni e quella della parte osservabile dell’universo in 10 – 12 miliardi di anni.

Più indietro non sapremmo andare: si discute addirittura se il tempo esistesse, come abbiamo riferito più volte.