Le parole dei giurati

Il mistero della scrittura, Irene Gianeselli

Giuria ventisettesima edizione Premio letterario Energheia

L’edizione 2021 del Premio Energheia mi ha fatto incontrare, come sempre, altri giovani. Inquieti, tristi, dolenti e molto soli: tutti i racconti che ho, abbiamo, letto in giuria parlavano di morte, di sofferenza e di incomprensione. Così, nel caso avessimo dubbi, la scrittura si è dimostrata non come lo spazio dove sfogare ansie e orrori, esorcizzare passato e presente quando sono scomodi, ma come lo spazio per guardare la realtà e guardarsi dentro e in relazione alla realtà.
Quindi, mi sono detta, questi giovani sanno, magari alcuni di loro dovranno continuare a lavorare su questa scoperta, che niente è più importante della realtà.
Altro che scrivere “contro” qualcuno o a causa dell’odio verso qualcosa (un luogo, una persona, un tempo, una situazione, un ricordo). Si scrive solo per amore. Per quello che non si ha, per quello che si vorrebbe, per quello sognato, per quello perduto. E non parlo di un sentimento, non abbiamo tempo per essere banalmente sentimentali. Intendo quella “cosa” chiamata amore che va oltre il sentimento stesso. Ecco perché oggi mi sembra ridicolo pensare che si debba ancora distinguere tra voce maschile e voce femminile quando si parla di narratori.
I narratori sono uomini o donne, certo, ma quando scrivono sono più persone in una sola e possono superare il limite fisico, umano. Scrivere ci permette di vivere il genere neutro nello spazio della pagina bianca e non è poco. Leggendo questi giovani sono ancora più convinta che scrivere sia un atto politico e che poche cose si possono dire oggi davanti alla nostra realtà.
La pandemia ci ha cambiato, ci sta cambiando e non abbiamo tempo per concederci storie e parole che non abbiano per noi e per gli altri un profondo significato. E il significato non si declina con la noia, né con l’autoreferenzialità. La scrittura deve tornare a produrre letteratura, non possiamo più permetterci mezze misure.
Ecco, due sole cose, forse tre, dalle quali ripartire per affrontare i prossimi anni: la realtà e una sana risata per congedare la banalità, i luoghi comuni e tutto quel cascame contemporaneo che non solo non parla a noi, me nemmeno ci riguarda, perché il più delle volte è solo l’auto-esorcismo dell’autore o dell’autrice che si improvvisa scrittore o scrittrice.
La terza non ve l’ho ripetuta, lo so. Ve l’ho servita su un piatto d’argento.
Ma la scrittura è anche mistero, o no?