Le parole dei giurati

Fare davvero della cultura un messaggio quanto più ecumenico ed estetico.

– di Antonio Syxty
Presidente Giuria racconto da sceneggiare 2000_VI edizione_

Sullo sfondo di una cittadina tanto fiera e intensa come da sempre Matera è riconosciuta, di certo non poteva nascere una di quelle iniziative culturali sonnecchianti che credono basti sventolare la bandiera dell’intelletto per conquistare il territorio. Gli organizzatori del Premio Energheia sono giovani, giovane è la loro associazione, ma giovane, e dunque incosciente quel che basta per essere coraggioso e coraggioso quel che basta per non essere incosciente, è soprattutto lo spirito che innerva l’intero progetto che questi ragazzi portano avanti e di cui l’iniziativa di premiare la “sceneggiabilità” di un racconto è solo una delle molte e originali declinazioni. A quest’entusiasmo dunque, non poteva non rispondere il mio, al momento in cui sono stato chiamato a presiedere la Giuria del Racconto da Sceneggiare: un entusiasmo inizialmente di riflesso, ma che è andato a radicalizzarsi durante la lettura degli elaborati, grazie alla loro – confesso, inaspettata- qualità e complessità stilistica e contenutistica, poco incline a piegarsi a cliché letterari tanto passeggeri quanto purtroppo attualmente imperanti. Ribadisco in queste righe quanto ho espresso, a nome dell’intera Giuria da me presieduta, nel corso della Manifestazione, e cioè la proposta di far sì che dall’anno venturo per questa particolare sezione il Premio comporti che la sceneggiabilità dei racconti sia anche il fine dei loro autori e non una connotazione che noi giurati attribuiamo ad elaborati di carattere esclusivamente narrativo: chissà che Matera possa portare fortuna anche ad un Cinema che chiacchiera a vanvera come il nostro e lo possa innervare del silenzio magico e della potenza comunicativa dei suoi Sassi…
Parlavo di entusiasmo montante: arrivato a Matera, una volta incontrati i “pionieri” di questa “missione possibile” e gli altri giurati, la convinzione di avere a che fare con una situazione agli antipodi dei quelle consuete caratterizzate dall’ego ingombrante degli invitati e dalla formalità degli ospiti si è fatta certezza, in un clima da subito amichevole ed autentico. Impegno comune di noi giurati, come credo degli organizzatori, è, ognuno nel suo mestiere e secondo le proprie corde interne, fare davvero della cultura un messaggio quanto più ecumenico ed estetico, nell’arduo compito di non cedere alla lusinga di un termine a svantaggio dell’altro. Spinti da questo implicito credo, abbiamo assegnato il Premio Miglior Racconto da Sceneggiare a La triade divina, un’opera dalle tematiche complesse e violente come quelle legate all’incesto, accompagnate da uno stile puntuale, incisivo, non retorico (come, data la materia, ci si poteva attendere): il tutto sotteso da una buona capacità figurativa all’interno della narrazione, che è stato forse il motivo principale di una scelta guidata dal parametro della potenzialità di uno scritto di farsi immagine.

Nella foto_Antonio Sixty, presidente di Giuria Miglior racconto da scenneggiare, al tavolo dei giurati