Le parole dei giurati

Lo spirito di Energheia rappresenta un angolo prezioso e un monito di cui fare tesoro, Emanuele Cerullo

Giuria ventisettesima edizione_2021

Premio letterario Energheia

A Matera c’è un premio letterario che ha la mia età e viene organizzato ogni anno con grande spirito di abnegazione da Felice Lisanti, aiutato da un gruppo di amici.

A differenza di altri concorsi, il Premio Energheia dà la possibilità ai finalisti di vedere pubblicato il proprio racconto in un’antologia che è un coro polifonico di voci, giovanissime e non. E non si insiste mai abbastanza sull’importanza della forma breve non solo nella nostra epoca, ma anche nel contesto nazionale, soprattutto se consideriamo che, storicamente, l’Italia non è mai stata la patria del romanzo, bensì la patria della novella (con buona pace degli americani che credono di avere coniato la short story).

Ho conosciuto Energheia nel 2021 e fin da subito mi è stata data molta libertà sul tema che avrebbe caratterizzato quello che tecnicamente sarebbe un workshop di scrittura creativa. Ma ai giovani finalisti ho proposto ben altro: ho parlato, infatti, di scrittura e coscienza storica. Del resto, come si può insegnare la scrittura creativa? Non sta a me – perché sarebbe oltremodo imbarazzante – fomentare i giovani con le solite filippiche motivazionali che lasciano il tempo che trovano.

Se prendessi sul serio questa formula, “scrittura creativa”, tenderei a trasmettere la mia idea di creatività applicata alla scrittura, il che sarebbe cosa camaleontica, divoratrice: i partecipanti avrebbero di fatto moltiplicato me, sfarinando la mia idea sui loro fogli. Proprio così nascono le grandi scuole di scrittura creativa: un approccio tutto aziendalistico che fa credere ai giovani di poter essere scrittori se si applica la Dottrina.

Non esiste illusione più pura nella mente di chi si affida alla propria creatività col rigore di un metodo che non proviene da se stessi, dal proprio vissuto – che è un elemento imprescindibile, senza il quale la creatività sfocia in astrazione e retorica –.

La realtà è imprendibile, inafferrabile, siamo sempre sul punto di vederla, invece ci illudiamo. E ricominciamo. La scrittura risiede in
quel ricominciare: l’aziendalismo delle scuole di scrittura creativa si accinge a sfornare prodotti da discount per le varie cosche letterarie che si spartiscono favori e indicano i prossimi vincitori del Grande Premio Letterario dell’Anno, qualche caso mediatico da porre sulla cresta dell’onda la cui altezza è garantita dalla quantità di hashtag che quella parola chiave ha saputo attrarre e via, ecco sfornato il libro-merce, che come ogni merce è pronto per essere consumato.

I racconti di Energheia invece non risentono di queste dinamiche e ciò è indice di aria incontaminata, di sacrosanta operazione casereccia. Una condizione preziosa, ma anche un monito di cui fare tesoro.