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“Leggere Lolita a Teheran”. La forza del romanzo contro la follia del fondamentalismo

La Gazzetta del Mezzogiorno – Venerdì 17 settembre

“Io l’Iran l’ho lasciato nel ’07 e da allora molte cose sono cambiate. Da venticinque anni gli iraniani si rifiutano di ottemperare alle leggi del regime. C’è un ripensamento soprattutto da parte dei giovani, che leggono Calvino, Hannah Arendt, Spinosa e che chiedono i diritti umani universali. E le donne si sono rifiutate di rifugiarsi nelle loro case , di portare il velo, ma vogliono far parte della società”. Parla Azar Nafisi, scrittrice iraniana che oggi vive a Washington ed insegna letteratura inglese alla Johns Hopkins University. Ieri la scrittrice ha presentato a Matera il suo romanzo autobiografico Leggere Lolita a Teheran. Qui Nafisi racconta come dopo anni di insegnamento decise di invitare a casa sua ogni giovedì mattina sette tra le sue migliori studentesse per parlare di letteratura. Quelle ragazze toglievano le vesti e i veli e si scioglievano i capelli, mentre la Repubblica Islamica dell’Iran restava chiusa fuori dalla porta. In pieno periodo Khomeinista.
“L’Iran è un paese di contraddizioni e paradossi – spiega -. Nel ’79 era già un paese molto molto moderno e nonostante quella che hanno chiamato Rivoluzione culturale i rivoluzionari non potevano cambiare tutto il precedente. Infatti nelle università si continuava a studiare le lingue e le letterature straniere e nello stesso tempo tutto era tenuto sotto controllo. Ma per me la cosa importante era che a volte anche l’islamista più fobico, più impegnato, riusciva ad innamorarsi, leggendola, della letteratura straniera. E’ così che funziona la cultura. E infatti se anche voi studiate la nostra letteratura e leggete i nostri poeti, come Omar Khyam, scoprite che hanno sfidato il concetto usuale dell’Islam come religione fondamentalista”.
Su questo versante Nafisi chiarisce: “Una cosa che dovete capire è che alcuni gesti, come gli attentati suicidi di cui a volte anche le donne si rendono protagoniste, fanno parte di un Islam non tradizionale. Questo movimento fondamentalista è moderno. E’ una cosa che molti nelle scuole islamiche si domandano, ma purtroppo sentiamo solo le voci più violente. Ricorderei invece l’esempio di Sharim Ebadi, premio nobel per la pace. Lei è convinta che i principi umani siano universali, non cristiani o musulmani o ebrei”.
“Carlos Fuentes ha scritto una cosa su cui sono d’accordo – conclude Nafisi – la fatwa di Khomeini contro Salman Rushdie non era contro lo scrittore ma contro la forma democratica del romanzo. La cosa che terrorizza il totalitario è la comunità di persone, il terrore di ciò che è inaspettato e irriverente. E un romanzo, purché buono, è di sua natura incontrollabile, irriverente”.

(nella foto_L’incontro con l’autrice iraniana a Matera)