I racconti "brevissimi di Energheia"

I brevissimi 2017 – Le tavole del destino di Sara D’Aguì_San Benedetto del Tronto(AP)

anno 2017 (I colori dell’iride – rosso)

Non ricordavo da quanto tempo fossi in quell’angusta cella di calcestruzzo, dove avevo passato anni e anni a

guardare il mondo attraverso le sbarre. Nonostante tutto sapevo in che stagione eravamo, visto che era il periodo dell’arrivo degli psicologi nel mio caro e deprimente carcere. Perché dico mio? Perché non avevo mai visto nessun altro carcerato da quando ero lì.

Mentre stavo riflettendo su tutto ciò, sentii un cigolio proveniente dalla porta alle mie spalle e fecero il loro ingresso due uomini alti e robusti che mi scortarono. Passammo dapprima in un corridoio largo sì e no un paio di metri che, nonostante tutto, non era mal ridotto come il resto dell’edificio. Assorto nei miei pensieri, andai a sbattere contro la guardia davanti a me che si era appena fermata. Mi lanciò uno sguardo che, se fosse stato un proiettile, mi avrebbe trapassato da parte a parte. Finalmente arrivammo davanti a una porta a grate, una di quelle che, di solito, si vede nei film ambientati nelle prigioni.

Entrai e all’interno c’era un giovane che definirei assurdo: aveva i capelli con un taglio corto e frangia a sinistra, ed erano di un bizzarro colore, molto simile a quello delle ciliegie e due delle ciocche erano raccolte con un elastico blu. Mentre mi sedevo sulla sedia, gli chiesi se stesse aspettando anche lui lo psicologo. Il giovane mi scrutò con aria perplessa, aprì la sua valigetta e disse che dovevo dirgli con sincerità che cosa vedevo su alcune tavole su cui era stato messo dell’inchiostro, e mi raccomandò anche di dare una motivazione sul perché della mia risposta. Diventai paonazzo dalla vergogna per la gaffe che avevo appena fatto, ma cercai di nascondere il vivido colore rosso delle mie guance voltandomi di scatto. Il ragazzo sorrise, dicendomi di non preoccuparmi e si presentò.

Si chiamava Alfons Ochsner e si era appena laureato nel settore….a soli ventidue anni! Scoprii anche che le tavole che mi stava mostrando non erano altro che delle tavole sperimentali ….create da lui!

Stranamente le aveva realizzate tutte in china rossa e mi spiegò che il rosso è uno dei colori

predominanti della vita di ogni essere umano; a quel punto io gli replicai che, per me, era un colore tra tanti altri (o, almeno, così credevo). Così iniziammo con il test: a prima vista la tavola poteva sembrare confusa come il disegno di un bambino, poi le macchie iniziarono ad unirsi fino a formare…fuoco.

Ecco sì, del fuoco. Questo è il motivo per cui io, Jumin Vasilevsky, sono finito in questo lugubre posto chiamato carcere. Anni or sono avevo una splendida famiglia, con tanto di moglie stupenda e due figlie meravigliose. In quel periodo la situazione fra me e mia moglie non era delle migliori, per cui fui il primo e unico indiziato quando la mia casa, a causa di una fuga di gas, andò a fuoco. Ovviamente i miei vicini pensarono subito a me per via dei miei recenti dissapori con mia moglie, per cui difendermi fu del tutto inutile. È da quel giorno che il rosso del fuoco mi aiuta a sentirmi solo e abbandonato.

Dopo aver sentito la mia storia, il giovane psicologo, per cercare di disperdere i miei pensieri, passò alla tavola successiva. <<Rosso…come l’amore.>> Furono quelle le parole, ormai senza senso, che uscirono dalla mia bocca. Il significato di quella straziante parola, “amore”, si addolcì quando conobbi Lydie Seyrès, la donna che poi sposai e che vidi bruciare di fronte ai miei occhi. In quell’anno dovevo partire per il servizio di leva e mi mandarono a Mulhouse, ridente cittadina francese. Una sera capitò che alcuni miei amici, insieme alle loro fidanzate, si riunirono in un bar molto frequentato e, mentre facevamo le nostre presentazioni, incontrai degli occhi smeraldini da cui non sarei mai più riuscito a distogliere lo sguardo: era proprio lei, Lydie.

Lo psicologo, capendo che il mondo dei sogni mi stava trascinando via dalla realtà, mi diede un pizzicotto e un gemito uscì dalla mia bocca.- Sarà pur giovane ma è più forte di un wrestler- pensaiSospirando, Ochsner mi sottopose un’altra tavola e sghignazzò mentre mi raccomandava di non perdermi in pensieri futili. Altro rosso, altre macchie, altre divagazioni del mio pensiero che mi portarono ad eventi non collegabili alla mia vita: la gioia, il potere, la compassione. Lo psicologo si alzò di scatto e si complimentò con me dicendo: ”Bravo…ma ti sei dimenticato i significati più importanti, caro Alfons.” “Oh…e quali?” Sentii una vampata di calore lungo il fianco “Il sangue….”

Mi girai di scatto e vidi che la mia maglia a strisce si stava macchiando di un rosso scuro ma, mentre stavo realizzando cosa mi fosse appena accaduto, ecco che lo psicologo mi accoltellò alla giugulare”…e il pericolo”. Caddi a terra morente e le mie palpebre si fecero pesanti ma, prima di abbandonare questo mondo, riuscii a sentire la voce delle guardie: ”Presto! Prendetelo! La polizia lo sta cercando da tre me…”

All’improvviso mi svegliai a causa di qualcuno che apriva la mia cella e strillava :”Alzati! Su! Oggi ci sono le visite con lo psicologo Alfons Ochsner!”