Futuro Remoto, I racconti Futuro remoto

Il tempo che fu_Giulia Zanarone

_Anno 5.624

– Mirella fermati! Lo sai che non si toccano i fiori – mi sgridò papà, ma io stavo guardando ancora quei petali gialli, erano così luminosi! Spostai lo sguardo sul suo centro che sembrava un occhio: forse quel girasole mi guardava!

– Ma voglio solo dargli una carezza, penso si senta solo.

Papà sospirò – Lo sai che quei fiori non sono vivi.

Mi prese per la mano e mi obbligò ad alzarmi: – Dai che siamo in ritardo!

Ci incamminammo lungo il giardino.

– Secondo me i veri fiori del “tempo che fu” parlavano – dissi decisa.

Papà rise: – Perché pensi questo?

Lo guardai sbalordita, a me sembrava ovvio: – Perché erano vivi!

– Forse hai ragione… forse sì… – disse ancora ridendo.

Mi prese da sotto le braccia e mi tirò su, fino sopra alle sue spalle. Che bello! Il mondo da lassù era così diverso, ora sì che ero alta!

All’improvviso il vento divenne così forte che dovetti chiudere gli occhi, poi improvvisamente tutto tornò alla normalità.

– Ci scusiamo per il disagio, il sistema è stato riavviato – disse la voce della “donna del cielo”.

Attraversato il giardino arrivammo sulla strada. Le macchine sorvolavano leggermente il cemento, i ragazzi svolazzavano con i loro monopattini. Le case, colorate e spaziose, affiancavano le strade; peccato che l’erba dei loro giardini non era riprodotta bene come quella del parco della città: era solo plastica, ma papà mi diceva che prima o poi anche l’erba delle case sarebbe stata come quella vera.

– Attenzione, oggi il cielo sarà sereno, godetevi la giornata. Domani avvieremo la pioggia dalle 8.00 del mattino alle 14.00 del pomeriggio; vi ricordiamo di vestirvi adeguatamente – annunciò la “donna del cielo”.

Arrivammo alla postazione di lavoro di papà. Entrammo nel cantiere dove altre persone ci salutavano, ma io mi stringevo a lui, avevo paura.

– Giornata padre e figlio? – gli chiese qualcuno.

– Sì, oggi tocca a me!

Arrivammo a una grande cupola di metallo, papà disse il suo nome e comparve una porta. Appena aperta un odore nauseante mi colpii il naso: era terribile! Cos’era? Mio papà si abbassò e mi mise una mascherina.

– Lo so tesoro, con questa non sentirai più questi brutti odori.

Finalmente stavo respirando qualcosa di dolce, era un buon odore.

– È il profumo della mela, un cibo del “tempo che fu”- mi spiegò papà.

– Non usavano le pillole? – chiesi curiosa.

– No tesoro, avevano tante cose buone da mangiare.

Mi fece salire su un grande camion, mentre dietro di noi c’era tutta la spazzatura della città, anche liquidi che papà non conosceva perché venivano dalle fabbriche. Si aprii una porta ed entrammo in un tubo trasparente. La luce era molto forte, ma pian piano vidi dov’ero. Avevo visto delle foto, ma vedere la Terra dal vero era più bello e triste allo stesso tempo: eravamo usciti dalla città che da fuori era solo un grande cubo, piccolo rispetto alla terra rossa che ricopriva tutto il resto.

Solo terra. Per la prima volta vedevo il Sole, ma era troppo forte per guardarlo con gli occhi aperti, non come quello della città.

– Ti piace tesoro? – mi chiese papà.

– Ma è tutta così?

– Nel tempo che fu era molto simile alla nostra città, ora è tutta terra, in giro ci sono altre città, ma si raggiungono solo con dei canali, vedi?

Mi girai e vidi tanti tubi che uscivano dal cubo.

– Noi adiamo in un’altra città?

– No tesoro, noi andiamo a bruciare i rifiuti.

– Dove?

Non mi rispose perché ci fermammo in una cupola. Papà fece scendere i rifiuti, poi tornammo indietro. Mi girai e vidi che la cupola si alzava, mentre la “montagna” che avevamo abbandonato al suo interno prendeva fuoco.

– Vedi amore? È così che eliminiamo i rifiuti, ormai la Terra non è più abitabile, si può fare tranquillamente.

– E nel tempo che fu come li eliminavano?

– Spesso nello stesso modo.

Mi sedetti bene e guardai ancora quella terra bruciata.

– E gli alberi?

– Tagliati e bruciati.

Mi guardai i piedi, poi papà con una sola domanda nel cuore: – Perché?

Papà non rideva più – Non lo so piccola, non lo so…