I racconti "brevissimi di Energheia"

I brevissimi 2011 – Il Juke box di Tirana di Corrado Dal Maso_Roma

anno 2011 (I sette peccati capitali – l’avarizia)

Adrenalina.

3000 cc.

250 cavalli.

Acciaio e alluminio. Neri. Lucidi.

Il mondo si guarda da su,

Verso giù.

Ma il semaforo è rosso.

Oro adesso è fermo, e tormenta la pelle del volante. Adrenalina, ancora.  Dal suo mondo alieno, foderato di pelle, vetri spessi e Radio OBA OBA, non sente il mendicante con il violino, ma lo vede. E fa i conti col tempo che passa, con ansia: solo un momento fa il presente era il suono di un violino, anche questo nero e lucido, una volta. Adesso, il presente è che l’uomo ha finito, e sta cominciando la questua.

Si affianca alla prima auto. Come una artista sul palco ha lo strumento ancora infilato tra collo e spalla; però, invece che in un fazzoletto bianco di lavanda, gli affonda tra la barba incolta, ispida piramide all’ingiù, lunga brizza e appuntita, che gli sfiora la casacca; marrone, o sporca, chissà, comunque lisa. Allunga la mano e sorride con il sorriso che può, perché ha i denti radi e gli occhi completamente divaricati. Ma sorride comunque, e così il suo sguardo è orrido e incantevole insieme, e il suo sorriso ha la beatitudine di quello di un bambino.

Oro a tutto questo non pensa. Pensa al semaforo piuttosto, di un rosso ostinato, interminabile, infinito. E pensa alla prima macchina, che neppure ha aperto il vetro, e alla seconda, che forse non gli darà retta, e l’uomo presto arriverà alla sua.

E gli sorriderà, beato.

Oro tormenta la pelle, e neppure si chiede del perché della sua inquietudine.

Sa solo che lui i suoi soldi non glieli vuole dare.

Non è per la puzza, dal finestrino abbassato. O per il rischio di sfiorargli la mano.

E’ che i suoi soldi, semplicemente, sono suoi. E allora, perché darli ad un altro? Perché rinunciare ad un pezzetto di quello che serve e di quello che non serve; di quello che ha guadagnato e di quello che ha rubato; perché rinunciare ad un po’di ciò che tintinna o che fruscia nelle tasche, con un suono molto più bello, limpido, esaltante, a volte commovente, o grandioso, o tragico, comunque accordato con il suo cuore più di qualunque violino?

Perché? I soldi, suono, corpo, odore tutto è solo suo.

Ma l’altro è già alla terza auto, e finora ha avuto solo qualche monetina. Arriverà da lui bramoso della sua roba. Insaziabile, ticchetterà sul vetro le nocche, sporche, sbucciate, sfrontate, e lo guarderà.

Oro sa che lo guarderà diritto negli occhi.

Due occhi sghembi, viscidi e ficcanti come una serpe, riusciranno ad incontrare i suoi, anche se fossero volti da un’altra parte, e senza nessuna pietà o via di scampo faranno la loro domanda.

Gli chiederanno: ‘Oro, perché sei così? Perché?’

Ecco che l’uomo avanza: per quanto lungo possa essere un SUV, e lente le domande, il SUV è materia, dimensioni solide, ma finite, e le domande invece sono pensieri, sottili, inesorabili… .

Ecco, ecco…

Ecco! È verde! Le auto davanti partono, una dopo l’altra, veloci, e la domanda invece si ritrae, si scioglie nella sua stessa materia impalpabile al solo rombo del motore.

Oro scatta, ma adesso ha il finestrino aperto e prima del balzo, a quello che oramai gli è di fianco, grida: ‘A guercio, a’ jubox de Tirana, tie’! ‘ ed è già lontano, lasciando solo una nuvola di gasolio bruciato, e neppure una risposta …

Adrenalina  –1a–  3000 cc. –2a– 250 cv.  –3a–   acciaio, alluminio, neri, lucidi, e Oro che sogguarda la Nomentana dall’alto in basso, con le sue ville, le ambasciate, i semafori … I semafori.… arancione, rosso, rosso, è ROSSO, accidenti …

Vasile, più indietro, sorride. Ha imbracciato di nuovo il violino e suona la sua musica. Sempre la stessa, a memoria. Ma non la sente.

Le prigioni di Ceausescu, le guardie, le botte, gli hanno tolto l’udito.

Per anni, giorno dopo giorno.

Poi è finita. Niente più prigione, niente guardie, botte, o Ceausescu, niente più udito. Certo, la musica gli manca,  il mondo no.

Così, con una nuova saggezza, non per qualcosa che ha, ma per qualcosa che ha perso, ora Vasile  sorride.

Beato come un bambino.

Beato come un musicista che non sente.

Né musica.

Né domande.