Futuro Remoto, I racconti Futuro remoto

Croce_Valerio Millefoglie

_Testa su testa

Ci metto una croce

Croce su croce

Ci rimetto la testa

La costruzione del paese è cominciata dalla chiesa. Gli uomini dei primi del Novecento erano convinti che attorno a questa si sarebbero estesi chilometri di case abitate da fedeli. I loro figli, gli uomini del secondo Novecento, hanno disatteso le aspettative. Oggi la chiesa è più grande del paese. Il cielo è libero da palazzi, di sera le basse ville unifamiliari sono illuminate di sbieco dalle luci di un campetto di calcio in cui un ragazzo, dopo aver fatto gol, urla vittorioso: “E quando cazzo mi dovete prendere a me? Quando cazzo? Quando cazzo è che mi dovete prendere?”.

Le sue parole echeggiano nelle vie adiacenti, si propagano nel buio, sbattono contro la saracinesca chiusa di un negozio di frutta e verdura, rimbalzano verso l’unica insegna accesa ed entrano in un forno a conduzione familiare che produce panzerotti e biscotti senza glutine. Lì, arrivano alle mie orecchie ed entrano nella bocca del fornaio che si ritrova fra la lingua parole non sue, “E quando cazzo mi dovete prendere a me… quella è mia madre, quello è mio padre, quello è mio fratello, quando cazzo… siamo tutti intolleranti al glutine. Quella è mia zia, anche lei è intollerante, ma ancora non lo sa”. Indica la famiglia che lavora nel laboratorio a vista alle sue spalle. Indossano tutti un’uniforme bianca. Il berretto calato sulla fronte rende ancora più giovane e liscia la pelle di questo ragazzo, come se nulla fosse ancora accaduto nella sua vita a parte una sottile linea scura di baffi.

Mi racconta che avrebbe voluto studiare all’istituto alberghiero, ma che non è stato accettato a causa della sua intolleranza alimentare.

Hanno aperto il forno da poco meno di due anni, i suoi genitori fanno i parrucchieri e in principio non avevano alcuna esperienza, a parte gli esperimenti che condotti da lui a casa fin da piccolo. “Stasera abbiamo già cambiato tre volte l’olio della frittura”, mi dice muovendosi velocemente dietro il bancone, iniziando una frase alla cassa e finendola all’estremità opposta mentre serve il prossimo cliente. Quello prima esce e si siede a uno dei tavoli di legno posti sulla strada. Quattro signore anziane sedute sul marciapiede di fronte osservano ciò che succede.

Passa un gatto, un cane al guinzaglio abbaia al gatto e a una bambina in bicicletta, il clacson di una macchina intima alla bambina in bicicletta di spostarsi, il cane si spaventa, il gatto pure, la bambina in bicicletta s’immette in un vicolo. Pedala veloce, supera le ville, il campetto di calcio e l’anno corrente. Rimangono la chiesa, il forno e un negozio di tatuaggi di prossima apertura.

Tutto questo gli uomini del Novecento non se lo sarebbero mai aspettato a Trigianello.