I racconti "brevissimi di Energheia"

I brevissimi 2018 – Lucida Pazzia di Simona Morchio, Santa Margherita Ligure(GE)

_Anno 2018 (I sette colori dell’iride – Il giallo)

Per farvi capire al meglio la mia storia devo partire dalla Spagna del 1478. Il mio scopo era in primis la ricerca degli eretici e successivamente di quelli che io chiamavo “irregolari” ossia streghe, bigami ecc. tutto ciò in quanto ministro di Dio.

Ora vi dirò perché non sono pazzo. È vero sono molto nervoso, impaurito, ma non sono privo di senno. Per me e per i miei fratelli è sempre esistito un solo mondo: quello di Nostro Signore.

Tutto iniziò nel periodo in cui, dall’alto dello scranno del mio “tribunale”, emanavo sentenze confortato dal desiderio di perseguire la Vuluntas Dei. Non ho mai abbassato lo sguardo, non ho mai avuto dubbi sul mio operato, ho sempre eseguito il compito a me assegnato con l’abnegazione che il porporato mi imponeva.

Eppure ora eccomi di fronte ad una temibilissima prova della mia incrollabile fede.

Rinchiuso come un animale in gabbia penso e ripenso alle vicende che mi hanno confinato tra questi derelitti. Io Ministro di Dio tra bestemmiatori, indemoniati e relitti umani che troveranno conforto solo dopo la loro esecuzione.

Qualcuno ha tradito è evidente!

Gli incartamenti per il mio arresto trasudano demoniache intenzioni, blasfemie e bestemmie se paragonate al pio operato di cui mi faccio forte.

Vi chiederete come faccio a sapere di essere nel giusto. Ebbene finché ho potuto operare come il braccio amorevole di Dio solo una voce risuonava nella mia salda mente. La Sua! Egli mi guidava nel compito assegnatomi, chiaro e dritto era il mio cammino nella luce del Signore; ero sempre certo delle mie giuste sentenze e comunque, anche se avessi avuto anche solo un’incertezza, sono certo che Lui avrebbe saputo riconoscere le anime pie e devote da quelle empie e corrotte.

Dovevo solo condurle al Suo cospetto.

Poi qualcosa cambio e mi ritrovai rinchiuso in questa umida cella, dove i muri trasudano odore d’urina e di morte.

Ora i piani che la mia fede mi imponeva mi erano oscuri. Con il passare dei giorni strane voci iniziarono a strisciare melliflue nella mia mente disturbando il riposo del giusto e gettando un velo di dubbio sul mio operato.

Anche l’anima più salda nella fede, credetemi, non avrebbe potuto che abbandonarsi all’ira ascoltando le loro bestemmie. Suppliche e preghiere si susseguivano in un turbine demoniaco di voci che mi soffocavano come il naufrago in balia dei flutti malevoli di un mare iracondo.

Poi ho capito. Lo chiamai con tutta la forza che avevo… Capite ora? Avevo trasceso la mia mortalità, guardavo la tremula carne che si elevava a Spirito Santo.

Questo umile servo ha preso coscienza di essere non solo lo strumento armato della fede in Dio ma ancora una volta Suo Figlio!

Subito il calore del conforto ha rinfrancato la mia anima come un balsamo sulla ferita, ho preparato il sangue e lo Spirito al viaggio che mi avrebbe condotto a sedere accanto al Padre.

Presi il mio prezioso rosario e cominciai a torcerlo fra le dita, muovevo lentamente le sue pietre di ambra gialla che sembravano animarsi con il mio tremore.

Le passavano una per una, lente, dito per dito, per poi ricadere decise dopo ogni prece. Un silenzioso mormorio le accompagnava, la stretta era sempre più salda, il mio mormorio sempre più veloce sempre più concitato. Le lacrime aumentavano ad ogni parola, ad ogni movimento delle dita.

Poi l’ho vista.

La morte sedeva accanto a me. Aveva una veste nera, non riuscivo a vederla in viso, il cappuccio del suo mantello le cascava delicatamente sul viso fino a coprirlo quasi totalmente. L’unica cosa che scorgevo chiaramente era la mano scarna con cui stringeva la falce. Era lì da tempo, aspettava pazientemente la fine del mio “rosario”.

Con la sua voce accompagnava il mio gesto ripetitivo in una lingua a me sconosciuta.

Le sue labbra sottili si muovevano lente ma decise e anche se le mie orecchie avvertivano solo un leggero sussurro nella mia testa tuonavano fragorose e terribili.

Gli ultimi spiragli di luce, non aiutano la mia mente nella lotta contro l’oscurità che la ottenebra.

Le pietre aumentano, lente, inesorabili, ognuna di esse conta una anima che ho portato al cospetto di Dio.

Le voci di quelle vite lentamente mi trascinano con loro nell’abisso.

Così, mi raffiguro con le braccia tese in cerca di un costante senso d’equilibrio, i piedi l’uno di fronte all’altro quasi a specchiarsi tra loro, cerco di mantenere tutto il peso del corpo su quel maledetto filo di giustizia terrena.

Aspetto con il cuore traboccante di gioia il momento in cui incontrerò Dio, per la condizione umana miscredente la morte è la fine di tutto ma per me no…non è che l’inizio.

Albeggia.

Sento il fiato acre della morte riempire l’aria attorno a me, vedo i suoi occhi accusatori in ogni punto della cella. D’un tratto si alza lentamente con l’ingresso di due uomini armati, sono qui per condurmi al patibolo. Proprio come Gesù Cristo.