I racconti "brevissimi di Energheia"

I brevissimi 2022 – Oscurità, Asia Ozella, Vallo Torinese(TO)

_Anno 2022 – (Nero)

Mi guardavo allo specchio e non sapevo più cosa vedo. Oltre la mia immagine trovavo solo più un agglomerato di materia senza essenza, senza linfa, senz’anima.

Mi sentivo logorata, cancellata dal mio stesso ego. Scelte sbagliate e non solo, sono state la mia rovina. Mi sono autoinflitta coltellate nella carne e ho affondato l’arma ancora più a fondo nel momento in cui decisi che tutto era finito, che tutto si sarebbe consumato nel tempo di un respiro spezzato dal dolore. Il dolore, fisico, psicologico, che mi ha fatto urlare contro il mondo e dire che ormai non c’ero più.

Si teme la morte, perché si crede che cancelli tutto, che faccia svanire un’identità fatta di sentimenti, difetti, pregi e non solo mentre spira.

Ma la morte è sempre con noi. Siamo noi che scegliamo se vivere o no. Perché si può essere morti che respirano, che parlano, che amano, ma che di loro stessi hanno forse solo più il nome.

Questo è quello che ho capito, dopo che la vita stessa mi ha lanciato a terra. Avevo trascorso anni a capire come affrontare l’idea che un giorno di me non sarebbe restato nulla, se non una lastra di pietra con il mio nome. “Allora che senso ha vivere? Che senso ha amare? Che senso ha il tempo?” mi chiedevo. Trovai la risposta quando rinacqui una seconda volta, dopo la mia morte interiore, che aveva lasciato solo più un corpo senz’anima.

Come una foglia appassita in autunno caddi; dovetti soffrire a lungo l’inverno, fatto di assenza di vita. Ma nella più piccola delle speranze che avevo di rinascere, il sole mi illuminò, dandomi ancora la possibilità di dire “sono viva”.

E così, mentre ricominciai a respirare, tra i miei colori rigogliosi che risplendevano scrissi la mia storia, la storia di una semplice foglia mortale che ha trovato nella fine un nuovo respiro.

E cadette lì, su quel terreno che la vide crescere e diventare matura, la magica foglia. Ricordò freneticamente quanto fu bello conoscere il suo ramo. Il suo appiglio, la sua salvezza in mezzo a correnti di vento, pronte a portarsela via in un vortice infrenabile. Disse che sarebbe stata l’ispirazione di un poeta travolto da oscuri sentimenti. Poi però l’autunno arrivò: una fine incombente pronta a prendersi la divina bellezza dei suoi colori. Colori forti, pieni di una gracile forza. Potente come un cuore amato ed apprezzato,instabile come qualsiasi anima innamorata dell’impossibile. E quando sentì il vuoto sotto di lei, si adagiò sulla realistica verità: la fine. La caduta che l’avrebbe portata alla sua morte interiore, mentre osservava rammaricata colui che l’avrebbe dovuta sorreggere: il ramo da lei tanto ambito. Una bugia su cui riuscì a costruirci così tanti sogni, infranti da quel maledetto destino.Il tempo passò e i suoi colori persero il vivido splendore. Ma lì rimase il suo nudo corpo, ad aspettare la primavera. Sul suo amato appiglio spuntò un’altra foglia. Ma quando arrivò quella cupa tempesta che si prese la vita dell’albero, comprese che nessuno si sarebbe fermato a riflettere sulla sua instabilità per essere precedentemente caduta. Tutti avrebbero ammirato la sua forza nel rimanere lì, appigliata vicino ad dove un tempo c’era la sua guida. La sua luce nell’oscurità.