Le parole dei giurati

Energheia trae dalle diversità la linfa per svilupparsi e rinnovarsi_Tiziana D’Oppido

Giuria Premio letterario Energheia 2018_XXIV edizione

È ormai consuetudine inserire nelle mie letture estive i racconti partecipanti al Premio letterario Energheia. Non ricordo più esattamente quando questa collaborazione sia iniziata, sia perché tendo ad avere una scansione temporale basata più su eventi e volti che su date e orari, sia perché Felice Lisanti, il deus ex machina del Premio, ha la rara capacità di trascinarti con sé in quest’avventura senza che tu te ne renda neppure conto.

Ricordo però nitidamente il suo approccio ai racconti fin dal nostro primo incontro. Li trattava con estrema cura, come fossero oggetti fragili, delicati, da proteggere. Mi chiedeva cosa ne pensassi e ascoltava con attenzione i miei commenti, inserendosi più volte nel discorso con domande e approfondimenti su ogni singolo testo.

In un settore spesso distratto, indolente e pavido quale è quello letterario ed editoriale odierno, l’attenzione che Energheia riserva alla valutazione delle opere dà già la misura di quanto il rispetto dei testi, la qualità e il merito siano centrali al Premio.

Energheia è libera da convenzioni e condizionamenti e punta al sodo, con pochi fronzoli e ancor meno moine. Giunta con crescente successo alla XXIV edizione (oltre 600 i racconti ricevuti quest’anno), è consapevole che la sua forza è nella sostanza e che protagoniste devono essere– concetto solo in apparenza scontato – le opere.

Da scrittrice e traduttrice letteraria, in questi anni ho seguito con attenzione le diverse narrazioni e ho registrato le forti oscillazioni formali e contenutistiche all’interno delle sezioni italiana ed estera, cioè Europa e Africa Teller (quest’anno rappresentate da Francia, Spagna, Slovenia e Israele). È sempre affascinante rilevare quanto, oltre alle sensibilità personali, a incidere sui testi siano i differenti sostrati linguistici, le diverse realtà economiche, politiche e socioculturali, senza contare che trame e stili subiscono il contraccolpo dell’attualità globale ma soprattutto locale, perché la scrittura non può prescindere dalla vita, di cui è un riflesso.

Del resto è attraverso il confronto che si cresce e ogni anno Energheia trae dalle diversità la linfa per svilupparsi e rinnovarsi pur restando la stessa, in un continuo processo di autorigenerazione.

Attorno alle opere, cuore pulsante del Premio, si snoda poi il programma della settimana della cerimonia di premiazione: presentazioni, dibattiti, concerti e laboratori, all’insegna di un reale e produttivo “fare cultura”, che ogni anno coinvolge, entusiasma e pone il sigillo con la pubblicazione dell’antologia dei migliori racconti che avete tra le mani.

Abituata a lavorare dietro le quinte, quest’anno sono stata invece chiamata a occuparmi, con gli illustri colleghi Ulf Peter Hallberg, Fernando Clemot e Laura Durando, anche del laboratorio di scrittura creativa per gli autori e della valutazione dei racconti finalisti in qualità di giurata. Fin dall’inizio c’è stato un grande feeling con gli altri due componenti della giuria, Lucia Bellaspiga e Martino Gozzi. Non è stato facile decretare i vincitori, perché la qualità delle opere era molto alta. Alcuni racconti ci sfidavano per la loro freschezza e originalità e nelle nostre scelte siamo stati audaci quanto gli autori, in pieno spirito Energheia.

Durante la briosa cerimonia di premiazione ho provato ad associare i racconti vincitori ai volti degli autori, spesso sbagliando, a riprova del fatto che la creatività viaggia su binari diversi dalla realtà. Ho visto dipingersi sui volti dei vincitori un’emozione che fu a suo tempo anche la mia. Premiarli e incoraggiarli è stata la mia più bella gratifica.

A quanti racconti, a quanti autori ha dato voce Energheia in questi ventiquattro anni? A molte centinaia, sicuramente. Alcuni vincitori hanno poi portato avanti la loro attività di scrittura, altri hanno rinunciato per dedicarsi ad altro. Ma credo che nessuno di loro abbia dimenticato Energheia che, assieme al suo silenzioso e prezioso regista, lascia un segno indelebile, come acqua di torrente che placida e infaticabile leviga le pietre.

Un Premio da preservare con la stessa cura che il Premio stesso ha nei confronti dei suoi autori.

Lunga vita a Energheia.