I racconti "brevissimi di Energheia"

I brevissimi 2004 – Assaporarselo, un pasticcino di Marco Giani_Gallarate(VA)

anno 2004 (I sensi – Sapori)

In certi momenti, vorrei avere a portata di mano il classico panno, intriso

di cloroformio. Non chiedo il vostro assenso, ma almeno, la comprensione,

quella sì. E va bene che devo lavorare nel negozio di papà, ma un lavoro

che potrebbe essere così bello, quello di pasticcere, per l’appunto,

infangato a questa maniera, mi prudono le mani, talvolta. L’ultima? Cinque

minuti fa, quando una signora si è diretta verso il banco delle paste di

Clara, ordinando, svogliatamente, il solito ed è poi venuta da me, con

l’agilità di una balenottera impellicciata, a pagare i suoi venti, dicasi venti

euro di noia, imbottita con crema pasticcera. Entra ora un ragazzo.

Vent’anni, a darglieli così. Cellulare all’orecchio, parla senza nemmeno

farmi un cenno, nonostante io mi trovi alla cassa. Maleducato (beh,

almeno non lo conosco, gli butto addosso un po’ di astio istituzionale,

affatto personale).
Si assesta al centro del locale, indugiando sul da farsi, in uno stato di

evidente agitazione, e intanto parla sottovoce al telefono, con una

trepidazione – forse una gioia? – che gli si legge lontano un miglio. Non

deve essere il classico tipo che si fa vedere giusto alle 18 e mezza del 14

febbraio. Perché voglio dire, che ci sia sotto una lei, lo si è capito fin

troppo bene dal sorriso col quale ha ora ripreso il contatto col mondo

reale, infilandosi il cellulare in tasca: ma si deve trattare di qualche

faccenda strana.
Si avvicina cautamente a Clara, le parla, credo informandosi sui nomi e

prezzi dei pasticcini: lei inizia a scivolare lateralmente, lungo il bancone,

movendo il dito su cui si è intanto ipnotizzato lo sguardo di lui. Poi,

all’improvviso, come contrariato, si volge verso di me, e si avvicina. Sono

proprio curiosa di parlarci, con un cliente così.
– Mi scusi, signorina. Sì! Aehm, la sua collega dice che è… insomma,

non può provare i pasticcini -.
– Sì, lo so. Clara è diabetica. Ma perché vuole…? -.
– Non riesco a decidere gli ultimi pezzi. E insomma, mi sono già

lavato i denti, e non posso, lei mi capirà -.
– Ah, capisco -, gli faccio io, maliziosa all’inverosimile.
Lui sembra morire di vergogna, sotto i colpi del mio battere di ciglia.
– Non creda mica chissà che. E’ solo… -.
E non finisce la frase, come a giustificarsi per non essere capace di

comunicarmelo, il solo.
– Va bene, mi porti le paste -.
Butto là, con fare materno e ormai navigare: e lui va e torna assieme al

suo piccolo vassoio, con addosso la baldanza di uno scolaretto.
– Veramente non si potrebbe fare, papà non vuole, ma ci si può

anche passare sopra, tanto ci siamo solo io e Clara, da una vita, complici

in tutto e per tutto -.
Parto un po’ svogliata, sapete com’è, conosco per filo e per segno ciascuna

pasta; ma quando, con la bocca piena, mi vedo rifilare in faccia uno

sguardo pieno di attesa, come a dire: Allora? Com’è?, mi riassetto quel che

basta per un’analisi dignitosa.
Siamo quasi alla fine, il vassoio, praticamente completo, devo solo

decretare il vincitore fra i cioccolatini al peperoncino e quelli alla cannella.
– Guardi, secondo me, sono meglio questi, ma non saprei, magari

a lei… -.
– Stia tranquilla. Glie l’ho già detto. Mi fido. Incarti pure -.
Indaffarata con la carta rosa ed un fiocco dorato, lo spio con la coda

dell’occhio: guarda il cellulare, schiacciando di continuo un tasto, starà

leggendo un sms, probabilmente, ma non deve essere troppo recente – da

quando è entrato, non si è sentita alcuna suoneria o vibrazione. Se lo

legge e se lo gusta come manco il contenuto del pacchetto che, un riccio

qua e uno là è pronto.
– Sa, signorina, che non ci sono abituato -.
Non aspetta un mio cenno di risposta, semplicemente mi lascia accanto

alla mano il dovuto, più qualcosa di mancia, accarezza la maniglia, e con

fare lesto la pare, intrufolandosi nel vuoto della luce mattinale, ed

inforcando, con una fretta composta, davvero ammirevole, il viale qui

davanti.
Poi si ritorna alla solita vita di cassa, con in bocca, ancora, quello strano

sapore di cioccolato al peperoncino, e si guarda fuori, assaporando.