I racconti del Premio Energheia Europa

Una noiosa giornata interessante, Ossama Fawzy_Il Cairo

Finalista Premio Energheia Egitto 2022

Era una giornata molto noiosa ed io ero rimasto a casa. Guardavo i pesci nella vaschetta
dell’acquario nuotare lentamente nell’acqua tiepida dopo che avevo acceso la luce della camera da letto.
La vaschetta era nuova. L’avevo comprata da pochi giorni, ma l’idea ce l’avevo già da due mesi,
girando tra tanti negozi per scegliere una meravigliosa, e non mi importava il prezzo. Mi piaceva un
mondo avere alcuni pesci nella mia nuova casetta.
L’avevo sistemata accanto al televisore, così quando mi sdraiavo sul letto, potevo vedere entrambi.
Lo schermo del televisore mi collegava con il mondo intero, e l’acquario mi portava ad immaginare
tante belle cose prima che mi venisse sonno. Due schermi diversissimi: uno rappresentava la realtà
quotidiana del mondo anche se qualche notizia era irreale o ipocrita; l’altra, invece, mi dava qualche
segno di ottimismo in quelle giornate in cui stavo per perderlo. Dal letto vedevo solo il lato sinistro della
vaschetta, o per meglio dire, un solo lato della fantasia. Non mi piaceva abbandonarmi completamente
all’immaginazione perché a volte dovevo accettare la realtà attuale. Essere una persona realistica era
un dovere, ma d’altro canto, senza un po’ di fantasia, sarei stato costretto ad uccidere la mia stessa
identità e il senso della vita. Quel senso ignorato da una gran parte degli individui in tutto il mondo. È
una questione di visione del mondo.
Il mio appartamentino era all’ultimo piano della casa di famiglia. Se avessi dovuto scegliere uno dei
piani, da bambino avrei voluto abitare in quello superiore, niente di diverso: non avrei assolutamente
voluto vivere al piano terra, né al primo, né al secondo, né al terzo.
Ero lassù in quel giorno, come speravo da piccolino. Sopra non abitava nessuno e non sentivo i
rumori dei passi di nessuno. C’erano solo le antenne paraboliche di tutte le quattro famiglie che
abitavano nel complesso.

In quella giornata sarei salito fino su per guardare direttamente il cielo, il sole, le nuvole, gli aerei
aspettando la sera per guardare la luna e le stelle. Prima del tramonto che stava per arrivare avrei visto
anche gli uccelli che volavano a caso. Avrei guardato anche la piramide di Cheope che si vedeva da
lontano, così come la civiltà egizia era lontana nel tempo, antichissima. Quella era l’unica delle tre
famose costruzioni che si poteva vedere, fra i monumenti più celebri in tutto il mondo. Quella piramide,
la più alta e grandiosa segnava la maestosità ed immortalità della civiltà e dell’architettura dei nostri
antenati. Lassù percepivo un segno di libertà assoluta, come volare con gli uccelli e andare lontano e per
poi ritornare. Non avevo bene in mente dove andare, ma mi bastava solo l’idea di poter ritornare
avendo acquisito dentro di me nuove cose. Viaggiando si imparano tante cose. Si deve essere aperti al
prossimo. Anche se le persone sono diverse, la differenza di mentalità serve a conoscerci meglio. Questo
è un senso molto raffinato della nostra presenza in questa vita di cui è importante rendersi conto. La
curiosità di conoscere e comprendere l’altro è una necessità permanente. Avrei volato e dall’alto avrei
visto come vanno o sono andate certe cose ora sconosciute. Mi sarebbe piaciuto di più volare la mattina
presto, quando fa fresco. La sera col buio non avrei assolutamente voluto perché non avrei potuto
vedere niente d’importante. Avrei volato per vedere la gente.
Sopra la mia scuola elementare di buon mattino avrei sognato di andare indietro ben 18 anni:
tornare alle file nel cortile per salutare la nostra bandiera di cui all’epoca non ne capivo appieno il
significato. Forse perché nessuno mi spiegò per quale motivo facevamo quel gesto. Io eseguivo solo ciò
che ordinavano i maestri. Sognavo di vedere gli allievi salutare con tanta consapevolezza la bandiera
egiziana dove nel mezzo c’è un’aquila che sapendo volare, conosce benissimo quel senso di libertà. Non
sognavo di tornare in classe. Non capivo bene dai maestri, mi sembravano poco professionali nelle
spiegazioni né poco efficaci come comunicare con i bimbi in quell’età innocente. Avrei però ringraziato
la mia unica maestra che ci aveva insegnato da sola nei tre primi anni. L’avevo già rivista quando
studiavo all’università. Non era come la ricordavo, idealizzandola con gli occhi di un bambino: alta,
bella, benfatta, ed elegante. Invece ora la vedevo bassa, sposata, e non altrettanto elegante. Mi
riconobbe lei, io non lo feci. Le chiesi del mio fratellino. Io le sono davvero grato. Mi voleva bene, mi
considerava il più bravo della classe.

Poi sarei volato fino al liceo, e stavolta, sarei entrato in classe per dire ai professori che sbagliavano,
che spiegavano malissimo. Spiegavano solo per i loro interessi, per le lezioni private con lo scopo di
guadagnare, perché con lo stipendio statale guadagnavano pochissimo. Dando lezioni private a case, e
in piccoli e grandi centri, dipendeva dal talento del professore il convincere gli studenti a credere che lui
fosse il migliore. Avrei salutato con la stretta di mano solo due o tre di loro che spiegavano con la
passione di farci conoscere qualcosa di nuovo, e che lasciarono in me l’entusiasmo di amare le lingue
straniere, soprattutto l’italiano.
Non avrei volato fino all’università perché già nella realtà ci vado spesso per trovare quasi tutti i miei
professori professionisti, molto bravi e ben selezionati. Quindi sarei ritornato stanco a casa sperando
che il mio messaggio lanciato avesse stimolato gli insegnanti delle scuole ad imparare l’arte di
comunicare e trattare con i nostri bimbi e i più giovani per seminare in loro la libertà di pensiero, di
formulare idee e il rispetto delle loro mentalità anche se si caratterizzino banalmente.
Davanti ai pesciolini ritornai a pensare alle parole di mio padre pochissime ore prima della sua
scomparsa.
– “Sei sempre stato un bravo ragazzo. Continua ad esserlo con i tuoi fratelli, soprattutto con tuo
fratello minore. Abbi cura di lui. Di tua madre e di tua sorella maggiore. Figlio mio, Condoglianze !”
Mio padre è stata la prima persona che mi ha fatto le condoglianze per la sua morte.
La notte prima di andare al cielo, aveva iniziato a dirmi tutto ciò che non era riuscito a dirmi per
tutta la vita. Ero l’ultimo che era andato a salutarlo, lo guardavo senza riuscire a smettere di piangere.
Era una notte terribile per me. Ero sicuro della sua scomparsa non improvvisa, ma lo sentivo,
soprattutto, dopo tre mesi di malattia.
– “Padre, sei la persona più buona e generosa del mondo mio, non ti preoccupare. Continuerò ad
essere buono come te. Mi curerò di tutti i miei. Continuerò ad amare la gente anche se quando non è
buona. Continuerò a combattere e vivere sereno e al sicuro. Continuerò a lavorare seriamente e sarà
un piacere portare con orgoglio il tuo nome per sempre attaccato al mio.” Gli risposi in pochissimi
istanti.
Erano gli ultimi momenti della vita di mio padre che non dimenticherò mai per tutta la mia vita.
Mi resi conto che era accaduto qualcosa di molto strano: avevamo conversato per quasi cinque
minuti, senza che uno aprisse la bocca. Eravamo riusciti a capirci solo con i gesti, i sorrisi, le espressioni
del volto e il desiderio di condividere alcune cose. Sì, il complice desiderio di condividere ci aveva
consentito di entrare nel mondo di un linguaggio fatto senza parole, dove tutto era sempre chiarissimo e
non esisteva alcun rischio di essere fraintesi.
A dir la verità, mio padre aveva smesso di parlare già da tre giorni. Drammaticamente mi ricordavo
la conversazione: capivo profondamente cosa voleva dire lui mentre mi stringeva fortemente la mano in
modo insolito, era il suo saluto d’addio.
Spensi la luce della cameretta dove scese una coltre di tristezza assoluta tutto intorno, accendendo
quella più piccola della vaschetta. Quei pesciolini rappresentavano per me il mondo delle anime
subacquee. Certo è un altro mondo più calmo e pacifico del nostro.
Immaginavo che almeno questa specie non facesse guerre, non creasse instabilità nella sicurezza
degli altri, omicidi orribili, crisi economiche o che non rubasse mai né fregasse.
Speravo di vivere in un mondo simile, così tranquillo e lontano da ogni forma di violenza umana.
Non faranno rumore, né confusione. Non mi disturberanno anzi mi renderanno più calmo, e
amplieranno la mia fantasia, guardandoli attentamente con interesse e curiosità cercherò di
comprendere qualcosa della loro vita e del loro fascino.

Non vedevo l’ora di ampliare la fantasia per sentire la speranza di vedere il mondo con un’altra
filosofia che muta da un periodo all’altro.
Di tanto in tanto desideravo scappare dalla nostra attualità piena di imbrogli, di colpevolezza, di
malizie, di egoismo, di intolleranza e di razzismo. E dalle mentalità contrapposte alla mia.
Stavo osservando quei pesciolini di colori diversi, mentre accendevo il computer. Volevo navigare in
internet per collegarmi con un mondo diverso. Consultavo le notizie sugli stessi quotidiani, italiani ed
egiziani, tentando di togliere la monotonia di quella giornata e delle notizie che non portavano come
sempre nessuna sensazione di un futuro migliore della nostra vita. Navigavo leggendo diversi articoli;
vedendo diversi stili di scritture e immagini colorate. I diversi colori erano attraenti, però, le immagini
di volta in volta, ci imbrogliano, non come i miei pesciolini innocenti che stavano ancora galleggiando
senza nessuna noia. Continuavano a spostarsi in armonia, come al solito.
Le notizie sembravano le stesse di ogni giorno: la stessa politica, gli stessi incontri, le stesse visite, e la
stessa instabilità in zone diverse del nostro mondo e la stessa cronaca nera, gli stessi incidenti stradali ed
incendi irresponsabili, e gli stessi abusi sessuali e l’immigrazione clandestina.
Smetto di immergermi in queste brutte pagine fastidiose. Mi allontano dalle loro notizie
pessimistiche per quanto riguarda le relazioni fra gli esseri umani sulla Terra e torno ad osservare i
pesciolini, e fra di loro non vedo nessuna forma di violenza malgrado siano di colori e tipi diversi,
convivono in pace e serenità. Hanno lo stesso linguaggio nel comunicar, pare. Forse per questo non si
vede la violenza che c’è nella vita della razza umana e forse perché hanno gli stessi interessi e gli stessi
obiettivi. Invece i nostri sono piuttosto diversi, oltre alle migliaia di linguaggi tanto differenti nel
mondo. È tutta una questione d’interesse.
Finalmente eliminata la mia noia con una sorpresa. Mi connetto con Skype. Non ho voglia di parlare
con i miei compaesani sulla lista. Mi metto a selezionare: lingua italiana, indifferentemente uomini o
donne, tutte le età, in Egitto. Dopo tre o quattro istanti di ricerca, noto un nome non estraneo: Eslam
Nabil.
– “Non ti ricordi di me?” Comincio a scrivergli.
– “No, chi sei?” Risponde lui.
– Gli chiedo: “Ti sei laureato nella facoltà di lingue?”
– ” Sei Omar Ahmad?! – Continua –”Sei Omar Ahmad?!”
Era stupito come me. Sul mio profilo è scritto solo Omar senza nessun cognome e, sul suo, solo nome
e cognome, comune a centinaia di altra gente nel nostro paese.
-“Sì, sono io !” Rispondo.
Da quasi quattro anni dalla laurea non ci siamo mai sentiti, neanche una volta. Avrei voluto
contattarlo, ma non sono riuscito ad avere il suo numero di cellulare.
È al lavoro in ufficio. Lascia tutti i suoi impegni: “Dammi il tuo numero di casa!”
Squilla il telefono.
-“Come stai, amico?”
-“Sto bene, grazie , e tu?” Rispondo con tutta la sorpresa del mondo.
Fu una lunga conversazione significativa ed interessante. Si tratta di relazioni umane.
Adesso, da solo, dopo la telefonata, mi ricordo della vita universitaria con l’ottimismo che avevo
sempre avuto, e mi ricordo dei quattro anni dopo la laurea, dei colleghi, come stanno al momento, e dei
momenti più felici della mia vita, con un grande sorriso.
Alla fine, mentre mi sto cambiando per uscire, guardo i pesciolini con la volontà di vedere il mondo
più sereno e stabile con una convivenza in armonia così come quella dei miei amici acquatici.