L'angolo dello scrittore

Degrado culturale: attaccarlo alla radice

– di Roberto Vacca_

 

A chi ha nel sangue l’imperativo dello scrivere non giova esser persuaso dell’inutilità dell’opera propria –  eccomi di nuovo costretto a scrivere.”

Luigi Einaudi, Introduzione alle Prediche Inutili, 1955

 

La crisi dura da 5 anni. Già agli inizi si capiva che sarebbe stata lunga. Due anni fa argomentai (1) che in parte notevole la crisi era causata dal degrado culturale estremo in cui siamo caduti. Riassumo qui sotto la mia tesi. Suggerivo anche modi di combattere quel degrado: però non si profila affatto una (necessaria) rinascita di studi e di ragione. Propongo, quindi, programmi di apprendimento per bambini piccoli – che, in genere, fra i 3 e i 6 anni vengono trascurati. Sembreranno paradossali, ma li ritengo adeguati a riedificare una società non solo civile, ma colta e razionale.

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“Gli italiani si interessano poco a studi e professioni tecniche. Decisori pubblici e privati, pubblico e mass media ignorano concetti scientifici e tecnici, e discorrono per astratti. Aumenta il divario fra alta tecnologia e cultura media. I computer si usano spesso per scopi banali. Conseguiti progressi tecnico-scientifici straordinari, i più hanno idee vaghe su strumenti teorici e pratici con cui la realtà si interpreta. L’opinione pubblica, disinformata, non esercita controlli sociali sulla tecnologia. Si temono rischi, mal compresi. La situazione culturale, migliore di quelle antiche, è più modesta di quanto potrebbe essere. Per innalzarla non ci sono ricette semplici: la cultura tradizionale va ripresa e integrata con la tecnologia dell’informazione e della comunicazione. La tabella mostra una graduatoria tra paesi europei per la percentuale della forza lavoro con alta qualifica in scienza e tecnologia. Siamo agli ultimi posti.

Nazione UK F FINL. E D GR EU27 I PORT
% forza lavoro con alta qualifica in S&T 17 17,1 20,1 16,6 15,8 15,8 15,4 11 9,8

2004  % forza lavoro con alta qualifica in scienza e tecnologia

Fonte: http://ec.europa.eu/research/research-eu,  (v. EUR 22572)

 

Il degrado culturale si incontra ovunque. Per rimontare posizioni dovremmo definire traguardi, alleare cultura, accademia, parlamento, industria influire su giornali, radio e TV e mostrare al pubblico come aggiornarsi e giudicare. La Tecnologia dell’Informazione e della Comunicazione (ICT) può dare un contributo decisivo a eliminare il degrado culturale, migliorando il rendimento in ogni settore. Per salvare il prossimo decennio, dovremmo evitare tanti rischi (noti) che incombono su di noi. Non c’è speranza di successo, se molte persone non si addestreranno a possedere abilità adeguate.”

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(1) v. Capitolo 3 [Degrado culturale: come combatterlo] del mio “Salvare il prossimo decennio” (Garzanti, 2011).

Insegnare ai molto piccoli – alternativa alle scuole inefficienti

Quei modi che suggerivo per combattere il degrado culturale estremo mi paiono ora inadeguati a raggiungere l’obiettivo. Troppe persone, considerate colte, non sanno usare strumenti semplici ed efficaci (ad es.: algebra, logica, trigonometria). Non conoscono la fisica classica (meccanica, termodinamica, elettromagnetismo, ottica), néla chimica. Hannoidee vaghe su biologia, economia e finanza, astronomia, fisica terrestre. Non leggono saggi, né testi divulgativi – solo, talora, narrativa corrente. Non hanno idea delle unità di misura. Il Sistema Internazionale (SI) deve essere usato per legge in Italia, ma giornalisti e politici usano “mld” per miliardi e “mio”per milioni(acronimi che sono nomignoli di fantasia). Non sanno come misurare forze, tensioni, accelerazioni.

Quegli strumenti e quelle nozioni (insieme a tante altre) sono necessarie per capire i problemi contemporanei, partecipare a referendum, fare scelte individuali, influenzare decisioni collettive. La loro mancanza confonde le idee e porta a generare piani politicie industrialiastratti e controproducenti.

Per innalzare i livelli culturali ci vorrebbero scuole efficienti. I deboli tentativi di riformarle mirano a controllare la qualità di docenti e studenti, non a crearla. I programmi non cambiano da molto tempo, non sono motivanti, servono spesso a frenare l’apprendimento.

Nel primo anno di vita i bambini imparano a riconoscere configurazioni, a muoversi, a comunicare con gesti. Nel secondo e terzo anno imparano a parlare. Lo fanno a velocità tanto alta che raramente eguaglieranno più tardi. Sono bravissimi a usare simboli (costituiti da parole). Nei tre anni seguenti giocano, usano oggetti, ma si avvicinano di nuovo a simboli solo quando imparano i segni per leggere e scrivere. Alle età successive hanno scarse scelte e vengono scoraggiati o impediti. Solo con ritardo imparano cose interessanti che sarebbero bene equipaggiati per affrontare subito.

Aprire le menti dei ragazzini dai 3 ai 6 anni, stimolarli e motivarli che imparino a leggere, scrivere, calcolare, risolvere problemini – è un’impresa che avrebbe impatti positivi enormi sulla popolazione. Li preparerebbe alle scuole (che vanno modernizzate) – ma questo è un dettaglio. È più importante che arricchirebbe le loro intelligenze, ora soffocate dalla mancanza di stimoli e di occasioni.

Non possiamo attenderci che inventino e creino buone scuole “pre-elementari” politici e burocrati che, in maggioranza, da decenni imparano ben poco. Proviamo a descriverle e definirle bene: poi saranno realizzate da genitori e da volontari. Io sostengo che, se uno ci prova, riesce a imparare qualsiasi cosa. Questo è molto più vero per i bambini in tenera età.

Posso citare alcune mie modeste esperienze dirette. Nella mia famiglia sentivo parlare 6 lingue e la matematica era di casa. Quando il mio primo figlio compì due anni, lessi il libro “Leggere a tre anni” di Maya Pines. Seguii quel metodo e preparai gradualmente decine di cartelli su ciascuno dei quali era scritta una parola – con caratteri corsivi altri15 centimetri. Le leggevo forte al bambino. A tre anni ne riconosceva un centinaio. A scuola non ebbe problemi. Si laureò in fisica con 110 e lode. Appena nacque il mio secondo figlio cominciai a parlargli inglese ed è stato sempre bilingue.

Anticipare i tempi serve a tutte le età – e funziona. Una mia amica mi ha detto: “Il mio nipotino ha 7 anni. Sa perfettamente la tavola pitagorica e la usa come un fulmine. Che altro gli posso proporre?” Ho suggerito che gli insegni un po’ di algebra. Ci ha provato. Dopo pochi giorni Alessandro sa risolvere equazioni di primo grado come     4 + x = 10  ;    6 x = 30  ;    4 x + 4 = 20 .  Ho suggerito che impari a risolvere sistemi facili di 2 equazioni in 2 incognite.

È alla portata di ogni adolescente anche l’abilità di codificare (e correggere finchè non funzionano) semplici programmi per computer. Non ho niente contro l’uso di Excel o di altri programmi “pre-cotti”, ma codificare e capire i meccanismi relativi è ben più formativo.

Diamoci da fare. È meglio vivere in un paese in cui  ci sono più persone intelligenti.