I racconti "brevissimi di Energheia"

I brevissimi 2001 – Gli odori del potere di Mario Secchione_Napoli

anno 2001 (I sensi – Gli odori)

Entrò nell’ascensore, che lo avrebbe portato al sedicesimo
piano del grattacielo più alto della città, e subito avvertì
un odore di pulito. Il personale addetto alla manutenzione
dello scintillante scatolone metallico con musica di sotto-
fondo, vi aveva nebulizzato una qualche soluzione particola-
re o, forse, quell’afrore era il risultato della mescolanza
delle migliaia di profumi femminili, dopobarba, deodoranti,
che avevano determinato una mutazione dell’essenza origina-
le. Qualsiasi cosa fosse, immaginò, mentre la cabina saliva,
i volti dei frequentatori del grattacielo. Uomini e donne in
buona salute, ben vestiti, distaccati dalla gente comune, ar-
roganti e aggressivi. Individui in carriera, in competizione
tra loro, del tutto simili ai protagonisti degli spot pub-
blicitari. Gente che maneggiava denaro e che teneva in pu-
gno l’economia mondiale. Un cicalino lo avvisò che era arri-
vato al piano desiderato. Le porte si spalancarono e lo in-
trodussero in lungo corridoio dalle pareti color crema. Non
c’erano finestre, eppure l’aria era fresca. Da qualche parte
un climatizzatore era in funzione e l’ambiente pareva tra-
parente come vetro. Qui l’odore era tutt’uno con il silenzio,
quasi palpabile. Un’aroma di borse di pelle e di plastica,
di cuoio costosissimo, di tabacco leggero e ricercato. In
quel posto non vi aveva mai messo piede un fattorino, un
ragazzo di fast food, un operaio. La tinta immacolata delle
pareti e il pavimento tirato a lucido non conoscevano gli
odori della fatica, delle sigarette cancerogene da quattro
soldi, delle bocche guaste, delle esalazioni provocate da ci-
bi a buon mercato. In fondo al corridoio una pesante porta
di mogano risplendeva come un faro. Bussò timidamente e uno
scatto della serratura la dischiuse di qualche centimetro.
L’aprì del tutto e s’immerse in una stanza dal bagliore qua-
si accecante. Strizzò gli occhi e mise a fuoco un’enorme ve-
trata sul fondo con davanti una scrivania semicircolare. In
giro divani e poltrone in pelle.

Il loro effluvio pregante gli assalì le narici fino a stor-
dirlo per un istante. Un odore greve e forte di rivestimen-
to pesante e invadente. Qualcosa che incombeva su di lui co-
me le volte altissime e cupe di una cattedrale. Era seduto,
dietro la scrivania, un uomo magro, smunto e pallido, con
un vestito di buona fattura grigio con camicia e cravatta in
tinta. Era ben sbarbato e pettinato, come se fosse appena
uscito dal barbiere. Non aveva un filo fuori posto. Quando
gli si avvicinò, percepì un’emanazione olfattiva dalla sua
pelle che andava al di là del classico olezzo maschile. La
sua epidermide trasudava una cura maniacale. L’incarnato,
pur essendo esangue, era teso e riposato, effetto di massag-
gi e di passate e ripassate di creme. La muscolatura delle
mani aveva guizzi morbidi e quella del viso pareva seguire,
a tono, i comandi dei centri nervosi. Lui cercò di nasconde-
re le sue mani tozze e screpolate e si sentì umiliato per il
viso giallastro, floscio, appena appena rinvigorito da una
lozione da supermercato. L’uomo parlava piano, tambureggian-
do con le dita sul piano di cristallo lucidissimo. Gli ogget-
ti dello scrittoio, naturalmente in pelle, esalavano la paca-
tezza di chi non ha problemi. Da una porta, di cui non s’era
accorto, fece il suo ingresso un tizio con una ventiquattro-
re nera, fotocopia dell’uomo. La posò sulla scrivania, fece
scattare le cerniere e mostrò all’uomo il contenuto. Nessu-
na emozione trasparì dai loro volti. Le mani dell’uomo tira-
rono fuori tre pacchetti di banconote. I biglietti di banca
erano nuovi di zecca con un fruscio schioppettante di carta
vergine, spianata come la corsia di un’autostrada. Dai maz-
zetti levitò un odore di opulenza oscena da colpire la boc-
ca dello stomaco. Un tremendo impasto di colori e di odori
da eccitare l’olfatto. Un Dio potente e onnipresente, impie-
toso e vendicatore. Non trovò di meglio che vomitare sul de-
naro, lordandolo di tutto lo schifo di cui era capace. Fuggì
via e il potere, stavolta, crollò!