I racconti "brevissimi di Energheia"

I brevissimi 2023 – Si è spenta la musica, Ilenia Emma Loiudice_Altamura(BA)

Anno 2023, tema: La primavera

“Maggio è un mese di merda per ricominciare
cominciare a tornare
cominciare a guardare
mille sogni negli occhi
un paio di occhiali rotti
e una canzone da fare…”

È un giorno di metà maggio, le lancette scandiscono accuratamente il tempo
rimasto. Il mio passo è sempre più svelto e io sempre più impacciata. L’aria
inizia a mancarmi, i polmoni si gonfiano affannosamente, il battito del cuore
aumenta vertiginosamente, le porte si aprono e un dolce calore mi avvolge,
accompagnandomi al solito posto: anche oggi sono riuscita a non perdere il
treno. Amo rannicchiarmi sui suoi sedili blu e osservare le persone attorno a
me: il loro taglio di capelli, il modo di vestire, gli atteggiamenti, focalizzandomi
su ogni piccolo dettaglio che possa parlarmi della loro persona, della loro vita,
cimentandomi nell’;immaginare dove sono diretti e qual è il motivo per cui
sono sul treno numero 260, delle 9:15. Al contrario, l’;unico dettaglio che non
è frutto della mia
immaginazione è dove quel treno stia portando me: l'aula 3 del
Conservatorio.
Ho conosciuto la musica quando avevo solo sei anni e frequentavo la prima
elementare, per gioco ho iniziato a suonare, riversando su di lei, con il tempo,
la motivazione per cui alzarmi la mattina. Negli anni sono stata la
protagonista di questo legame, fin quando la musica ha iniziato a richiedere
tutte le mie energie, allontanandomi dalla vita reale, diventando una magica
ossessione a cui riesco a tenere testa a fatica. Mentre i miei coetanei
trascorrono il tempo in locali notturni, con tavolini colmi di cocktail
disgustosamente caldi e dolci, con cui amano soffocare la coscienza per
distrarla da prospettive irraggiungibili, io trascorro le notti in compagnia del
mio violino, ripetendo
per centinaia di volte lo stesso pezzo, badando alla perfetta intonazione di
ogni singola nota che oscilla nell’aria fresca e attraversa il cupo cielo.
In lontananza un rumore fastidioso, lo stridore delle rotaie e il fischio del treno
,mi smuovono dalla dimensione di incoscienza in cui ho trascorso il viaggio;
mi rimetto in piedi, accingendomi a scendere alla fermata. Gli occhi mi si
chiudono quasi meccanicamente quando incrociano il sole che con il suo
calore accarezza la pelle delle mie nude braccia, sfiorate dalla tiepida brezza
mattutina. Ho sempre odiato maggio, la frenesia della primavera inoltrata, i
buoni propositi fatti solo per illuderti di diventare migliore di come sei, le
promesse che verranno infrante come le onde del mare sugli scogli spinte dal

vento della stagione estiva imminente. Questa volta però è anche peggio,
perché ho vent’anni e in pochi mesi tutto è cambiato.
Arrivata in conservatorio, le pareti bianche dell’aula iniziano a starmi strette, il
soffitto in
legno scuro mi opprime, la luce proveniente dalle finestre quasi infastidisce la
mia buia anima e quella stanza, il mio luogo sicuro fino a tre mesi fa è
diventato la prigione da cui cerco di evadere… da quando Tommi è morto. Da
quando Tommi è morto mi è successa una cosa inquietante, riesco a
piangere solo in questa aula. Non ho pianto quando sono corsa in ospedale
alle quattro del mattino, né quando ho corso tre rampe di scale per
raggiungere il piano interrato .Non ho pianto quando ho visto il suo corpo
senza vita, non è scesa una lacrima nemmeno al suo funerale, con i parenti,
gli amici e una marea di persone che non avevo mai visto. Non ho pianto
neppure quando, scorrendo
ingenuamente la galleria del telefono, ho rivisto i video buffi che amavamo
farci a vicenda. Da quel giorno è come se i tre anni di relazione si fossero
racchiusi nell’immagine del suo cadavere, sento la sua presenza
nell’ambiente, o forse semplicemente è un’illusione sensoriale, le sue dita che
scivolano sulla tastiera del violino, delicate. Mi tiene stretta a sé e i suoi occhi
mi scavano dentro, mi ricordo quella sensazione, mi piacerebbe riviverla un
giorno. C’è solo un modo per rimettere le redini ai miei sentimenti, esco
dall’aula e solo allora mi sento meglio, quasi come se mi fossi liberata di un
peso: questa sarà l’ultima volta in cui la musica accompagnerà il mio dolore.