I racconti "brevissimi di Energheia"

I brevissimi 2016 – Le pasticche magiche di Silvia Seracini, Ancona.

Anno 2016 (I sette peccati capitali – la gola)

 

scogli7Come sempre aveva faticato ad allacciare i cinturini delle sue scarpe preferite. Stavolta però non aveva portato con sé Merilù, per risparmiarle quello spettacolo.
Sulla soglia l’aspettava la signora Gina, impeccabile in nero.
“Sta’ qua bona, che torno subito”, poi si era persa fra le ombre in fondo al corridoio.
Non le piaceva l’odore di quella stanza e aveva cercato di soffocarlo con lo stridio dello sgabello trascinato sul pavimento.
“Eccomi”
L’altra aveva annuito appena, ad occhi chiusi. I capelli arruffati dal bianco, si era sfilata invisibili anelli dalle dita nodose e aveva preso a dirigere l’orchestra che accompagnava il suo rantolo di gola.
Una volta, l’abile soprano dalla voce di cristallo era stata di certo molto bella. Ora però sembrava come appannata dalla vita mentre oscillava piano la testa, seguendo il tempo indicato dal pentagramma dei disegni d’aria delle sue braccia rinsecchite, impegnate nell’ouverture.
Alla bambina faceva paura vederle muovere così, eppure come sopportare di immaginarle ferme? Per una fredda frazione di secondo la vide morta, giacere fra le sete azzurre di un sarcofago di faggio, e anche così, immobile e di cera, continuava a seguire il pulsare impercettibile di quelle mani. Un battito lieve, le ali di mille sottili farfalle bluastre intrappolate sotto la pergamena chiazzata della pelle, nel ricordo amarognolo del profumo emanato dalla candida scollatura, dall’incavo perfetto delle braccia, dai capelli ondulati.
“Mmmstgh i ghenti.”
“Bisnonna, che dici?” Colse l’occasione per avvicinarsi alla grande finestra regolare, asfissiata dal broccato.
“Scosto le tende?”
Lei si voltò a fatica e fra le rughe degli occhi socchiusi fulminò la nipote che, nell’oscurità, non si era accorta di strofinare forte il piccolo pugno sul rivestimento dello sgabello: un velluto che rimaneva compatto al seguire la scia dei movimenti di quelle braccia fiaccate dall’ultima fantasia di una fuga, finché le mani si aggrappavano al freddo delle sbarre del letto.
Allora era il momento della medicina.
Aprì la manina, che sprigionò un aroma così intenso da stordirla. Leccò il palmo, impiastricciandosi il naso e la bocca dei resti di una caramella quasi liquefatta.
Al filo di caldo e dolce che le scivolava per la gola, subito si calmò.
Era il suo segreto: fra un movimento e l’altro di quegli assurdi concerti, si azzardava a succhiare una mentina. Le pasticche, tonde e lisce, assumevano un sapore diverso ogni volta, perché ogni volta era diverso il modo di schiacciarle sul palato, o di succhiarle, o di passarle senza quasi sfiorarle da un lato all’altro della bocca. Un Adagio, ad esempio, poteva richiedere di rotolarle molli sulla lingua, mentre con un Allegro era pressoché impossibile resistere dal mordicchiarle un po’.
“Mmmstgh i ghenti.”
“Hai fame, bisnonna cara?”, cincischiò gli ultimi pezzi di zucchero che tentava di disintegrare fra le gengive.
L’anziana socchiuse gli occhi a rimproverarla, piccata dall’interruzione di un’esecuzione quasi perfetta. Un fremito, un capriccio. Poi un accenno di sorriso, fuori dai denti che giacevano nel bicchiere a fianco.
La piccola scappò prima che terminasse l’effetto tranquillizzante della medicina.
Sulla soglia quasi si era scontrata con la signora Gina, che portava un lenzuolo pulito fra gli avambracci rossi dalla fatica. “I veci porta la morte davanti e i zòvani de drio”, aveva scosso la testa.
Di nuovo nella sua cameretta, dall’altra parte del corridoio, aveva riposto le scarpine bianche.
“Piccola Merilù, non ti preoccupare: adesso la signora Gina è tornata dalla lavanderia e ci pensa lei alla bisnonna”, disse mentre sollevava la bambola e la stringeva forte.
“Fai la nanna tranquilla.”
La rimise giù per farle chiudere gli occhi e annusarne le ciglia: le piaceva l’odore delle cose buone di cui la circondava. Tastò il lenzuolino della culla per accertarsi che là sotto, sepolte fra i sacchettini di lavanda, fossero rimaste altre caramelle.