I racconti "brevissimi di Energheia"

I Brevissimi 2025 – Il canto della sirena, Ugo Criste_Genova

Anno 2025 (Le stagioni: Estate) – finalista

Arrivai a Scilla che era mattino inoltrato. Avevo viaggiato, con il treno, parte del pomeriggio e per l’intera notte, e nell’ultimo tratto di percorso mi ero affidato alle linee sub-urbane. Salendo sulla corriera mi ero sistemato dalla parte del finestrino e osservavo il mare. Si sa, il mare si muove libero, non ha confini. Di conseguenza il mare della Calabria è lo stesso mare della Liguria. Tuttavia, non è proprio così. Perché il mare dello Stretto è un’altra cosa. Ha un movimento diverso. Sembra che sia compresso fra il continente e la Sicilia, ma a guardarlo con attenzione si comprende piuttosto il contrario. È lui a tenere l’isola separata dal Continente. Come se avesse la deliberata intenzione che l’eventuale matrimonio fra le due terre non s’avesse a che fare. A volte, sornione, il mare si fa quieto e allora in quel momento l’isola s’illude di potersi finalmente unire alla terra ferma; lei non è una terra ferma, ma una zolla in balia dei capricci della corrente. Poi il mare si scuote. E ogni cosa ritorna al proprio posto.

Tuttavia, non ero sceso a Scilla per compiere simili acrobazie naturalistiche-filosofiche. Ma per adempiere un impegno; attraversare lo Stretto a nuoto nelle due direzioni e a cavallo fra la primavera e l’estate. Quella promessa l’avevo fatta a Bianca. Lei di origine era siciliana, io calabrese. Vivevamo a Genova. Tutte le sere nuotavamo nella medesima piscina. Non notarla sarebbe stato impossibile. Persino la sua scia era diversa da quella degli altri; sembrava che emettesse sciami di lucciole. Da come si può intuire ne ero innamorato. Io per lei, invece, ero un buon amico. Sempre in amicizia ci frequentammo anche fuori dalla piscina. Insieme si andava al mare; cullavamo di compiere, assieme, un’impresa. Poi qualcosa in lei si ruppe. Il suo sangue impazzì, e non dico altro. Me lo chiese lei di affrontare a nuoto lo Stretto nelle due direzioni; assolvere così il progetto che si eravamo prefissati, e di farlo all’alba dell’estate e nuotando sotto il cielo stellato.

Entrai in mare dalla spiaggia di Scilla. Sull’arenile scorsi dei ragazzi che, attorno a un fuoco improvvisato, suonavano la chitarra. Nel cielo la luna si era vestita a festa e con luce riflessa illuminava, a tratti, il mare. Era circa un’ora che con le braccia mulinavo quando sentii avvicinarsi una pilotina a motore. Si accostò, poi sentii una voce. Ciao campione, mi disse quella voce. Voltai la testa e come conferma, dei miei sensi, mi venne incontro il sorriso di Bianca. Non fermarti, mi disse, non perdere il ritmo. Tu che ci fai qui, le dissi come confuso. Non avrai pensato che ti lasciassi in mezzo al mare, e in piena notte, e da solo. Il mare dello Stretto, continuò, induce a smarrirsi, persuade i naviganti che la direzione da prendere sia il mare aperto, perché ciò non avvenga ti occorrono giuste motivazioni. Non potrà accadere, le risposi, chi mi guida è una luce che non si spegnerà mai, più affidabile della Stella Polare. Lei non rispose. Per togliere l’imbarazzo che le mie parole avevano arrecato, dissi, potresti lanciarmi una gomena e trainarmi. Non fare il furbo, disse illuminando con il suo sorriso l’intero mio Mondo, ecco mentre nuoti ti canterò Marinella di De André. Accompagnato dalla sua voce arrivai in Sicilia senza neppure vederla avvicinare. Come un automa voltai e puntai su Scilla. Mentre le mie braccia aravano fra le onde mi accorsi che invitato dalla melodia del suo canto su ogni increspatura del mare cominciò a riflettersi la sua immagine e dal mio corpo sentii defluire la stanchezza. La sentii cantare sino quando le mie mani toccarono la rena, della spiaggia di Scilla, da cui ero partito. Mi sollevai. Mi girai. Diressi lo sguardo in direzione dello Stretto; solo piccole e tremolanti luci annunciavano la presenza della Sicilia. Erano le prime ore dell’estate e sulla battigia ancora si alzava, dal falò ormai spento, un sottile filo di fumo.