I Brevissimi 2025 – Finita è… l’estate, Sara Palmieri_Ravenna
Anno 2025 (Le stagioni: Estate) – finalista
Finita Aiello aprì il vecchio ombrellone di tela a righe bianche e verdi, posizionò la sdraio sdrucita, posò la borsa con il costume di ricambio, aprì lo sgabello di legno su cui sistemò i giornali. E fu così pronta ad affrontare la calda giornata estiva in quella lingua di spiaggia che rimaneva tra i due bagni ancora dormienti ma che presto si sarebbero popolati di gente e invasi da una musica intensa e assordante.
Nonostante gli anni passati e gli inevitabili cambiamenti, quella restava la sua spiaggia. La stessa con cui da bambina si recava con i genitori. Allora andare al mare prevedeva delle consuetudini, quasi dei riti irrinunciabili per ogni bambino: i giochi, il bagno ad almeno due ore dall’ultimo pasto, il cambio del costume (dal due pezzi all’intero), la colazione e il riposo. Poi di nuovo a casa. Tutto questo era cambiato nell’adolescenza: basta cambi di costume, bagni a go-go senza badare ai pasti, partite di pallavolo, gettoni nel juke box per ascoltare la canzone preferita e passeggiate infaticabili su e giù lungo la battigia con le amiche per lanciare occhiate furtive a quello che sarebbe diventato l’innamorato del momento.
Poi si era sposata e aveva avuto una figlia. Scendere al mare significava fare un piccolo trasloco: pannolini e di nuovo doppi cambi, giocattoli, palle, palline e perfino un bidoncino pieno d’acqua da scaldare al sole con cui risciacquare la bambina dopo il bagno al mare perché allora la spiaggia non aveva ancora le docce. Non poteva più fermarsi a lungo come avrebbe voluto e anzi, alle 11, prima che arrivasse il solleone, caricava la bambina nel seggiolino dell’auto e i “bagagli” nel baule e tornava a casa. Era ancora viva sua mamma, come lei amante dell’estate e della spiaggia, che la aiutava in quella che era una piccola ma sempre piacevole fatica quotidiana.
Il marito non amava il mare e rimaneva a casa ma era meglio così; le poche volte che la accompagnava stava seduto tutto il tempo sotto l’ombrellone a lamentarsi del caldo e di quanto fosse noiosa la vita di spiaggia.
La figlia si era sposata ed era andata a vivere lontano e Finita aveva ricominciato ad andare al mare come piaceva a lei, intere giornate sdraiata al sole, lunghe nuotate nel mare liscio come l’olio o tuffi spericolati nel turbinio delle onde.
L’estate, il mare, Finita: un terzetto irrinunciabile e molto affiatato.
Ora era diventata vecchia e sola, ma l’estate e il mare restavano con lei come fidi compagni del suo lungo viaggio chiamato vita.
Amava scendere al mattino presto, prima che il mondo della spiaggia sprofondasse nel caos. Verso l’una la gente andava via; pochi sopportavano il solleone come lei e pochi come lei ne godevano. Ascoltava i discorsi della gente, raccoglieva i sassolini più strani, camminava nell’acqua e raggiungeva il fiume che si gettava nel mare, passando il guado e apprezzandone l’acqua gelata perché giovava alla circolazione.
Nei primi anni da anziana le capitava di incontrare le amiche e fare quattro chiacchiere. In seguito, diventata una “grande” anziana, non incontrava più nessuno, alcune amiche erano morte, altre erano entrate in casa di riposo, altre ancora erano andate ad abitare con i figli.
Finita aveva la mente lucida e le gambe buone. Metteva ancora il bikini perché magra (in verità anche ossuta) e riteneva di poterselo permettere; l’estate e il mare le davano la stessa gioia dei vent’anni.
Chiudendo gli occhi alla brezza del mare ripercorreva il suo passato; offrendo il viso e il corpo al sole, incurante di ogni consiglio medico sui danni della selvaggia esposizione che lei praticava da sempre, poteva rivedere se stessa bambina, ragazza, mamma, moglie e nonna di un bambino che le faceva rare visite.
Di tutti quegli anni cosa le era rimasto? Solo il piacere dell’estate, di questa stagione che comincia, finisce, ritorna. Non aveva mai amato il suo nome, Finita, chissà com’era venuto in mente ai suoi genitori, però le aveva portato bene. Perché Finita E’ l’estate, un sogno senza fine.




