I Brevissimi 2025 – Estate, Melissa Cerbella_Roma
Anno 2025 (Le stagioni: Estate) – finalista
L’estate era aria di sale, spiagge d’oro e granchi burloni. Era l’abbraccio del tramonto; arancio, giallo, rosa e azzurro, come gli occhi del nonno e le pareti della sua villa, in cui passavo ogni estate. Era lo sdraio nel portico e il libro delle fiabe scritto da lui. Ma dal giugno di quell’anno tutto sarebbe cambiato. Le risate e le storie del nonno sarebbero scomparse e, improvvisamente come la sua morte, l’estate si sarebbe spenta in un nero oblio. A questo pensavo mentre viaggiavamo verso la costa, ma non potevo dirlo a Ida.
“A che pensi?” mi chiese, guardando fuori dal finestrino.
“A niente.” mentii, perché dovevo essere forte per mia sorella. Ero il maggiore, mi ero preso il fardello della morte di nonno per primo e lo portavo sulle spalle da mesi, ma il peso si era aggravato: dovevamo vendere la casa. Mi ero sempre chiesto come vedessero il mondo gli adulti e quel giorno l’avevo capito, osservando semplicemente le nuvole nel cielo, in cui Ida vedeva mille forme e io solo acqua condensata. Non potevo trascinarla con me, aveva solo otto anni. “Distraila” mi aveva detto la mamma “Non capirà che stiamo vendendo la casa.” io avevo annuito, anche se sapevo che Ida era piccola, non stupida.
Per questo avevo portato Ida sulla spiaggia a giocare a palla. Quella sera il vento increspava l’acqua, riflettendo uno spettro di colori simili a quelli della villa poco lontana.
“Nino”, cominciò Ida, passandomi il pallone di plastica. “Nonno ci aveva promesso una caccia alle sirene, ricordi?” Il mondo si fermò.
“Le sirene non…” Non potevo dirlo. Guardai la palla dai colori così accesi che sembravano prendersi gioco dei miei sentimenti. Mi tornarono in mente le parole del nonno che ci raccontava di creature magiche e del mercato nero delle conchiglie colorate, ma subito dopo sovvennero quelle di papà: “Il nonno dice cose insensate, è malato.” Una lacrima calda minacciò di scendere. Scossi la testa e lanciai la palla, ma una forte folata di vento la portò via.
“No!” gridò Ida, ma la palla era già volata lontano fra gli scogli, verso il mare rosa del tramonto. “Ce ne serve un’altra” disse andando verso la strada che portava alla villa, ma io la fermai giusto in tempo, prima che vedesse l’agente conversare con i nostri genitori nel portico. “La recupero io.” dissi, andando verso il mare. La ricerca fu più difficile del previsto, fino a che fui attirato da una strana sensazione. Di quel momento ho solo sprazzi di ricordi confusi: un guizzo d’acqua scintillante, una coda squamosa e una mano che mi salutava lontano. Quando abbassai lo sguardo, la palla era ai miei piedi, con un libro che riconobbi subito: le fiabe di nonno.
“Nino!” sentii la voce di mamma e tornai sulla spiaggia.
“Non possiamo vendere la casa.” disse papà e il mio sguardo andò verso Ida, abbastanza lontana da non sentire. Mio padre mi guardò e la sua espressione si addolcì nel momento in cui mi resi conto di star piangendo, lacrime calde e dense mi scivolavano sulle guance. Guardai il libro che avevo in mano. Non potevo abbandonare quel posto e i miei ricordi, nonno non avrebbe voluto. Temevo di dimenticare. Di dimenticare lui.
“Nonno ti ha lasciato in eredità la casa e noi non faremo nulla finché non sarai abbastanza grande per decidere legalmente.” mamma mi abbracciò. Non l’avrei venduta.
“Ti ha ceduto un’altra cosa.” continuò papà triste. “Un libro di fiabe, ma non siamo riusciti a trovarlo.” Mi sciolsi dall’abbraccio e feci vedere il libro, che lasciai sulla sabbia per correre verso Ida e buttarmi in mare a giocare con lei, alla luce del tramonto più colorato di tutta la mia vita.
Non seppi mai se quella che vidi fu una sirena o solo frutto della mia immaginazione, ma presto capii che era quello che il nonno non voleva che perdessi mai: la mia fantasia. Non ho mai raccontato a nessuno di quello che ho visto quella sera, fino a oggi.
“Ecco.” dico ai miei nipoti, alzandomi dallo sdraio nel mio portico azzurro. “Ora armatevi di fantasia miei cari, si va a caccia di sirene!”




