I Brevissimi 2025 – Bianco, Nicolò Pezzuti_Venezia
Anno 2025 (Le stagioni: Estate) – vincitore
Nel buio prima dell’alba, Claudio si alzò in silenzio.
In cucina preparò due tazze di latte con biscotti e un thermos di caffè. Poi entrò nella stanza di Giacomo.
Una carezza. Un bacio sulla fronte.
– Papà?
– Andiamo in spiaggia.
– Che ore sono?
– Quasi le cinque. Non abbiamo tempo da perdere.
– Ma non c’è neanche il sole…
– Fidati di me.
Il bambino si vestì in fretta, senza entusiasmo.
Uscirono in bicicletta. Cinque minuti di pedalata nel silenzio. L’aria profumava di sale e attesa.
Sulla spiaggia, la sabbia era fredda mentre il mare taceva.
– Papà, ma è ancora tutto scuro…
– Ancora per poco, piccolo.
Camminavano lentamente lungo il bagnasciuga.
Un gruppo di gabbiani stava fermo sulla riva, rivolti verso il mare.
– Aspettano il sole – sussurrò il padre.
Proprio in quel momento, un filo di luce spuntò all’orizzonte.
Minuscole sagome dalle chele sollevate si muovevano sulla sabbia bagnata.
– I primi granchietti, sembrano salutarci! Ma perché siamo venuti in spiaggia così presto?
– Perché oggi è il solstizio.
– Che cos’è?
– È il giorno più lungo dell’anno.
– Cosa succede?
Claudio abbassò la voce.
– Se te lo dico, svanisce la magia. Vuoi un indizio?
– Sì!
– Bianco.
– Bianco come le nuvole?
Claudio sorrise.
– Sì, figlio mio. Come le nuvole… e forse qualcosa in più.
Un vento caldo si alzò dall’acqua.
Le onde tremavano sotto la luce nascente.
Dove il mare baciava la sabbia, cominciò a formarsi un arcobaleno.
Sottile all’inizio, poi pieno, netto, brillante.
Giacomo restò immobile, con gli occhi spalancati.
Claudio gli sfiorò la spalla.
– Vedi, amore… a volte il mondo si lascia piegare ma solo nei giorni speciali.
Quindi strinse la mano di Giacomo.
– Vieni, saliamo.
– Saliamo… dove?
– Sull’arcobaleno.
– Ma… non si può!
– Quando la salita è difficile, il mio compito di padre è aiutarti.
Claudio mise il piede sulla striscia verde e lo tirò per mano.
Il bambino, tremando, fece un passo.
– Papà… ho paura.
Claudio lo prese sulle spalle.
Appena iniziarono l’ascesa, sussurrò:
– Il coraggio si impara anche così.
Salivano. Il mare sotto diventava piccolo. I gabbiani volavano accanto, come guide.
Percorsero alcune decine di metri.
Giacomo cominciava a pesare.
Claudio rallentò, poi si fermò.
– Scendi, tesoro: ora devi camminare con le tue gambe. Io ti terrò per mano.
Il bambino annuì e si lasciò scivolare giù.
Dall’arcobaleno stavano svanendo gli archi esterni: prima il viola, poi il rosso.
Proseguirono la salita, fianco a fianco.
– Papà… sono diventato più bravo di te – disse Giacomo.
Ora camminava da solo, sembrava meno stanco del padre.
Di tanto in tanto si voltava, controllando di non distanziarlo troppo.
Anche l’arancione e l’indaco, nel frattempo, erano spariti.
Arrivarono in cima all’arcobaleno.
Giacomo si voltò.
Il padre, ormai curvo, con i capelli bianchi e il volto segnato dalle rughe, lo fissava con dolcezza.
Un istante di silenzio. Poi Giacomo parlò.
– Padre… ora c’è solo il raggio centrale, ed è strettissimo. Come facciamo a continuare insieme?
Claudio accennò un sorriso, intriso di orgoglio, nostalgia e benedizione.
– Io mi fermo qui. Ti ho aiutato nella salita. Ora la discesa è tua.
– Allora ti porto io sulle spalle, adesso!
– No, rischieremmo di cadere entrambi.
Giacomo abbassò lo sguardo.
– Ma… ci rivedremo?
– Chi lo sa. Ti chiedo una sola cosa: percorri questa discesa come uno scivolo senza voltarti mai. Io sarò accanto a te, invisibile ma presente.
– E l’indizio? Perché il bianco?
Claudio sorrise, con gli occhi lucidi.
– Perché il bianco è la somma di tutti i colori dell’arcobaleno, anche di quelli che non si vedono più: svaniti lungo il cammino, ma ancora presenti. Sempre.
Giacomo fece un passo avanti e osservò l’orizzonte. Una linea sottile. Quasi invisibile.
Poi si lasciò andare lungo la discesa.
Il vento gli scompigliava i capelli come una carezza.
E lassù, dove il cielo diventava mare, Claudio era ovunque:
nel riflesso delle onde,
nel bianco della schiuma,
nel calore della luce che ora avvolgeva tutto.
Non c’era più bisogno di parole.
Perché il padre era diventato estate.




