Aimed To Kill, Sarah Bonsignore_Palermo
Racconto vincitore trentunesima edizione Premio Energheia – 2025
Miglior racconto per la realizzazione di un cortometraggio – 2025
La luce dei lampioni sfarfallava inghiottendo il piccolo quartiere di periferia e le nubi calavano minacciose sulla città. Dall’interno del Clove’s provenivano voci esultati emesse da sorrisi ubriachi e Nymeria, a pochi passi dall’entrata, teneva le braccia conserte.
L’aveva visto scendere dalla moto ed entrare spavaldo nel locale, e Nymeria aveva usato tutto l’autocontrollo che possedeva per non seguirlo e piantargli un coltello alla gola.
Sbuffò. Quanto tempo avrebbe dovuto aspettare?
Rivolse un’occhiata al suo orologio e, dopo, la musica all’interno del locale si rovesciò sulla strada. Alzò il volto e lo vide. Il ragazzo teneva un braccio stretto sulle spalle minute di una ragazza e, man mano che la presa si faceva più forte, il corpo di lei tremava. Il ragazzo si portò una sigaretta alle labbra. La ragazza disse qualcosa. Il ragazzo s’irrigidì e, velocemente, il braccio gli ricadde lungo il fianco per afferrarle un polso. La ragazza provò a opporre resistenza ma non bastò e lui la trascinò in un vicolo nonostante lei gli stesse urlando di fermarsi.
Nymeria strinse le labbra. Si sollevò dal muro in ombra e iniziò a seguirli.
«Fermo!»
La voce della ragazza risuonò così fragile che, per un attimo, Nymeria ritornò bloccata sul letto di quel motel da due mani aggressive. Svoltò l’angolo e il suo cuore si fermò. I polsi della ragazza erano tenuti fermi sopra la sua testa da una mano di lui mentre con l’altra s’intrufolava sotto la maglietta. Le strinse un seno. Infilò una gamba tra quelle di lei per aprirgliele quanto bastava per spingere il pube contro di lei.
Nymeria tese le labbra. Prese dal suo zaino la siringa, il liquido del sedativo che galleggiava al suo interno, e si avvicinò. La ragazza chiuse gli occhi. Nymeria affondò l’ago della siringa nel collo chino del ragazzo e, quando il liquido finì dentro di lui, cadde a terra.
C’era una ventola che vibrava sul suo capo. Una luce pallida illuminava il centro della stanza e delineava i tratti addormentati del ragazzo seduto sulla sedia, il volto chino e la schiena piegata in una posizione scomoda.
Quando aprì gli occhi sentì una fitta alla testa. La sua vista era opaca, dovette sbattere le palpebre per distingue le figure ma, facendolo, scoprì di riuscire a vedere solo il buio.
I suoi occhi vagarono intorno a sé. Distinse solo i contorni di una piccola finestrella alla sua sinistra e, dopo un po’, iniziò a sentire uno strano odore. Fece una smorfia. Venne scosso da un giramento di testa e dovette chiudere gli occhi. Poi, li riaprì. Provò ad alzarsi ma facendolo trasalì per il dolore. Provò di nuovo. La sua pelle sfregò contro una corda spessa e, quando fece per sollevarsi sulle gambe, i piedi minacciarono di uscire dalle scarpe.
«Biadesivo. Carino, vero?»
Una voce rimbombò nella stanza e Liam rabbrividì. In fondo, una piccola fiamma si accese per poi spegnersi. Si sentì un sospiro e un odore acre prese ad espandersi nell’aria.
La voce iniziò a camminare. Lui deglutì, la sua vista divenne sfocata.
La punta di alcuni stivali giunse davanti ai suoi occhi. Il suo sguardo iniziò a risalire lungo le gambe slanciate, i fianchi e il seno della figura. Le sue spalle erano coperte da una giacca di pelle e, quando il volto di lei venne alla luce, Liam s’irrigidì.
La donna inclinò il capo. I suoi occhi lo scrutavano severi e con due dita reggeva fiaccamente una sigaretta. Fece un tiro.
«Sì», il fumo uscì dalla sua bocca fitto come nebbia. «Hai sempre quella faccia da idiota.»
La sedia si reclinò e Liam sussultò. Chinò lo sguardo e si accorse che Nymeria stringeva il capo della corda, l’altra estremità ben salda ad una gamba della sedia.
Alzò lo sguardo e la donna fece un passo.
«Vedo che non ti ricordi di me» constatò inclinando il capo. «Peccato che io mi ricordi di te.»
«Ti conosco?»
Lei non rispose.
Liam fece un sospiro. Osservò quel volto, il modo in cui i capelli corvini le facevano risaltare gli zigomi. Aveva uno sguardo affilato e, per un attimo, rivide la ragazza dagli occhi grigi che lo pregava di fermarsi, quel corpo nudo e candido che si contorceva sotto di lui. Incontrò lo sguardo della donna e qualcosa si fermò.
No.
Non è possibile.
«Nymeria…»
La sua guancia bruciò quando gli diede uno schiaffo. La mandibola di Nymeria si serrò e la stretta sulla corda s’intensificò così tanto da far risaltare il pallore delle nocche. La sigaretta cadde a terra.
«È così che mi saluti, Nym?»
Gli occhi di Nymeria divennero scuri. Gli diede un altro schiaffo e, questa volta, non attese che lui si voltasse. Gli afferrò il mento e, quando finalmente poté guardarlo negli occhi, la sua mano scese sul suo collo. Lo strinse, non abbastanza forte da farlo annaspare, ma quanto bastava per reclinargli il capo e guardare il viso dei suoi ricordi.
Liam deglutì. O almeno ci provò.
«Cosa credevi di fare con lei?»
«Sei gelosa?»
Nymeria rafforzò la stretta sul collo di lui e Liam annaspò.
«Non provocarmi, Conrad. Non sei nella posizione per farlo.»
Lui aprì la bocca e la mosse come a pronunciare qualcosa, ma da lui uscirono solo rantoli patetici. La mano di lei premette sul suo collo fino a tingergli la pelle di un tenue giallo. Eppure, nonostante il volto tinto di morte, i suoi occhi continuavano a brillare di sfida, come se volesse dimostrarle che non avrebbe fatto nulla. Era lui al comando, esattamente come quella notte.
Liam boccheggiò. I suoi occhi si tinsero di nero e Nymeria allentò la presa.
«Cosa…» deglutì e una smorfia di dolore gli increspò il volto. «Cosa vuoi da me?»
Era così patetico legato ad una sedia, con quegli occhi da bastardo pieni di lacrime. Forse era questo che lui aveva provato quella notte. Forse vederla nuda e piangente sotto di lui lo aveva divertito.
«Credevi davvero che l’avresti fatta franca?» Liam le rivolse uno sguardo accigliato, lei strinse di nuovo la mano sul suo collo. «Dopo quello che mi hai fatto davvero pensavi che ti avrei lasciato stare?»
Lui deglutì. I suoi occhi si chinarono e Nymeria sentì la testa pulsare.
«Ti sei approfittato di me. Mi hai stuprata.»
Lei attese qualche istante ma gli occhi di lui rimasero chini.
Nymeria lasciò andare il suo collo e raddrizzò la schiena. Le gambe della sedia sbatterono sul pavimento facendo sussultare il ragazzo.
«Ti ho cercato per molto tempo» prese a camminare intorno alla sedia. «Credevo avessi lasciato la città ma poi mi sono detta che non era possibile. D’altronde, tu non avevi fatto nulla di sbagliato e, anche se io ti avessi denunciato, nessuno mi avrebbe creduto. Quindi dovevi essere per forza qua, da qualche parte. Ho iniziato a cercare informazioni su di te e, dopo aver scoperto dove abiti, ho iniziato a seguirti. Aspettavo il momento giusto per agire. È stata una fortuna trovarmi vicino quel pub, devo dire.»
«Vuoi uccidermi?»
Lei si fermò. Rivolse una rapida occhiata alla testa china di Liam, i capelli sporchi e intrisi dell’acqua putrida che avevano raccolto mentre aveva trascinato il suo corpo inerme lungo la strada.
«Inizialmente volevo solo farti spaventare. Volevo che mi temessi» riprese. «Poi ti ho visto con quella ragazza. Ho pensato alle tante donne che hai portato in una sudicia camera di motel. Ho fatto due conti e mi sono accorta che non sei solo uno stronzo.»
«Vuoi vendicarle?»
Nymeria raggiunse le sue spalle. Si chinò. Quando il suo respiro gli accarezzò l’orecchio lui trattenne il fiato.
«Ho pensato a tutti i modi in cui potevi morire, Conrad. A come potevo ucciderti. Ho sognato di ficcarti in testa una pallottola e appendere il tuo corpo al lampione di fronte casa tua. Ma è rude» dalla tasca della giacca uscì il pugnale e, quando la lama sfiorò la mascella di Liam, il gelo ricadde sul corpo di lui. «Troppo… semplice. Morire per un proiettile, intendo. E tu hai bisogno di un trattamento migliore.»
La lama affondò nella carne del suo collo e venne accolta da un gemito spezzato. Il sangue si riversò sulla mano di lei. Il volto di Liam fece per chinarsi ma Nymeria gliel’impedì. La lama affondò ancora un po’ e lei la mosse lentamente lungo il collo di lui.
«Come ci si sente, Conrad?» gli sussurrò. «Come ci si sente ad essere un tale bastardo?»
«Ny…Nymeria…»
Allontanò il pugnale dal collo. Il capo di Liam ricadde in avanti. Gemeva aiuto e, un rantolo dopo l’altro, la sua pelle impallidiva sempre di più. Piccole linee blu gli percorsero il viso e il gelo iniziò a ricoprirlo.
Nymeria s’inginocchiò. I suoi occhi incontrarono quelli moribondi di Liam. Lo sguardo che gli rivolse fu gelido.
«Tu…»
La lama affondò nel suo petto. Nymeria la fece roteare nel suo cuore e lui urlò. Il sangue gli sporcò la maglietta bianca e dalla sua bocca iniziò ad uscire lo stesso liquido scuro.
Nymeria si alzò in piedi. Mollò la corda, e la sedia, come obbedendo alla sua volontà, cadde a terra. Si avvicinò a quel corpo sofferente e, quando s’inginocchiò, Liam Conrad esalò l’ultimo respiro.
La voce del telecronista recitava monocorde il suo copione di notizie con lo sguardo distante quando Nymeria accese la televisione.
Si accomodò sul logoro divano con una sigaretta tra le labbra e i capelli raccolti in una coda spettinata, e il fumo uscente dalla sua bocca le rese fittizio quel volto di mezz’età.
Nymeria fece un tiro così lungo da far rimanere solo la cicca. Si chinò sul tavolino di legno ammuffito e, quando premette la punta della sigaretta sul posacenere, uno scarafaggio zampettò fino alla piccola ciotolina di terracotta. Lei inclinò il capo e, quando l’insetto giunse vicino al pacchetto di sigarette, prese il coltello che usava per tagliare la carta e lo trafisse. Una zampetta dell’insetto tremò. Nymeria alzò la lama e la gettò da qualche parte nella stanza.
Fece per andare a prendere un panno con cui pulire lo sporco, ma la voce del telecronista la fermò.
«È stato ritrovato ieri notte il corpo del giovane ventiquattrenne Liam Conrad presso il bosco dietro Mary Street. A trovare il cadavere è stato un gruppo di scout che, una volta rinvenuto il cadavere, ha informato la polizia della contea. Al momento il corpo del ragazzo è situato presso la Patologic Istitution per l’autopsia. Da un’analisi marginale, la morte sembra esser stata causata da un’arma da taglio. Tuttavia, il corpo presenta diversi lividi sul collo e un taglio alla testa. Il caso, ora, è affidato alla detective Octavia Blake…»
Nymeria sentì le ossa gelare a quel nome. Sullo schermo sua sorella stava scendendo dalla macchina della polizia nel suo cappotto beige preferito con i capelli raccolti in uno chignon spettinato. Intorno a lei i poliziotti controllavano la zona boschiva e i fotografi inginocchiati immortalavano il corpo di Liam.
Nymeria prese il pacchetto di sigarette e se ne accese una. Le sue labbra l’accolsero e, quando fece un tiro, adagiò la schiena contro la poltrona.
«La detective Blake si sta assicurando di risolvere la questione in fretta. Gli ultimi che hanno visto Conrad sono la sorella, Michelle Conrad, e il fidanzato di lei, James Nelton Al momento, non sono stati trovati testimoni ma ogni ipotesi sul suicidio è stata scartata.»
I suoi occhi, per un attimo, incontrarono quelli di sua sorella. Circondata da giornalisti con telecamere pronte a filmare qualsiasi balbettio, gli occhi glaciali di lei sembrarono trovare quelli di Nymeria.
Nymeria posò il gomito sul bracciolo, la sigaretta pendente tra le dita.
Octavia alzò il mento e nel suo sguardo Nymeria lesse la certezza che non esiste nessun criminale in grado di scappare.
Lanciò la sigaretta sul posacenere. Il punto dove aveva ucciso lo scarafaggio ormai era il ritrovo di due mosche che si muovevano con mosse scattanti.
Fece una smorfia. Come si era ridotta a vivere così?
Si scrollò le spalle e, chinandosi, prese un’altra sigaretta. La finestra si affacciava su un vecchio giardino incolto. Lì, da qualche parte davanti a lei, la polizia stava cercando prove che potessero incriminarla. Sorrise, ma quelle labbra incurvate furono più un ghigno crudele che un’espressione di gioia.
Accese la sigaretta. Fece un tiro e, quando tornò a osservare il giardino, per un attimo vide il corpo di Conrad scavalcare il selciato.
Le mani del ragazzo si muovevano sul suo corpo lascive. La sua bocca scendeva lungo il petto, tra i seni, le sue labbra si schiudevano sul suo collo e, tra i suoi gemiti, Nymeria sentiva il bacino di lui che premeva contro il suo.
Il ragazzo fece per alzarle la maglietta, ma Nymeria s’irrigidì. Aderì la schiena contro il muro e gli prese i capelli della nuca tra le dita per tirarlo indietro. Gli rivolse un’occhiata tagliente e le labbra del ragazzo si spostarono sul suo collo, iniziando a baciarlo avidamente.
C’era uno strano odore. Nymeria sbuffò. Alzò il capo e vide del fumo alzarsi da una delle cabine dei bagni. Nel frattempo, la bocca del ragazzo era tornata su di lei.
Le morse il collo tra un bacio e l’altro e Nymeria liberò un gemito di frustrazione. Gli afferrò la maglietta e lo spinse via. Il ragazzo la guardò confuso. Sembrava sul procinto di dire qualcosa ma, quando Nymeria mise la mano sulla maniglia, il suo cellulare iniziò a suonare.
Si voltò. Il ragazzo la guardava con una strana espressione. Nymeria scrollò le spalle e prese il telefono dalla tasca posteriore dei jeans.
«Pronto?»
«Sei libera domani?» la voce di sua sorella suonò monotona e piatta, come se quella chiamata le pesasse.
Nymeria, inizialmente, non rispose. Poi chiese: «Quando?»
«Di mattina. Alle nove.»
«Per colazione?»
«Sì. Al Bakery Off.»
«Va bene. A domani.»
Sua sorella ricambiò il saluto. La chiamata s’interruppe e, quando Nymeria posò il telefono, il ragazzo mise le mani sui fianchi di lei. L’attirò a sé, affondò il volto nell’incavo del suo collo e Nymeria lo fece allontanare bruscamente.
Lui alzò lo sguardo, gli occhi spenti e assonnati. Nymeria lo scrutò per un attimo e, quando uscì, sentì il suono del corpo del ragazzo che scivolava a terra.
«Mi dovevi parlare?»
Un vento gelido pizzicò le guance di Nymeria quando Octavia posò sul tavolino la tazza di tè. Teneva le labbra strette come se si fosse scottata e, quando si tamponò la bocca con un tovagliolino, giunse le mani in grembo.
«Come stai?»
Nymeria alzò un sopracciglio. «Bene. Cosa c’è?»
«Sai a che caso sto lavorando?»
Oh, non vedeva l’ora di chiederglielo. Desiderava farlo da quando aveva preso posto sulla sedia e aveva iniziato a evitare di guardarla ma, quella semplice domanda, aveva condotto i suoi occhi sulla sorella.
«Dovrei?»
«Lavoro per il caso di Liam.»
Nymeria si accigliò. «È morto?»
«Non lo sapevi?»
Nymeria scrollò il capo e questa volta fu Octavia ad accigliarsi.
«Nymeria» eccolo, il tono che faceva sentire i testimoni in un vicolo cieco. «Se sai qualcosa devi dirmelo.»
«Perché dovrei saperne qualcosa?»
«Perché ti ha stuprata.»
«Non so nulla. Mi credi capace di uccidere?»
«No. Ma… non lo so. Magari l’hai visto. Tu…»
«Io?»
Octavia sospirò. «Ci sei stata insieme per un anno. Dovresti sapere se avesse qualcuno che l’odiava a tal punto.»
Nymeria sospirò con aria grave.
«Mi dispiace, sorellina» disse dolcemente. «Ma non saprei proprio che dirti.»
Octavia annuì ma, in quegli occhi chini, Nymeria lesse del sospetto.
Quando Octavia accese la luce quella sfarfallò e il seminterrato sembrò sollevare un alone di gelo. Si mosse per la grande stanza con il cuore in gola e, quando i suoi occhi si posarono sulla piccola finestra in alto, deglutì.
C’era uno strano odore, come di uova marce. Fece una smorfia e si ritrovò a rabbrividire. I tavoli di acciaio lungo le mura erano vuoti ma, quando vide un frigorifero, si fermò. Un rivolo di sudore le percorse la nuca. Si avvicinò e, quando aprì la cella frigorifera, dovette reprimere un conato di vomito.
La silhouette di Octavia era delineata dalla pallida luce della lampada che, solitaria, pendeva dal tetto dondolando come se lo spirito di Conrad si stesse muovendo con foga per scappare.
Era china, sua sorella poteva percepire le sue dita che esitavano sulla macchia di sangue al centro della stanza.
Nymeria posò una spalla contro il muro. Si accese una sigaretta e, quando se la mise tra le labbra, incrociò le braccia. Fece un tiro e fu l’odore del fumo a far sussultare la sorella.
Octavia non si voltò ma non importava: le sue spalle dicevano quanto bastava.
«Un testimone è stato trovato in fin di vita nel bagno di un bar, due notti fa» Nymeria fece un altro tiro. «Qualcuno aveva messo nel suo drink della belladonna.»
Octavia si voltò e Nymeria socchiuse gli occhi.
«Il ragazzo era Will Thomson, uno studente della stessa università di Liam. Era al pub quando Liam scomparve per sempre» strinse le labbra ed eccola, la scintilla. «Vorrei sbagliarmi ma so di non farlo mai.»
«E quindi?» chiese la sorella, sfilando la sigaretta dalle labbra.
Octavia osservò la cicca, il fumo risalì dalla punta rossa.
«Fumi ancora.»
«Importa?»
Octavia distolse lo sguardo e i suoi occhi si posarono sul frigorifero. Sua sorella sorrise.
«L’hai aperto?»
Octavia annuì.
«E cos’hai visto?»
«Il suo… il suo membro.»
Nymeria annuì e il piacere le scaldò la pancia.
«Perché?»
«Perché cosa?»
«Perché l’hai fatto?»
Nymeria buttò la sigaretta a terra e la calpestò con il tacco del suo stivale.
«Perché se lo meritava.»
«Non è giusto» disse Octavia. «Hai ucciso un ragazzo. Potevi denunciarlo.»
Nymeria inclinò il capo, osservò il viso disgustato della sorella e sentì il sangue scaldarsi.
«Dovresti sapere meglio di me che una donna che dice di essere stata stuprata non viene ascoltata. Se l’hanno toccata se l’è cercata.»
Octavia serrò le labbra. Le sue mani fecero per muoversi verso la giacca dove teneva le manette, ma Nymeria fu più veloce. Le prese i polsi e, bloccandole le gambe, la fece cadere in ginocchio. Octavia sibilò qualcosa. Provò a scrollarsela di dosso ma Nymeria mise più forza. Vagò con la mano libera nella sua giacca e poi trovò le manette.
«A volte, sorellina, bisogna farsi giustizia da soli» gliele mise ai polsi e Octavia tremò. «Se nessuno dà ordine, devi farlo da sola.»
«Nymeria…»
Il suono della lama che usciva dal cappotto di pelle di Nymeria fece rabbrividire Octavia e un rivolo di sudore le serpeggiò lungo la nuca.
«Ti prego» sussurrò, la lama gelida premette contro il suo collo. «Nym, ti…»
«Mi dispiace, sorellina.»
E le tagliò la gola.
Due mesi dopo
Quando la neve iniziò a cadere, due bare nere vennero calate nei luoghi di sepoltura quel freddo dicembre.
Nymeria teneva le mani giunte in grembo e, tra quelle persone in nero con i fazzoletti di seta agli occhi, era l’unica a non avere la schiena spezzata dai singhiozzi. Le lapidi erano messe accanto e delle rose rosse fiancheggiavano le strutture in pietra su cui erano incisi i nomi di Octavia e di Liam.
La gente si ritrasse, i presenti si avvicinarono per stringersi le mani e lasciarsi sulla schiena deboli carezze.
Nymeria aprì l’ombrello. Le sue dita si strinsero dentro i tacchi a spillo. Poi, una mano le porse una sigaretta. Si voltò e il volto freddo di Eloise Warren si sciolse quando incontrò i suoi occhi.
Nymeria accettò la sigaretta. Fece un tiro e la donna al suo fianco giunse le mani in grembo.
«Matt è stato arrestato» mormorò. «Per triplice omicidio. Il funerale di Will si terrà tra due settimane.»
«Sospettavano qualcosa?»
Eloise scosse il capo. «La giuria ha creduto facilmente alla storia dell’amico tossicodipendente. Ha senso, no? Lui che uccide Conrad durante una lite, fa fuori il testimone e poi la detective. Alla fine, ha pagato anche quello stronzo» fece spallucce. «Almeno la prossima volta ci penserà due volte prima di picchiare una di noi.»
Nymeria annuì. Il fumo si addensò nell’aria gelida. Le porse la sigaretta e, quando incontrò il suo sguardo, Eloise le sorrise.
«Grazie» disse. «Se non fosse stato per te… non riesco neanche ad immaginare cosa sarebbe successo quella sera.»
Nymeria annuì. Eloise le accarezzò la spalla e, quando se ne andò, Nymeria avanzò verso la lapide di Liam Conrad. Si chinò. Sussurrò: «Alla fine non l’hai fatta franca.»
E, prima di abbandonare il cimitero, premette le labbra sulla lapide.




