I racconti del Premio Energheia Africa Teller

Pendo: una ragazza africana_Steven Kamau

kenyatta6_Racconto finalista prima edizione Premio Energheia Africa Teller.

Traduzione a cura di Grazia Battista

 

La ragazza stava dormendo profondamente prima che il rumore cominciasse.

Si trattava certamente di un folto gruppo di persone nella strada, grida di donne e bambini che fendevano l’aria come una lama tagliente.

Sembrava che l’inferno si fosse catapultato sulla terra e attraverso i vetri della finestra, sebbene ancora mezza addormentata, ella poteva scorgere la casa di Neku in fiamme, e così quella di Malope, Jonah e Kena; a un tratto sentì un forte colpo alla sua porta: erano già lì.

In un batter d’occhio, sette di loro erano dentro casa. Sentì suo padre protestare a voce alta, quella fu l’ultima volta che udì la sua voce. Poi toccò a sua madre che per tutto il tempo continuò ad urlare, prima la spinsero nella camera della ragazza, violentandola a turno sotto gli occhi di lei e infine le tagliarono la gola. I suoi fratellini e le sue sorelline, gli angeli come la mamma li chiamava, erano già stati massacrati nel sonno. Infine fu il suo turno e emise gemiti strazianti quando, uno alla volta, i sette bruti violentarono il suo corpo adolescente colpendola poi sulla testa con un machete. Quel colpo portò il silenzio totale, erano andati via.

Pendo si risvegliò con un sussulto, un sudore freddo le percorse tutto il corpo bagnando il vestito di nylon che aveva addosso da giorni. Aveva avuto quell’incubo di nuovo, ma ora era un incubo che aveva vissuto e che l’avrebbe tormentata ogni notte. Come sempre accadeva dopo un sogno, cominciò a ricordare il passato. Un tempo era tutto normale, aveva i genitori, i fratelli, le sorelle e anche un ragazzo che la corteggiava.

Poi un giorno scoppiò la guerra, non tra nemici o sconosciuti, ma tra fratelli, cugini, amici, tra persone che per secoli avevano vissuto in armonia l’uno accanto all’altro. Il seme dell’odio che era stato piantato tra questa gente, era germogliato e cresciuto sino a prendere le forme di una quercia gigante le cui radici si stavano stendendo come una fitta rete che stritolava tutto e tutti nel vicinato. Anche il terreno era ora contaminato da quel sangue d’odio. Lo chiamarono conflitto tribale, genocidio, ma per Pendo era soltanto un colpo di vento che aveva distrutto la sua vita.   Quella notte fatale, dopo essere andati via gli invasori, si era risvegliata in un casa vuota, in un villaggio vuoto. In qualche modo era sopravvissuta al machete, sebbene ora desiderava essere morta insieme a tutti gli altri. Camminò per miglia dirigendosi verso il recinto di una chiesa dove molte persone avevano cercato rifugio.      Qui, dopo un breve attimo di gioia, aveva incontrato il suo Chidi. Ma la felicità durò poco quando gli raccontò la sua storia. Lui la definì una prostituta che in cambio della vita aveva offerto il suo corpo e perciò non avrebbe avuto più nulla a che fare con lei.

Il suo cuore si spezzò, tanto che non volle rimanere neanche un minuto di più in quella chiesa, non dopo che l’ultima persona che le era rimasta al mondo l’aveva ferita e rifiutata. I suoi cieli blu se ne erano andati e tutto ciò che rimaneva era un grigiore, tetro e pesante. Il suicidio divenne il suo pensiero costante dopo la fuga dalla chiesa ma decise di camminare fino a che non avesse incontrato un animale feroce che l’avrebbe sbranata liberandola così dall’angoscia. Questo però doveva ancora accadere.

Ora era in piedi sotto l’albero, dove si era addormentata e si guardava attorno.      Tutto ciò che riusciva a vedere era un’enorme distesa che si stendeva fin dove il suo sguardo poteva arrivare. Riprese a camminare e se non avesse trovato qualcosa da bere e mangiare in breve tempo non avrebbe avuto bisogno di incontrare un animale feroce per morire. Passo dopo passo, la terra sotto i piedi nudi le bruciava come carbone ardente finché non intravide qualcosa che assomigliava a delle mucche o almeno così credette. Raccolse le sue ultime forze e cercò di raggiungere gli animali, ma a pochi metri dalla mandria cadde per terra come un peso morto.

I mandriani dovevano essersi presi cura di lei poiché quando si svegliò era mattina e lei era stesa su un giaciglio, in una specie di capanna.

Si alzò e provò a sporgersi fuori, là vide dei bambini giocare e delle donne intente a preparare il cibo.

Apprese dopo che i mandriani l’avevano raccolta e portata al loro villaggio dove le donne si erano prese cura di lei. Pendo diede uno sguardo tutto intorno, non sapeva ancora che questa sarebbe stata la sua casa per un po’ di tempo.

Erano passati quattro mesi da quando era arrivata al villaggio e nel frattempo aveva imparato un po’ della loro lingua che si differenziava poco dalla sua. Aveva anche appreso che le donne e le ragazze erano trattate diversamente dagli uomini e dai ragazzi. Mentre gli uomini si dedicavano al pascolo e alla caccia, il posto delle donne era a casa, ad educare e tirar su i propri figli. In altre parole, mentre le donne lavoravano duramente e si occupavano della terra, gli uomini si sdraiavano sotto gli alberi fingendo di badare agli animali che, poiché pascolavano in aperta campagna, non avevano bisogno di tale sorveglianza. Ma questo era il modo in cui le cose andavano lì e Pendo, man mano che i giorni passavano, vi si abituò.

La sua pancia aveva cominciato a gonfiarsi e non ne capiva la ragione, ma la donna più anziana sembrò capire e le disse che presto sarebbe diventata mamma.        Questo la sconcertò ancor più, ma bambina, quale ancora era, andò avanti con la sua vita, felicemente, a parte il vomito al mattino, aveva cominciato ad apprezzare la vita più di prima. Poi le dissero che in quanto ragazza avrebbe dovuto sottoporsi ad un rituale per diventare una donna completa. Poiché non le fu rivelato molto sul rituale, non vi diede molta importanza. Il giorno del rituale, le ragazze della età di Pendo, furono svegliate al mattino presto e fu detto loro di farsi il bagno. Poi furono accompagnate dalla donna più anziana del villaggio, da quella che sembrava così vecchia e debole che tutti i bambini la riverivano. In breve tempo il rituale cominciò, la prima ragazza fu spogliata nuda e costretta a stendersi per terra. Con due donne forti che la mantenevano ferma la donna anziana diede inizio al rituale su di lei.

Pendo non aveva mai visto niente di simile e le grida della ragazza la convinsero che sarebbe morta prima che facessero a lei la stessa cosa.

Si guardò intorno e vide che l’immensa folla, riunitasi per assistere al rituale, era lì incollata con lo sguardo su quella mutilazione che stava avvenendo sotto i loro occhi.          Tuttavia, ella sapeva che le sarebbe servita tutta la forza del biblico Sansone per superare quella massa di gente.

Poi le venne un’idea e decise di svenire perché nient’altro avrebbe potuto salvarla dal destino che l’aspettava. La donna anziana era alla sua seconda iniziata quando Pendo simulò un collasso. Le donne presenti, consapevoli della sua gravidanza la trasportarono lontano dal recinto all’ombra di un albero. Per intuito capì che adesso o mai più, non appena l’avessero stesa per terra, avrebbe dovuto rialzarsi e scappare via verso le colline. Data l’età avanzata delle due donne che l’avevano soccorsa e il fatto che ciò che era accaduto le aveva confuse, Pendo riuscì a fuggire. Corse come un cervo la cui sola arma contro il leone era la velocità. Cadde e rotolò tante di quelle volte che alla fine ne perse il conto ed era intelligente abbastanza per capire che non poteva tornare indietro da quella gente. Era di nuovo completamente sola, al punto in cui si era trovata tanti mesi prima. Era in cima alla collina ora e osservava giù in basso una strada. Doveva raggiungere quella strada e seguirla ovunque la portasse. Nella fretta di scendere inciampò in una roccia e cominciò a cadere, prima lentamente, poi velocemente e infine si ritrovò a volteggiare nell’aria e a rotolare sul terreno duro. E poi il buio cominciò a prendere forma, lo stesso buio che le era ora familiare. Infine fu inghiottita dalle tenebre ed era a casa a dormire con i suoi genitori, i fratelli e le sorelle, quando il rumore cominciò…

Se mai Pendo avesse pensato al paradiso, doveva essere stato proprio così. Si era risvegliata ritrovandosi in una stanza bianca, con addosso abiti bianchi in un letto con lenzuola bianche e su di lei si libravano donne vestite di bianco. Dovevano essere angeli, proprio come li aveva visti nei libri a scuola. Adesso uno di essi le stava raccontando qualcosa ma parlava in una strana lingua che lei non capiva. Gentilmente la aiutò a scendere dal letto e la accompagnò fuori dalla porta, lì trovarono un uomo e una donna che sorrisero quando videro Pendo. La signora vestita di bianco consegnò la ragazza alla coppia e accennò un saluto.

Pendo non capì cosa stesse succedendo e cercò di sfuggire alla presa dell’uomo che la teneva stretta e la trascinava. La ragazza cominciò a gridare ma essi la fecero entrare nella macchina che si dileguò immediatamente.

Pendo gridò per tutto il tragitto, tutto stava accadendo così velocemente per lei, prima il gonfiore alla sua pancia era scomparso ed ora due sconosciuti stavano guidando con lei attraverso una città enorme piena di case alte e centinaia di macchine. Sebbene Pendo non lo sapesse ancora, quella era una città e le persone con lei in macchina erano una coppia musulmana che l’aveva raccolta ai piedi della collina dove era caduta. L’avevano trasportata in un ospedale in città dove era rimasta

in coma per tre giorni, nel frattempo aveva perso il bambino che aveva in grembo in seguito alla caduta. La coppia portò Pendo in una casa dove le fecero indossare un lungo e largo abito scuro che le copriva persino i capelli. Poi le diedero da mangiare.

Dal momento in cui mise piede in quella grande casa la sua vita divenne un inferno vivente. I due che all’inizio sembravano cordiali, ora si erano trasformati in mostri che la tormentavano continuamente. Veniva svegliata tutti i giorni ai primi bagliori dell’alba per preparare la colazione per i sette della famiglia. Dopo che il padrone usciva di casa per recarsi al lavoro e i figli per andare a scuola, Pendo rimaneva nelle mani crudeli della padrona che sembrava trarre immenso piacere dal guardarla faticare duramente in casa. Non appena si coricava la sera, a mala pena riusciva a dire una piccola preghiera chiedendo a Dio di salvarla dall’agonia che stava attraversando. Passarono i giorni, i mesi e poi un anno finché Pendo si ritrovò ridotta in schiavitù, la giovane ragazza era diventata così scarna tanto da essere terrorizzata dalla sua stessa immagine riflessa nello specchio. A parte le razioni di cibo insufficienti che riceveva, era anche continuamente presa a schiaffi e a calci. Ogni giorno la giovane sfiorava la morte e ogni giorno era sempre più vicina al suicidio.

Poi accadde qualcosa che decise infine quale sarebbe stata la prossima mossa di Pendo. C’era un uomo che frequentava quella casa, un vecchio che era sempre impegnato in profonde conversazioni con il padrone di casa. Ogni volta che si recava a far visita, Pendo non poteva fare a meno di notare gli sguardi libidinosi che lui le lanciava sempre mentre serviva loro il cibo. Lei non aveva mai dato importanza a quegli sguardi finché un giorno la padrona di casa la fece sedere e le spiegò che lei e il marito stavano negoziando il suo matrimonio con il vecchio che era solito far loro visita. Pendo non credeva alle sue orecchie e glielo disse, le disse fermamente che non ci sarebbe stato verso di vederla sposata a quel vecchio. La sua esplosione le procurò subito una dura punizione e una notte senza cibo. Ciò non le fece cambiare idea neanche un po’, servì solo a farla infuriare più di quanto essi potessero persino pensare. Sfortunatamente Pendo non sapeva con che tipo di persone avesse a che fare e quanto fossero determinati a darla in moglie al vecchio. Ciò che non le fu detto era che la coppia, che l’aveva resa schiava, avrebbe ricevuto una lauta somma dal vecchio subito dopo avergliela consegnata. Un giorno ella origliò una conversazione tra marito e moglie che stavano decidendo di accompagnare Pendo dal vecchio il giorno seguente. Sentì il sangue congelarsi nelle vene non appena ascoltò il loro piano, erano complici e lei sapeva che doveva trovare un modo per fuggire prima dell’indomani. Decise di fuggire quella notte, aspettò che tutti si fossero addormentati. Poi aprì la finestra della sua stanza e tentò di saltare. Sfortunatamente per lei, le gambe si impigliarono nel vestito e cadde provocando un forte tonfo che svegliò il padrone di casa.

Ora i cani stavano abbaiando rabbiosamente dalla loro cuccia, nonostante ciò Pendo si sollevò e si trascinò zoppicando con dolore verso il cancello. Il padrone doveva aver capito cosa stesse succedendo perché andò diritto dai cani e li indirizzò verso la ragazza in fuga. Pendo cercò di fare del suo meglio per guadagnare velocità ma sapeva che non c’era scampo con i tre cani alle calcagna. Si voltò e vide le bestie feroci che balzavano nell’aria mostrando i loro canini spaventosi. Si avventarono su di lei come se fosse un pupazzo e lei era sicura che presto sarebbe morta.

Come se il destino l’avesse previsto, Pendo cadde su un sentiero di formiche, cosicché i cani ebbero un bel da fare nel sradicarla da lì e le formiche così si misero a mordere sia i cani che la ragazza. Persino il padrone che era riuscito ora a raggiungere i cani non fu risparmiato. Immediatamente gli animali che prima erano così inferociti, ora squittivano come ratti e il padrone dovette togliersi i pantaloni. In quanto a Pendo, l’istinto di sopravvivenza le suggerì di ignorare i morsi delle formiche e di darsela a gambe levate. Fece esattamente ciò che aveva pensato e scomparve nell’oscurità, lasciandosi dietro un uomo che gemeva e i suoi cani altrettanto terrorizzati. Corse per le strade della città come una matta, ignorando l’insopportabile crescente dolore derivante dai morsi dei cani e il prurito provocato dai morsi delle formiche. Proprio quando pensava che non ne avrebbe potuto più, vide un edificio con il segno della croce in cima. Intuitivamente pensò che fosse una chiesa e si lanciò verso di essa. Non appena oltrepassò la porta dell’edificio, svenne.          Si risvegliò più tardi in una stanza dai muri bianchi e anche se le infermiere le parlavano, lei non le capiva. Ancora scossa dal violento scontro con i cani ella mormorò delle cose nella sua lingua, il che sollecitò le infermiere a portarle un traduttore. Con l’aiuto di quest’ultimo, Pendo poté raccontare la sua storia, provocando immensa pietà da parte dei dottori e delle infermiere che giurarono di denunciare la faccenda alla polizia.

Essi esortarono Pendo a riposare e le promisero di prendersi cura di tutti i suoi problemi. Chiuse gli occhi e per la prima volta dopo lunghissimo tempo, non ebbe quell’incubo, dormì serenamente e profondamente…

I pochi giorni seguenti segnarono una svolta nella sua vita. Le piccole ferite stavano cicatrizzandosi e riusciva a camminare. In quanto ai suoi rapitori, erano stati arrestati, e accusati di rapimento e di una serie di altri reati. La sua storia fu riportata dai mass media e causò un enorme dibattito pubblico sui diritti generali della ragazza bambina. Anche se la giovane donna non aveva ancora capito l’importanza di ciò, le sue sfortune stavano aprendo gli occhi del pubblico per evidenziare quante ragazze e per estensione quante donne erano svantaggiate nella società.

Quanto a Pendo, fu portata in un orfanotrofio, dove avrebbe potuto frequentare la scuola e rimanere quanto a lungo avesse desiderato. Il suo incubo lentamente scomparve, e, anche se talvolta piangeva pensando alla sua famiglia, la sua vita era finalmente migliorata. I cieli blu di Pendo sarebbero finalmente ritornati.