I racconti "brevissimi di Energheia"

I brevissimi 2018 – Nel Sole di Francesco Cozzolino_Portici(NA)

_ Anno 2018 (I sette colori dell’iride – Il giallo)

La città rimbombava di esplosioni, il cielo stellato era illuminato dalle luci dorate dei fuochi,  sembrava un assedio.

La vidi fra i fuochi, l’alcool e la coca. Era seduta su una panchina dalle ringhiere dorate, in contrasto con il ghiaccio dei suoi occhi e il sole nei suoi lunghi capelli biondi. Mi guardò con  sguardo innocente, come il condannato che guarda con pietà il boia che lo conduce verso la morte.

La sua mano impugnava una rosa fresca, forse appena strappata dal suo stelo spinoso, la impugnava  come se fosse una lama astratta, dai suoi occhi cadeva acqua, piangeva, eppure nel suo sguardo vidi  la mia stessa grinta, rabbia e voglia di lottare.

Forse questo mi spinse ad avvicinarmi a lei, la sofferenza che notai in lei. Il mio cuore iniziò a  palpitare, l’ultima cosa che mi sarei aspettato, il mio cuore non batteva più per emozioni, la  sofferenza aveva fatto marcire i sentimenti.

Le mostrai un timido sorriso dettato dalla voglia di competere, non dalla voglia di amare. Le chiesi il motivo delle sue tristezze, mascherate da un vestito verde come la speranza che ormai s’era  distrutta.

Mi diede i motivi, ma erano troppo stupidi , forse come lei, motivi d’amore, lei ed il suo ragazzo,  tutte le sofferenze e le false speranze. In quel momento la mia anima uscì dal corpo, anche se una  gabbia stretta come il mondo la mia anima non l’aveva mai vista, sentivo un impeto scorrermi tra le vene e mi sentivo come un dio.

La musica, la gente che urlava, non la sentivo più, si creò un sistema isolato, come se fossimo entrati in una altra galassia che rispondeva al moto delle sue ugole.

Mi fece passare la voglia di sangue, il veleno che avevo nel cuore scomparve e mi sentii quasi felice per una ultima volta, passai da lupo ad agnello. Capii che le avrei fatto più male della sua sorte che già era stata avversa nei suoi confronti, ma non smisi di parlare con lei mentre guardavo la sua pelle bianca che contornava i suoi occhi, occhi che mi facevano entrare nella pace dei sensi, accompagnato dal vento Grecale che, con il suo soffio, mi conduceva in emozioni mai provate.

Nelle illusioni che si erano create nel mio pensiero, iniziai a sentire la sua voce, ma non riuscivo ad udire le parole espresse. Iniziai a concentrarmi sul suo dialogare e capii che mi chiedeva un passaggio a casa.

Le afferrai la mano morbida come la seta e la portai verso la mia autovettura, d’oro, oro vero.

Quand’ ella la vide, di colpo le sue pupille si dilatarono, dalle sue carnose labbra uscì il suo pensiero travolto dal moto delle sue ugole . -“Sei molto legato a questo mondo e alla sua materialità!”-

 

Io non pronunciai sillaba a mia difesa. Saliti nella mia supersportiva non potevo fare a meno di guardarla e se il tempo è oro , io l’avrei impiegato tutto per guardarla.

M’innamorai. Dopo un lungo tragitto su una strada illuminata dal giallo dei lampioni arrivammo a casa sua. Volevo salire perché lasciarla per me valeva tanto quanto togliere vita al mio cuore, ma lei se ne andò senza salutarmi, sentivo il mio cuore stringersi, ma me ne andai perché dovevo sfogare la mia malinconia guidando. Ad un tratto guardai sul suo sediolino con il desiderio di trovarla li e mi accorsi che aveva lasciato la sua borsetta, i miei occhi iniziarono a brillare come fiamme, girai la mia auto di lusso bruscamente, corsi a casa sua e bussai.

Mi rispose una voce di donna che mi invitò a salire.

Salivo scale interminabili con ansia, incertezza. Presagivo un mistero. Entrai nella sua dimora ed entrai nel mistero. Incredulo appresi che ormai lì non abitava piùalcuna fanciulla, ma forse fu più grande l’incredulità della donna al mio racconto e alla vista dell’oggetto che io le mostrai.

– ” E’ volata in cielo tanto tempo fa “- fu la sua triste e dolorosa spiegazione.

Corsi via frastornato nella mente, devastato nel cuore, in quel cuore che aveva ricominciato a battere, ad illudersi, ad amare.

Quel mistero, ormai, si era impossessato di me, della mia anima. Guardai per l’ultima volta il cielo.

Vi fu un bagliore dorato, un fulmine violento che dipinse il cielo di raggi infuocati.

Premetti sull’acceleratore, corsi nel cielo diventato di colpo dorato, nel Sole, incontro a lei.