I racconti del Premio Energheia Africa Teller

La conchiglia magica_Mary Wairimu Renee Gachihi.

mare_Racconto finalista prima edizione Premio Energheia Africa Teller.

 Traduzione a cura di Grazia Battista

 

Quando la marea si ritirò la bella conchiglia non si preoccupò affatto di ritornare subito a casa e così fu raccolta sul bagnasciuga da una ragazzina che la portò via per un lungo viaggio in una capiente borsa. Quando il viaggio finì la ragazzina estrasse la conchiglia che si ritrovò in un luogo dove il mare non c’era più, un luogo sconosciuto che le appariva bizzarro, così strano e pur tuttavia meraviglioso. Sulla sinistra c’era una struttura in legno, sulle cui mensole creature immobili fissavano le pareti e la conchiglia fissò quelle creature che sembravano tristi.

“Ciao, piccola conchiglia” disse una voce “Questa è la mia stanza”. Fu allora che vide il volto di una bambina dalla bella pelle scura come cioccolato, dagli splendidi occhi color nocciola e dai capelli raccolti e tirati in su in una coda di cavallo. Aveva dieci anni e il suo nome era Malaika.

Malaika amava collezionare qualsiasi cosa: dai francobolli ai tappi di bottiglia, dalle coccinelle alle farfalle. La sua ultima fissazione era collezionare conchiglie ed oggi ne aveva trovata una che era la più bella di tutte e calda anche come fosse un pulcino appena nato. Malaika si fermò davanti al suo museo ad ammirare la sua ultima scoperta, che aveva sistemato in un vecchio portagioie di sua madre di velluto blu. Era proprio bella.

Aveva dei colori straordinari con striature porpora, blu, bianche ed arancione ed era trasparente in un modo mai visto. Vi si poteva quasi vedere attraverso… eppure non era perfettamente trasparente.

Malaika era veramente soddisfatta di sè; era la più bella conchiglia che avesse mai visto, la più bella del mondo. Con un sorriso di autocompiacimento dichiarò ad alta voce: “Ho deciso che ti chiamerò Signora Conchiglia” e la ripose sulla mensola insieme alle altre creature. Poi uscì dalla stanza richiudendosi la porta alle spalle.

“Ma dove sono?” si chiese meravigliata la piccola conchiglia. “Ciao… e voi come state?” disse rivolta agli altri. Nessuno rispose. Decise così di riprovare ancora. “Io vengo dal mare… e voi?”. Ancora nessuna risposta. Capì allora che quegli animaletti si ostinavano a non volerle parlare.

All’improvviso si sentì un rumore dietro la porta. Qualcuno girò la maniglia e la porta si aprì piano piano cigolando, molto lentamente e giusto quel tanto da lasciare intravedere la testa di un ragazzino che si guardò intorno furtivamente. Quando fu sicuro che non ci fosse nessuno nella stanza entrò scrutando tutt’intorno con aria curiosa. Indossava una T-shirt blu, jeans neri e scarpe di tela nere, più alto di Malaika di una spanna le assomigliava moltissimo. Viso rubicondo incorniciato da capelli corti e ricci e occhi splendidi dallo sguardo birichino.

“So che nasconde qualcosa; l’ho vista quando è tornata dalla spiaggia” si disse ad alta voce. Baraka, infatti questo era il suo nome, si divertiva a prendere in giro sua sorella. Più grande di lei di tre anni pensava di avere il diritto di farle degli scherzi come e quando voleva. Il più delle volte questi erano spiacevoli, soprattutto quando lei lo faceva innervosire canzonandolo con l’appellativo di “Signor guance tonde e paffute”.

Oh, come odiava quel nomignolo. Lui sapeva essere anche molto cattivo. A scuola era sempre coinvolto in litigi con i compagni e spesso era stato punito per questo dal direttore.

Amava fare scherzi… specialmente a sua sorella. Era una bambina così lagnosa e lui litigava con lei giusto per il gusto di farlo. Si divertiva a picchiarla e persino a morderla. Se Malaika si rifiutava di fare ciò che lui le ordinava la minacciava di distruggere il suo museo oppure la pizzicava o le faceva qualsiasi cosa le venisse in mente… per il gusto di farlo.

Una volta, dopo che Malaika lo aveva chiamato S.G.T.P. (Signor guance tonde e paffute) alla presenza dei suoi amici, si arrabbiò così tanto da meditare la vendetta.

Il mattino seguente si alzò al canto del gallo per concretizzare il suo piano malvagio e quando la colazione fu servita a tavola, Baraka mise l’insetto più disgustoso che aveva trovato nell’acquaio della cucina nella tazza di cioccolata della sorella. Seduta al tavolo della cucina Malaika prese la sua tazza e cominciò a sorseggiare la bevanda.

“Ti piace il tuo cioccolato oggi?” chiese Baraka sorridendo “Sì! Mamma lo fa come piace a me!” rispose lei felice. Poi all’improvviso mentre era sul punto di sorseggiare ancora lo vide! UN INSETTO GRANDE E SCURO!!!! Sputò subito il suo cioccolato e gridò: “Baraka, so che sei stato tu. Lo so!” Ma Baraka non se ne dispiacque affatto ed anzi rise così tanto che le guance gli dolsero per tutto il giorno. Un’altra volta le fece trovare una rana nella scarpa prima che la indossasse per andare a scuola ed un’altra ancora del tabasco sullo spazzolino da denti.

Quel ragazzo era proprio terribile con i suoi scherzi.

Baraka guardò prima gli orsacchiotti di peluche e poi la collezione di farfalle.

Sapeva che lei nascondeva qualcosa perché gli aveva sempre mostrato tutte le novità, ma oggi si era rifugiata di corsa nella sua stanza. Guardò sulla mensola e notò finalmente qualcosa, un oggetto nuovo e splendido.

Una conchiglia. “Wow”, esclamò pieno di ammirazione. Prese la conchiglia in mano ed osservò i suoi colori stupefacenti, ed era anche calda come se fosse… viva. “Meravigliosa! Dove l’ha presa? Perché non me la vuole mostrare? Lo so… se io l’avessi tutti i ragazzi mi rispetterebbero. Potrei persino mentire loro dicendo che è magica. Ah! Così nessuno riderebbe di me. Perché Malaika dovrebbe avere una conchiglia così bella? E’una ragazzina così stupida. Voglio questa conchiglia per me e la ruberò”, dichiarò nella stanza. Stava già quasi per infilarla in tasca quando la porta si aprì. Baraka si girò di scatto nascondendo la mano dietro la schiena.

“Che stai facendo qui? Che nascondi?” chiese Malaika irata per aver scoperto il fratello nella sua stanza.

“mmmm… niente”, rispose lui.

“Baraka… so che nascondi qualcosa. Che cosa?”

Solo allora guardò la mensola e vide che la sua preziosa conchiglia era

sparita. “Tu… tu l’hai presa, ridammela! E’ mia”, gridò. “No, è mia ora! E se cercherai di riprenderla ti prenderò a pugni o calpesterò le tue farfalle”.

“Ridammela!!”

“No!”

“E’ mia, l’ho trovata io ed è mia”, piagnucolò Malaika con voce stridula.

Ma poiché lui era più alto sollevò la mano che stringeva la conchiglia tanto che la bambina saltava invano per poterla afferrare. Per cercare di fargli abbassare il braccio gli sferrò addirittura un calcio alla caviglia che lo fece urlare di dolore e lo indusse a darle un pugno alla schiena.

Malaika incominciò a difendersi, graffiandolo, scalciando, urlando, mordendo e agitando i pugni. Oh! Avresti dovuto proprio vederli! Era come vedere due gatti litigare per un pesce.

Urla, graffi, sguardi irosi e lacrime, ma all’improvviso nel bel mezzo della zuffa si sentì una voce chiara e PROFONDA.

“SMETTETELASUBITO DI COMPORTARVI COME DUE STUPIDI!”

Baraka fece cadere la conchiglia sul pavimento mentre Malaika rimase immobile, tremante di paura. I loro cuori incominciarono a battere forte come tamburi; si guardarono intorno cercando di scoprire la provenienza della voce. I loro occhi sbarrati fissarono la conchiglia che sembrava essere diventata più grande, quasi il doppio. Si sarebbe potuto scorgere due occhi blu fieri che guardavano Malaika nascondersi dietro suo fratello. “Che cos’è tutto questo baccano e questo litigare! Sembrate due leoni marini che si battono per il cibo”.

“No, non sono stato io è stata M… M. Malaika”, balbettò Baraka raccogliendo tutto il coraggio rimastogli in corpo.

“No… sei stato tu” aggiunse Malaika con una voce flebile, indicando suo fratello.

“Un fratello ed una sorella non dovrebbero mai litigare così. Vi dovreste voler bene. Ci sono così tanto odio e rabbia nel mondo. Mi piacerebbe che fossimo tutti più disponibili l’uno verso l’altro e verso tutte le creature viventi”. Proferite queste parole la conchiglia cominciò a risplendere di una luce soffusa come quella delle lucciole nella notte scura, bella ma misteriosa e che le attirava sempre di più verso di essa. Quando compresero che la conchiglia non avrebbe fatto loro del male la loro paura si trasformò in curiosità. A questo punto essa si sollevò dal pavimento così lentamente da intimorire di nuovo i bambini. Poi si fermò quasi a livello dei loro occhi e scivolò sull’area verso il centro della stanza sibilando come le api o le libellule.

“WOW!” fu tutto quello che Baraka riuscì a pronunciare.

Due occhi azzurri come il cielo terso del mattino fieri e luminosi come una stella nella notte si spalancarono per lo stupore. Malaika si avvicinò lentamente e timidamente alla conchiglia per vederla meglio, a piccoli passi con una sorta di reverenza e curiosità. Un passettino, poi un altro e poi un altro ancora.

“C’è troppa sofferenza” continuò la conchiglia con tristezza. “Il mio mondo è in pericolo e può scomparire per sempre”.

“Perché?… e dov’è casa tua Signora Conchiglia” chiese Malaika.

“La mia casa si trova nella profondità dell’oceano… è un posto meraviglioso, più di quanto possiate immaginare. Oggi sempre più creature marine muoiono purtroppo e la vita nel mare si estinguerà a causa della inciviltà e della cattiveria degli uomini. Anni fa i pesci erano molti e vivevano felici con le altre creature, ma non è più così. Noi non siamo altro che divertimento per alcuni uomini che uccidono i nostri piccoli e abbandonano i loro corpi per farceli vedere. Ci uccidono persino per mostrare con orgoglio le nostre teste nei loro salotti”.

“Non capisco” intervenne Baraka “il mare è così grande e i pesci così tanti. Come possono diminuire sempre più a causa della malvagità umana?”

La conchiglia rispose: “Ve lo mostrerò” e cominciò a cantare un ritornello monotono “wawadudulele – e poi – leleduduwawa” e man mano che recitava queste parole i suoi occhi brillavano sempre di più, riempiendo la stanza di un arcobaleno di mille colori, blu, porpora, arancio e di una strana sensazione di calore.

“Wawadudulele… leleduduwawa”.

Poi si raccomandò ai ragazzi di tenersi con una mano e con l’altra di afferrarla.

I loro cuori cominciarono a battere in un miscuglio di sentimenti che andavano dalla paura all’eccitazione; si strinsero le mani e quando toccarono la conchiglia una bella sensazione di calore, simile a quella che provavano dopo aver bevuto un bicchiere di latte, si impossessò di loro. Un calore che avvolse ogni parte del loro corpo.

“Wadu…wadu…wadu… vedrete quanta tristezza e dolore c’è nel mare. Non abbiate paura” la Signora Conchiglia disse loro.

All’improvviso udirono un sibilo che riempì le loro orecchie e una grande forza li attirò. Lentamente cominciarono a girare vorticosamente su se stessi e poi sempre più velocemente. Non sentivano più il pavimento sotto i loro piedi nè vedevano più la stanzetta. Era tutto scomparso!

Malaika chiuse gli occhi e strinse la mano di suo fratello. Sentiva lo stomaco in subbuglio e le orecchie bruciare. Anche Baraka provava le stesse sensazioni ma era troppo spaventato per pronunciare una sola parola.

Giravano così velocemente che iniziò a sentirsi male e pertanto chiuse gli occhi. Lentamente il loro girare vorticosamente rallentò sempre più e si sentirono avvolti da un tepore che ricordava quello di un mattino di sole.

I ragazzi avevano troppa paura per aprire gli occhi, Baraka avvertì lo stesso la sensazione di trovarsi in un sottomarino o su una nave. Quando smisero di girare erano ancora tanto frastornati da non poter aprire subito gli occhi.

“Aaaah! Eccoci. Siamo a casa mia” annunciò la conchiglia con orgoglio e rivolta ai bambini li esortò “Aprite gli occhi e guardate”.

Baraka aprì prima l’occhio sinistro, poi il destro e rimase sorpreso: stava galleggiando nell’acqua! In un fiume?… o forse in un lago? No, nel mare. E il fatto più sorprendente era che potevano respirare normalmente e che i loro vestiti erano asciutti. Era come se non fossero realmente immersi nell’acqua. A quel punto egli si accorse che si trovavano in una bolla d’aria, trasparente e tanto resistente da sostenerli. Malaika invece era come impietrita e senza pensarci disse “Non ci posso credere è meraviglioso”.

Si resero conto che potevano anche parlare.

“Sono la vostra conchiglia e finché uno di voi mi terrà stretta in mano tutto andrà bene”. Aqueste parole guardarono le mani che si stringevano ancora e che tenevano la conchiglia.

Malaika e Baraka erano stupefatti per la varietà di pesci che vedevano; alcuni avevano strisce bianche e nere come quelle delle zebre, altri erano arancione, rossi, blu, purpurei. Erano così colorati da risultare più belli dei fiori della terra. Le stelle marine, le meduse, gli anemoni con le punte spinose, i cetrioli di mare e i coralli avevano tutti i colori splendidi. Qui tutto era bello. Il corallo sembrava un giardino dai fiori colorati che ondeggiavano al movimento gentile dell’acqua. Era come trovarsi in collina, nelle grotte, fra le rocce della terra ma con flora e fauna diversi. Il silenzio era assoluto tranne quello del fruscio dell’acqua provocato dal movimento dei pesci che si voltavano per cambiare direzione.

“Non sapevo che ci fossero tanti pesci e così diversi. Sono belli… splendidi”, osservò Malaika.

“Non vedo alcuna sofferenza Signora Conchiglia” disse Baraka rivolgendosi direttamente alla conchiglia per la prima volta.

“Il mare era popolato e tranquillo così prima… ora chiudete gli occhi”.

Essi obbedirono, perché avevano imparato a fidarsi.

“Ora aprite gli occhi” disse.

Era come se si fossero mossi rimanendo immobili, infatti ora si trovavano in una zona diversa. A pochi metri di distanza videro una balena galleggiare pigramente. Baraka capì che avrebbe potuto toccarla. Era enorme, più grande di una casa, grande quanto una nave, no, più grande.

Nuotava quietamente e dolcemente emettendo di tanto in tanto un suono strano e acuto. Accanto c’era una balena più piccola.

“Questi sono Marina e il suo piccolo” disse la conchiglia. Malaika e Baraka li guardarono meravigliati. Baraka soprattutto era stupito dalle loro dimensioni, che lo facevano sentire come un granello nell’immenso.

Era rimasto a bocca aperta nel vederli perché fino ad allora aveva solo letto qualcosa su di loro nei libri.

Il mare era calmo ed una luce indistinta e misteriosa veniva dalla superficie, era come quando, durante una giornata soleggiata, i raggi attraversano la cortina di nuvole e inondano di luce tutto il paesaggio.

“E’ così bello” commentò Malaika dolcemente. “Se sarà una bella mattina, quasi certamente il cielo sarà terso, ma non… tutto. Questa è una zona rinomata per la pesca… molti vengono qui per cacciare le balene, i marlin blu, i delfini, i polpi, oltre ad altri pesci di fondale. Questa è la zona di caccia; molte creature hanno perso la vita qui, molti piccoli hanno perso i genitori, molte specie si sono estinte e…”.

Improvvisamente qualcosa trapassò l’acqua agitandola rumorosamente tanto da far perdere l’equilibrio ai fratellini.

“State calmi e stringetevi le mani” si raccomandò con forza la conchiglia.

Ci volle un po’ prima che i due potessero capire che cosa stesse succedendo e il perché di quei movimenti concitati nell’acqua. Quando tutto si fu calmato e la loro bolla d’aria ritornò stabile, notarono che l’acqua si stava tingendo di rosso e le balene lanciavano alte urla di dolore; suoni differenti da quelli uditi in precedenza. Le guardarono con attenzione e si accorsero che una fiocina abbastanza grande aveva trapassato il corpo di Marina dal dorso al ventre. Lei si agitava per il dolore e per la paura. Sì perché Marina aveva paura di morire e lasciare solo ed indifeso il suo piccolo, che così avrebbe potuto essere una facile preda. Ma quando cercò di spingersi in avanti urlò perché l’arpione era affondato ancora più profondamente nella sua carne e in quel momento si rese conto di essere ferita a morte. C’era così tanto sangue che il mare sembrava una piscina rossa.

“Oh, no! Che cosa hanno fatto?” osservò con profonda tristezza Malaika.

Il piccolo cercò di nascondersi sotto la mamma. Era confuso e spaventato.

“No!” gridò Malaika e grosse lacrime le rotolarono lungo il viso, “Basta! Per piacere basta!”

“Non c’è niente che tu o qualcun altro possa fare per loro” mormorò la conchiglia.

“Perché non usi i tuoi poteri magici per fermare tutto questo?” chiese Baraka mascherando una nota di rabbia nella voce. Aveva un groppo in gola. “Non posso… dev’essere così. Gli uomini useranno la balena per ricavarne prodotti a loro utili e con ciò il piccolo rimarrà senza madre”, rispose la conchiglia con un tono di voce desolato.

Marina lanciò il suo ultimo grido di dolore ed esalò l’ultimo respiro.

I bambini guardavano sentendosi impotenti… non potevano fare niente.

Malaika bisbigliò una preghiera… la luce fiera negli occhi di Marina si stava affievolendo ed in pochi minuti era morta in pace. La piccola balena si avvicinò alla mamma e la toccò per scuoterla ma lei non si mosse.

I bambini la guardarono e desiderarono intensamente di aiutarla, non potevano sopportare la sua agitazione, ma che fare? Improvvisamente il piccolo lanciò un grido stridulo, così disperato che fece piangere Baraka anche se questi aveva cercato invano di trattenere le lacrime.

“Sta piangendo” disse la conchiglia con un tono che fece intuire ai ragazzi che anch’essa stava piangendo. “Sa che è morta”.

Il piccolo, triste e confuso, rimaneva vicino alla madre e continuava ad emettere lamenti di dolore tanto da far nascere in Malaika il desiderio di correre a consolarlo.

“Voglio aiutarlo, ma ho ancora un po’ paura. Come vorrei sapere che cosa fare!” Pensò la bambina fra sè.

“E’ così terribile!… come può succedere tutto questo” chiese Baraka.

“Perché c’è molto dolore e molta sofferenza. L’umanità sta distruggendo la vita nel mare per divertimento e non per necessità. Molti pesci e molte creature marine muoiono ogni giorno allo stesso modo, altri addirittura si estinguono”, spiegò la conchiglia.

“Ma non è giusto!” gridò Malaika. “Povera piccola balena!” aggiunse lasciando la mano del fratello e tendendola fin quasi a toccare la testa del piccolo, ma si fermò per paura di rompere la bolla d’aria.

Dopo alcuni inutili tentativi, in cui aveva rischiato di perdere l’equilibrio, ella poté con facilità stendere il braccio verso di lui. “Non piangere povero piccolo… andrà tutto bene” disse dolcemente.

Lui la guardò chiedendosi chi fosse, sembrò calmarsi un po’… come se avesse compreso le sue parole buone e dolci.

“Che cosa succederà ora?” chiese Baraka.

“Niente di buono. Lui… morirà. Perderà la voglia di vivere. Non vorrà più nutrirsi per la paura, la tristezza, la solitudine. Sapete, anche gli animali provano paura e tristezza quando perdono un loro caro. Tutte le creature viventi provano gli stessi sentimenti che provano gli uomini. L’unica differenza consiste nel modo in cui si esprimono” spiegò la conchiglia.

“No!… no!” gridò Malaika disperata nell’apprendere la sorte della piccola balena. Sentiva uno strano sentimento di comprensione e simpatia per lei. “Per piacere… non puoi proprio fare niente per lei Signora Conchiglia? Non voglio che muoia”.

“Io… io non posso, ma tu sì”.

“Come? Che cosa posso fare. Dimmelo” supplicò la bambina.

“Sì, per favore dicci come salvare questo piccolo” intervenne Baraka.

“Questo balenotto non può essere salvato…”. I bambini interruppero protestando.

“Fatemi finire… sfortunatamente è troppo tardi per lei… Ma ce ne sono migliaia come lei che finiranno con l’essere orfani. Voi potete cambiare il loro destino raccontando ai vostri amici quello che avete visto. Come siano belli gli abissi e le creature marine e quanta vita ci sia. Raccontate loro come scorie chimiche pericolose smaltite in mare e una pesca indiscriminata senza fermi biologici stiano distruggendo questo mondo meraviglioso e lasciando al suo posto un arido deserto marino.

Voi siete bambini ma insieme avete una voce fortissima, una forza immensa. Voi potete sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che anche gli esseri viventi del mare provano sentimenti, amano, respirano proprio come il leone e l’antilope sulla terra. Sono creature della natura e voi le dovete proteggere. Fate sapere agli altri quanto sia importante rispettare la vita in tutte le sue forme… soltanto allora il mare tornerà ad essere un luogo di bellezza e di bontà”.

“Per piacere Signora Conchiglia… riportaci a casa, non posso più sopportare questa vista” supplicò Malaika in lacrime.

“Mi dispiace così tanto piccolino. Vorrei portarti a casa con noi, mi sento così male a lasciarti da solo” disse Baraka.

“Mi dispiace, mamma balena, mi dispiace. Amen”.

Malaika la toccò ed appena lo fece un fascio di raggi luminosi proveniente dalla superficie inondò con la sua luce Marina e il suo piccolo come se il sole splendesse nell’acqua e la luce danzasse posandosi sulla povera balena morta. A questa splendida visione i bambini trattennero il respiro. La luce risplendeva come quella descritta nei libri sul Paradiso e sugli angeli e quando colpì l’arpione, che brillò come una spada d’argento, come per magia quello cominciò a salire, sempre più sù, fino a venir fuori completamente dal corpo di Marina. Turbinò a mezz’aria per un po’, lanciando bagliori d’argento e poi in un secondo svanì… Puf!

L’arpione scomparve nell’aria davanti ai lori occhi ed in quel momento l’acqua cominciò misteriosamente a rischiararsi fino a ritornare del bel colore di prima. I bambini rimasero senza parole, era incredibile!

Davanti ai loro occhi si era compiuto un miracolo!!! Si udì un suono acuto e mamma balena lanciò un getto d’acqua dall’orifizio attraverso cui respirava. Era viva!!! I raggi di luce scomparvero.

“La vostra tenerezza, la vostra dolcezza e il vostro amore hanno compiuto il miracolo. Il cielo ha guardato nei vostri cuori e ha visto la nobiltà dei vostri sentimenti e la sincerità del vostro affetto. Voi le avete ridato la vita; il vostro interesse per lei ed il suo piccolo hanno mostrato la purezza della vostra anima.

La vostra dolcezza ha portato felicità” pronunciò una voce sconosciuta che fece tremare l’acqua e riempì l’intero mare ed immobilizzò allo stesso tempo tutte le creature.

Deve essere un angelo pensò Baraka oppure un…

Malaika era così felice che voleva saltare, battere le mani per la gioia… era così eccitata che il suo sorriso le andava da un orecchio all’altro. Anche Baraka era felice e voleva saltare, ballare, battere le mani ma non poteva perché con una mano teneva quella di sua sorella e con l’altra la conchiglia.

Marina emise degli strani suoni e subito la conchiglia cominciò a tradurre.

“Grazie…” cominciò “grazie… siete stati molto buoni”.

“Noi saremmo stati felici di aiutarvi, ma non abbiamo fatto niente” spiegò Baraka.

“Per fortuna ci sono ancora persone buone. Ce ne dovrebbero essere altre come voi. Avete mostrato la vostra comprensione, solidarietà e affetto, sentimenti che mi hanno riportato in vita. Grazie” salutò Marina spingendo il suo piccolo che le nuotava accanto felice.

“Bambini dobbiamo andar via ora” dichiarò la conchiglia.

“Arrivederci piccolino, sii coraggioso” disse Malaika.

“Arrivederci Marina” salutò con tristezza Baraka.

“State bene… non dimenticatevi la bontà… grazie” disse Marina.

In quell’istante Baraka sentì la conchiglia diventare sempre più calda, la guardò e si accorse che stava emanando luce. Lentamente ripresero a girare come in un vortice. “Ecco, ce ne andiamo!” esclamò Baraka prima di chiudere gli occhi. Presero a girare sempre più velocemente, di più e ancora di più e poi di nuovo lentamente tanto da fermarsi. Questa volta fu Malaika che aprì gli occhi per prima. Ci volle un po’ di tempo affinché i bambini potessero orientarsi e riconoscere la loro casa, erano di nuovo nella stanza di Malaika in piedi proprio nel posto dov’erano prima del viaggio. Ella guardò l’orologio sulla sua toilette e si accorse che erano passati soltanto due minuti.

“Ma è impossibile” esclamò “Non possiamo essere stati via per due minuti soltanto”. Anche Baraka lo notò. Ogni cosa era allo stesso posto di prima. Era bello stare ancora in piedi sulla terraferma. “Wow! Che avventura!” disse Baraka osservando che si stavano tenendo ancora per mano e lasciò quella di sua sorella.

“Abbiamo sognato…” iniziò Malaika.

“Non credo” aggiunse Baraka stringendo qualcosa in mano. Lentamente, come se avesse paura di scoprire quello che c’era, aprì la mano.

Ciò che videro era straordinario. Non se lo aspettavano affatto. Al posto della conchiglia trovarono una bella pietra verde acqua a forma di balena. Era abbagliante, brillava e emanava bagliori da qualsiasi parte si guardasse.

“Dov’è la conchiglia?” chiese Malaika fissando la balena.

“Non lo so… ma penso che sia tornata a casa” disse Baraka.

“Lo so… questo è il suo regalo di addio” osservò Malaika felice”… ciò significa che dopo tutto non è stato un sogno!”

“Sì. Questa piccola balena ci ricorderà sempre la necessità di prenderci cura del nostro mondo” precisò Baraka.

Dopo alcuni secondi di silenzio, ciascuno immerso nei propri pensieri, Baraka disse “Malaika mi dispiace se ho cercato di rubare la tua conchiglia… mi dispiace per le botte”.

“Anche a me dispiace. Dimentichiamo… va bene? Niente più litigi, amici?”

“Amici! Va bene! Ho fame. Andiamo giù a prendere qualche panino” propose Baraka.

“Pensi che mamma e papà ci crederebbero se glielo dicessimo?”.

“No, soprattutto mamma. Penserebbero che lo abbiamo inventato o visto in qualche film… no, non ci crederebbero” replicò Baraka e pose in fretta la balena nel cofanetto di velluto sulla mensola e tutti e due lasciarono la stanza per andare a fare uno spuntino.

Prima di chiudersi la porta alle spalle si girarono a guardare i riflessi di luce color verde acqua della balena e lo splendore della luce di un paio di fieri occhi blu.