I racconti "brevissimi di Energheia"

I Brevissimi 2020 – Raccontami l’azzurro, Chiara Zanella_Trento

Anno 2020 – (I colori dell’iride – Azzurro)

Menzione Associazione Energheia: “Sarà che sono un’insegnante di Scuola dell’Infanzia, ben addentrata nelle dinamiche dei bambini… Sarà anche che, oltre ad essere un’insegnante, ho scelto di lavorare con i bambini disabili e di assistere alla loro prodigiosa capacità di trasformare la fragilità in un punto di forza, mi ritengo di aver letto questo racconto da una posizione privilegiata.
È una di quelle cose che non credi ti siano arrivate per caso: ci sei entrata subito in empatia! Ti piacciono i dialoghi, ti piace la delicatezza dello stile, ti piacciono le immagini che ti scorrono davanti agli occhi, ti piacciono i suoi suoni, ti piace quel sorriso che percepisci sul tuo volto durante la lettura, ti piace persino lo spazio con il quale la scrittrice ha deciso di distanziare le parole. Tutto è leggero, è azzurro.
È il dialogo tra due bambine che condividono una disabilità che provano a raccontarsi con uno sguardo poetico e concreto, posato su una moltitudine di similitudini che i sensi intrecciano vorticosamente. Cosa c’è di più visivo di un colore? Forse nulla. Eppure sapete cos’è questo racconto, scritto con garbo ed eleganza? È un’esperienza sensoriale, capace di raccontare l’irraccontabile. È una lezione di vita e di rivincita, la dimostrazione che, se qualcosa manca, possiamo cercarla altrove e in tanti altri modi, che l’immaginazione riempie ogni vuoto, che non si guarda solo con gli occhi e che l’amicizia è fatta di magiche similitudini e potenti compensazioni.
Se poi, a lettura fatta, chiedi alla segreteria chi sia l’autore e scopri che si tratta di una lei di 15 anni, beh, ti verrebbe voglia di abbracciarla e di dirle che è davvero sulla strada giusta.”

Una sferzata di profumo di fragola. Il rumore di una carta di merendina –o forse è di caramella? – che viene scartata.

-Vuoi un lecca-lecca? – chiede una vocina.

A giudicare dalla pronuncia delle “a”, l’altra bambina sta sorridendo. A Sara piacciono le persone che sorridono, perché sono sempre gentili e ti abbracciano quando sei triste.

-Sì, grazie. – risponde.

Si fa leggermente più in là sulla panca per farle posto e sente una manina toccarle il braccio. Apre le dita, lasciando che l’altra ci infili la caramella, e sorride.

-Sei come me? – chiede.

-Già. Di solito vengo qui perché la panchina è sempre vuota. Sei nuova?

A Sara questa bambina sta davvero simpatica.

Borbotta un assenso e comincia a raccontare.

Si è appena trasferita con la sua mamma, e frequenta questa scuola da due giorni.

Non voleva venirci all’inizio, ma mamma ha insistito perché “sei solo in seconda elementare, ci sono ancora tantissime cose da scoprire”, e allora giù a fare le valigie, e “no, quello non lo possiamo portare”, e “quell’altro possiamo ricomprarlo”, e alla fine hanno portato metà delle cose che servivano.

Mamma ha anche dimenticato la sua bambola preferita a casa –la sua vecchia casa- così sono dovute tornare indietro e rifare la strada due volte, e per di più non avevano nemmeno fatto colazione!

La bambina ride, e Sara è costretta a togliersi il lecca-lecca di bocca per evitare di soffocare.

-Come ti chiami?

-Sara. E tu?

-Azzurra.

-Come il colore?

-Esatto. Lo hai mai visto?

-No, sono nata così.

-Così come?

-Beh, cieca.

-Ah, davvero? Io no, io sono così da qualche anno, ma prima ci vedevo benissimo.

Sara, che aveva ricominciato a leccare con gusto la caramella, si ferma di colpo, stupita.

-Davvero? E… com’è?

-Com’è cosa?

-L’azzurro.

Segue un minuto di silenzio. Azzurra sta pensando, così intensamente che lei riesce quasi a sentire il traffico di tutti i suoi pensieri che vanno su e giù, suonando il clacson per avere la precedenza.

-Beh… dipende da te, perché per esempio a me piaceva tantissimo l’azzurro ma odiavo il verde, mentre mia sorella ama il nero.

-Penso che mi piaccia il blu. Ha un bel suono, “B-L-U”. È simile all’azzurro, vero?

-Sì, ma l’azzurro è più… ecco…

Ci sono! È come l’odore del dopobarba di papà, non quello alla menta perché è troppo forte e pizzica il naso, ma quell’altro.

-Io non ce l’ho un papà.

-Ah, no? E tua mamma non usa il dopobarba?

Sara ci deve riflettere un istante.

-Non credo.

-In effetti nemmeno la mia lo ha mai messo…

Sei mai stata al mare? Hai presente quando sei vicina alla riva, e ti arrivano quelle goccioline salate sulla faccia…

-Sì! – Sara quasi grida, entusiasta.

-L’azzurro è come il mare. O come il gelato alla viola. Probabilmente non lo hai mai assaggiato, ma dovresti.

Azzurra si lascia andare a un sospiro sognante.

-Che suono ha l’azzurro?

-Non ha un suono. L’azzurro è il silenzio. Non il silenzio di quando la maestra chiede qualcosa e nessuno la sa, perché quel silenzio fa paura, ma quello di quando sei stanca e ti sdrai e ci sono solo gli uccellini che cinguettano.

-Quindi ha il sapore del mare e del gelato alla viola, e il suono del silenzio… mi piace! E poi?

-Beh, l’azzurro è come quando aiuti in casa e la mamma ti abbraccia e ti dice che sei stata brava e poi ti da un bacino sul naso. – uno sbuffo –Poi però non te ne dà più perché ha da fare. Secondo me, è quello l’azzurro.

-È… bellissimo.

-Già.

-Hanno fatto bene a chiamarti Azzurra.

-Perché?

In quel momento a Sara viene un’idea.

-Prima hai detto che dipende da me decidere com’è l’azzurro… e tu mi ricordi tutte le cose che hai detto –a parte il gelato alla viola- quindi… secondo te, puoi essere un pezzettino di azzurro? Per me? Così posso capire cos’è anche io. Secondo te si può fare?

Azzurra ridacchia, ma risponde: -Non credo sia la stessa cosa però, se vuoi, per me va bene. -.

Sara sorride, afferrandole una mano.

-Ti va di essere la mia migliore amica?

-Sì! E tu?

-Anche.

Le dita si stringono fra loro, un po’ sudate e appiccicaticce, ma…

magari anche questo è l’azzurro.