Le parole dei giurati

Emozionante vedere questa fiducia imperitura nella scrittura

– di Martino Lo Cascio
Presidente Giuria XXIII edizione Premio Energheia_2017

Ci si può innamorare perdutamente di un concorso come fosse donna sensuale e intrigante?

La risposta affermativa si condensa con tratti nitidi nella mia mente, altre volte vuota come una bottiglia in mare.

Così mi dice la testa, dunque, mentre sto in estasi mirando e rimirando i sassi di Matera che, nel loro lucore mi abbagliano e colmano di energia.

Sono stato chiamato indegnamente a far parte della giuria del festival. Volevo declinare l’invito affettuoso ma lo slancio, l’innocenza e l’acume di Felice Lisanti ebbero la meglio. Per dirla tutta – siamo uomini, no? – avevo pensato che era un’ottima opportunità per incontrare degli amici fraterni. Loro praticano l’ospitalità con la stessa normalità con cui respirano. Sono tutt’uno con l’accoglienza come un antico poeta lo è con la lingua dei suoi versi.

Non avrei mai immaginato, lo confesso sommesso e mestamente, la gioia che mi si sarebbe riservata nel leggere i racconti che erano stati inviati.

Emozionante vedere questa fiducia imperitura nella scrittura. Commovente il coraggio di mandare trame e parole nel gesto di chi chiede ascolto. E la convinzione che sarà mantenuta la promessa di un orecchio pronto a collegarsi al cuore altrui.

E quanti giovani! Quale audacia desiderare esser letti. E magari vincere la sfida e convincere chi emetterà il giudizio insindacabile.

Ma qui scatta l’unicità esemplare di Energheia e dei suoi giorni immersi nel miracolo. La competizione è solo un travestimento, un pretesto si direbbe, per fare incontrare, per partecipare di una medesima voglia di vivere, di tramandare. Energheia, mescolando racconti, cortometraggi, incontri, in un clima di festa dell’anima, rifocilla tutti alla fine, si beve alla fonte insieme, sentendosi comunità.

Ho ancora gli occhi lucidi, ammetto che per me è stato il momento più significativo e profondo, per i premi che sono andati ai giovani provenienti da altre nazioni. La freschezza e lo spessore di tutte quelle differenze me li porto dietro continuamente. E quel video fatto col telefonino dove la vincitrice sottovoce ci dice che non può allontanarsi dal suo paese per paura di non potere rientrare. Ecco, tangibile e preziosa, la fede nelle parole come baluardo contro la barbarie di ritorno e l’uso delle tecnologie per ritagliarsi ancora un dialogo con il mondo e con il proprio orizzonte futuro.

Energheia sfonda così i confini asfittici dello status quo odierno. E lo fa – l’ho visto dal vivo, vi assicuro – con la chiave più difficile. Quella che se non la possiedi, non te la puoi neanche procurare. Quella che si perde giorno dopo giorno inseguendo false piste. La chiave di Energheia è la sua “semplicità”, la sapiente ingenuità con cui aggiunge un surplus d’umanità alla scrittura, tassello dopo tassello, anno per anno.

Ecco. La dico così ora. In questo punto del mondo si leggono ad alta voce i racconti e ci si sente investiti di un fuoco primordiale. Si avverte che la terra, le pietre, la storia più antica, ti chiedono di conversare, ti avvolgono riscaldandoti.

Ognuno sente i propri luoghi come il centro dell’Universo. Eppure Matera riesce a guadagnarsi questo posto anche per chi viene da fuori.  Gli occhi e le parole, la preistoria e l’eterno dopodomani, si danno felicemente la mano da queste parti.

E già vorrei tornarci.