L'angolo dello scrittore

Coordinate tempo ignorate

_di Roberto Vacca

“Sono già le sette e  tre quarti? E io che credevo non fossero ancora le sei?”

Alcuni di noi sanno dire che ore sono sbagliandosi al massimo di pochi minuti. Talora riescono a svegliarsi la mattina esattamente all’ora che hanno deciso la sera prima. Altri ignorano sempre che ora sia. In certe culture si ignorano anche le date. Pare che i primi cristiani e, più recentemente, i mussulmani salafiti dovessero ignorare la propria data di nascita. Ricordarla sarebbe come voler innovare la fede.

Chi soffre di Alzheimer tende a perdere gradualmente la nozione del tempo. Rari casi estremi di non consapevolezza del trascorrere del tempo sono causati da disfunzioni cerebellari dovute a traumi. È strano, però,  che questi non modifichino i ritmi fisiologici circadiani nell’arco del giorno.

Chi arriva  sempre in ritardo agli appuntamenti o non rispetta le scadenze è considerato uno smemorato o un distratto. È proverbiale la mancanza di puntualità di certi sudamericani che rimanderebbero tutto a “mañana”. Anche molti italiani del Nord sostengono che i meridionali sarebbero procrastinatori.

Queste inadeguatezze sono, in genere, preterintenzionali. Da qualche tempo, invece, taluno combatte le regolarità temporali in modo premeditato. Sostiene che non ha senso prendere impegni per certe ore e poi guardarsi al polso per soddisfarli. Basta usare telefoni cellulari per dirsi:

“Vediamoci subito qui a casa mia”.  Oppure:

“Chiamami appena sei libero e verrò subito da te.”

Una vita organizzata  in modo tanto improvvisato sarebbe scomoda. Il sistema sarebbe poco utile per organizzare incontri fra molte persone.

Si sentono altri individui che si dichiarano angosciati dalle imposizioni temporali. Dicono di provare stress, se solo guardano un orologio. Uno ha detto:

“Mi dissocio dagli orologi!”

Un altro dice che gli dà noia programmare attività di alcune ore incastonate nell’arco della giornata. Lo considera pesante e impegnativo. Risente anche questa scelta come un’imposizione, sebbene l’abbia fatta lui stesso. Suggerisce, allora, di usare orologi che segnino il tempo solo per poche ore. Sostiene che bisogna dare priorità alle singole attività. Quindi dedica a un singolo  compito, un misuratore che mostra il tempo trascorso magari con un display in cui il tempo assegnato a un certo lavoro appare in rosso e, gradualmente diventa verde.  Purtroppo non ci sono mezzi semplici per fornire una indicazione (in nero?) del tempo in cui uno stava semplicemente sognando a occhi aperti. Se sei connesso in Rete e non ti astieni rigidamente dal guardare la posta in arrivo, hai  occasioni continue di perdere tempo a ogni e-mail che ti arriva. Se ti propone un link a YouTube, sfuggilo. È alto il rischio che sia insulso e ti blocchi per troppi minuti.

Dubito che converrebbe ai costruttori produrre apparecchietti mirati a soddisfare  queste esigenze strane. Le persone nervose che soffrano di idiosincrasie faranno meglio a curarsi o, semplicemente, a riflettere.

 

Economisti e statistici misurano la produttività del lavoro: deve essere alta per generare più valore aggiunto, che apparirà poi nelle misure del prodotto interno lordo.

Sappiamo bene che “lavorare stanca”. Se devi fare un lavoro ben definito, ti conviene di liberartene nel più breve tempo possibile. Per farlo, i compiti da svolgere devono essere studiati con metodo. Vanno evitate le attività inutili. Vanno cronometrati e minimizzati i tempi e gli sforzi necessari a compiere ogni passo. Lo codificò F. W. Taylor più di un secolo fa e spiegò come un lavoratore vada motivato a lavorare bene. Naturalmente il taylorismo funziona per lavori ben definiti e ripetitivi e non per quelli che richiedano inventività.

Anni fa ho lavorato a lungo a tradurre libri, articoli e rapporti scientifici e tecnici da tedesco, spagnolo e inglese in italiano, da francese, spagnolo e italiano in inglese. Per testi non troppo difficili, mi ci voleva un’ora per pagina. Registravo accuratamente i miei tempi e cercavo di battere i miei record di giorno in giorno – il lavoro non è  tanto divertente, a meno che uno non traduca pezzi di cui è autore, in modo che mentre traduce, migliora e  modifica, magari, anche il testo originale.

Tenere conto dei tempi aiuta anche a minimizzare i tempi morti ed evitare distrazioni. Non ha senso, invece, segnare i tempi di scrittura di una pagina nuova di saggistica o di narrativa. Lo spirito creativo spira quando e dove vuole. I creativi lavorano 24-7 –  cioè 24 ore al giorno per sette giorni alla settimana.