I racconti del Premio Energheia Europa

Contrattempi, Lucie Mathieu

Premio Energheia Sorbona 2020

Traduzione a cura di Marine Riglietti

Coordinamento progetto: Sidonie Larato

Costeggia gli alti cancelli del giardino con passo a volte affrettato, a volte tranquillo, riflesso dell’andamento dei suoi pensieri. Non guarda i cancelli, eppure percepisce con la coda dell’occhio la loro disposizione a scatti, un motivo che la sta martellando dentro. Poi, la calma. Si ferma e guarda da dove venivano gli scatti un momento fa. Ora, si stende davanti a lei un cammino di ciottoli e sabbia, come ce n’erano in alcuni suoi ricordi d’infanzia. Trasportata dal flusso d’immagini, Piuma imbocca il viale, sempre persa nei suoi pensieri, collegata alla realtà da un unico elemento: il vento. Avanza, quasi ballando, in armonia con la brezza, e le sue idee e i suoi passi la conducono inconsciamente verso due eventi.

Il primo è una manifestazione artistica e politica attorno alla statua Il Mercante di maschere. I grandi autori dell’Ottocento indossano ormai una mascherina chirurgica con iscrizioni come “BIANCO O NIENTE” o “DO RE MI FASCIO”. Piuma scruta ognuna di loro e decifra tutte le lettere che contengono. Le lettere, non le pronuncia mai. Cinque mascherine sono già a posto, e quando Piuma cerca la sesta, i suoi occhi cadono su due mani.

Il suo sguardo risale lungo le dita, i polsi, le braccia, le spalle e infine la faccia del secondo evento. Nel momento in cui i loro sguardi si incontrano, lei sussulta leggermente. Si fissano per un istante poi il ragazzo si allontana da lei per applicare la sesta mascherina. Piuma osserva i suoi gesti, le forme e i colori. Lui tira fuori una settima mascherina e gliela porge con naturalezza. Lei guarda ancora una volta le sue mani. Le ispirano una fiducia istintiva, quindi prende la mascherina e copre Barbey D’Aurevilly con una protezione contro la “PARANO-I.A.”. Riproduce meticolosamente i gesti del ragazzo, più lentamente, e mentre lei attacca una mascherina, lui finisce di sistemare la seconda. Anche lui la osserva e Piuma sente come una specie di tenerezza che emana dal suo sguardo. Il ragazzo inizia a scalare la statua per disporre gli ultimi pezzi. Senza scambiare una parola, si organizzano e coordinano i loro gesti. Non appena si mette in piedi là sopra e si stabilizza, lei è pronta a porgergli una nuova mascherina. “DIRITTI UMANI”.

Mentre il ragazzo finisce di appendere tre mascherine al braccio destro del Mercante, ricordi delle parti smarrite della statua, Piuma si perde di nuovo nei suoi innumerevoli pensieri. Una volta tanto nessuno sta cercando di parlare con lei. Di capire cosa succede nella sua testa. Perché riflette sempre così tanto. Nessun “Buongiorno” falsamente educato, nessun sorriso forzato, nessun contatto inutile. Contano solo l’interesse per il momento e la loro presenza lì. Le domande che pone, a sé stessa e al mondo, piovono. Perché ora? Perché qui? È un caso è il destino? Perché si comporta così? Riflette anche lui quanto me? Cosa sta pensando? Ha capito come sono non appena mi ha visto? È sicura, comunque, di una cosa: è profondamente intrigata da questo ragazzo. Lui a confronto sembra di una calma assoluta. Scende dalla statua, gira intorno una volta per controllare che sia tutto a posto, e si piazza di fronte alla sua opera per contemplarla un attimo. Piuma, sopraffatta dalle sue idee, si siede di fronte alla statua. A terra, in mezzo al viale. Tira fuori un quaderno e una matita, come fa ogni volta che qualcosa le viene in mente, e comincia a disegnare l’opera appena compiuta.

Piuma alza lo sguardo verso il ragazzo. Sembra soddisfatto e tira un sospiro misto a un sorriso largo quanto il viso. Si siede a sua volta. Piuma inizia un nuovo schizzo per catturare questa soddisfazione. Lui è attento ad ogni linea che traccia e lei lo sa, lo sente. Piuma percepisce i movimenti intorno a loro, anche senza farci caso. Sente un lontano profumo di fertilizzante portato dalla brezza. Non potrebbe mai avvicinarsi alla fonte di quell’odore perché il suo naso ne sarebbe sopraffatto. Sente la brezza stessa che sta tentando piano piano di girare le pagine del quaderno. Sente tutto mentre continua a disegnare. Finisce abbastanza velocemente lo schizzo – piuttosto realistico per uno schizzo – e mentre sta tracciando l’ultimo tratto, una raffica di vento gira la pagina. Piuma si ferma di colpo. Fino a quell’istante, era tutto perfetto ma, ora, una linea graffia una parte del viso del ritratto. Piuma è totalmente destabilizzata, non può cancellare senza ricominciare tutto da capo, non può rimediare disegnando sopra, perché la sua disposizione casuale dello schizzo non consente di fare niente, non c’è modo di riparare l’opera dal vento. Il suo disegno è rovinato. Se lo ricominciasse, non sarebbe più così perfetto, così interessante, così spontaneo. Sospira disperata: dovrà lasciare fuggire quell’attimo. Il ragazzo non ha distolto lo sguardo dalla scena, neanche una volta. Poi si gira verso Piuma, prende delicatamente la matita, sposta leggermente il quaderno in modo da rivoltarlo verso sé e comincia a tracciare altri tratti, a caso. Lei lo guarda con preoccupazione all’inizio, sicura che non farebbe che rovinerà ancora di più il disegno. Ma lui traccia una decina di tratti in tutta fretta, guarda la pagina e ne fa un altro ancora. Stupita, Piuma nota che sta venendo fuori una dimensione che non ha mai esplorato prima. Il ragazzo appoggia la matita nell’ incavo del quaderno e aspetta la reazione dell’artista. Piuma annuisce in segno di approvazione, guardando l’evoluzione del suo schizzo con occhi spalancati.

Piuma richiude il quaderno e lo ripone insieme alla matita in una grande tasca del cappotto, ancora turbata da quel ragazzo a cui vorrebbe dare un nome. Diverse lettere le ballano in testa, ma non le piace nessuna delle combinazioni che le vengono in mente. Il ragazzo si alza, lei lo segue e iniziano a camminare in direzione di un angolo riparato del giardino. Quando raggiungono la distesa verde, Piuma ispira profondamente. I profumi degli abeti e delle piante sono come un tesoro in mezzo alla città che vuole godersi a pieno. Si guarda attorno. La gamma di colori naturali che vede le piace: l’erba è di un verde brillante e le foglie offrono sfumature dallo scuro al chiaro, il grigio-marrone dei tronchi è dolce, la luce che passa attraverso il fogliame accarezza la terra e dà al prato un aspetto morbido…

Piuma si accorge che per la prima volta non è assorta nei suoi pensieri. È attenta a quel mondo esterno calmo e tranquillo, mentre di solito prende coscienza della sua esistenza solo quando diventa ansiogeno.

La loro passeggiata improvvisata continua lungo un viale senza alberi. La luce del sole è così forte che diventa quasi dolorosa, costringendo Piuma a chiudere completamente gli occhi. Le piace però il calore che sente sulla parte destra del viso. Si lascia guidare dal ragazzo di cui sente la presenza, a destra anche lui. Quando il viale gira, il sole sta di fronte a loro e la sua luminosità diventa insopportabile. Il ragazzo se ne accorge. Si gira e comincia a camminare all’indietro. Lei ovviamente lo imita e sorride, non ci aveva mai pensato. Eppure, pensa spesso. Ma sono tutti pensieri troppo complicati, troppo riflessivi, troppo profondi. I pensieri del ragazzo sembrano semplici, pratici e diretti al punto.

Lui si lascia trasportare dai suoni. Il canto di un uccello, la risata di un bambino, un clacson di un’auto gli fanno cambiare direzione ogni volta. Vagano così per ore che a Piuma sembrano minuti. Il mondo del ragazzo sembra fatto dall’ambiente esterno, non da un mondo interiore. Piuma si perde in quel mondo, sensibile come il suo ma allo stesso tempo assolutamente diverso nella sua essenza. Piuma si immerge in quel mondo che le porta una vampata d’aria fresca.

Riscoprì così il quartiere che conosceva così bene. Quanto al ragazzo, sparì all’angolo di una strada, così come era apparso. Piuma cercò un attimo di orientarsi, ma non riuscì più a trovarlo. Tornò a casa piena di tutte le sensazioni di quella giornata e del ricordo del ragazzo, che nessuno era sembrato notare, e anche lei cominciava a dubitare della sua esistenza.

Piuma cominciò a vedere il mondo. Rivisse anche quei ricordi. Voleva camminare di nuovo per i viali, rivedere gli edifici, sentire i profumi e il sole. Come rimase delusa quando annunciarono il lockdown! Trascorse i primi giorni a rimuginare tutte le immagini nella speranza di non perdere nulla. Poi, in un tardo pomeriggio soleggiato, notò il cavalletto nell’angolo di una stanza. E mentre i suoi ricordi cominciavano a sgretolarsi, la vista di questo oggetto che aveva davanti agli occhi ogni giorno determinò l’inizio de suo primo grande progetto. Ogni momento che riuscì a ricordare nei minimi dettagli, Piuma lo dipinse.

Ci impiegò settimane. Non potendo tornare sui loro passi, li disegnò, uno per uno, in una perfetta cronologia. Compose così la sua prima collezione. Decine di quadri, ricordi della sua esperienza, si accatastarono in ogni dove. Piuma decise di farne una mostra alla fine de lockdown. Un dettaglio tuttavia continuava a preoccuparla. Avrebbe voluto dare alla mostra il nome del suo fugace compagno, ma non riuscì a trovarne uno. Alla fine, la intitolò “Contrattempi”. Piuma pensò che questa parola illustrasse l’evento alla perfezione.

Il giorno dell’inaugurazione Piuma si sente come sempre si sente quando sta in mezzo a una folla: fuori posto. Eppure, questo momento è suo, dovrebbe essere felice del suo progetto e del suo piccolo successo. Per un’artista come lei, è un’occasione importante. Piuma è soddisfatta dell’organizzazione e delle sue opere. Ha concepito la mostra in modo che ognuno scoprisse i vari momenti nell’ ordine originale, perché le sembra che abbia più senso così. L’evoluzione della sua percezione del mondo colpisce di più in questa maniera, più di una storia scucita. Piuma si ricollega per un attimo al presente cercando di percepire l’atmosfera. Le sembra difficilmente gradevole, tutti i presenti parlano allo stesso tempo, creando un ronzio di suoni indistinguibili, la luce artificiale è troppo forte, c’è un’agitazione permanente attorno a lei. Tanto più che, essendo lei al centro dell’attenzione, molti vengono a dare pareri e a fare complimenti ai quali lei risponde con un grande sorriso. Non potrebbe rispondere a tutto.

Piuma pensa di aver fatto bene a insistere per le piante. Creano armonia con i colori della stanza e nonostante tutto allievano l’atmosfera. Piuma osserva la gente comincia a seguire il filo di quel giorno di marzo insieme a loro. Rivede il viale di ciottoli e sabbia che l’ha portata alla statua. Le mascherine, le mani del ragazzo. La loro coordinazione istintiva. L’opera completata. Passa fluidamente da un quadro all’altro, senza che distogliere lo sguardo e senza che s’interrompi il flusso di ricordi. Arriva infine al suo capolavoro: il volto soddisfatto adornato dal vento. Lo guarda appena e chiude gli occhi, sorridendo all’immagine. Un morbido calore la invade e si tranquillizza. Alla fine, non ha mai trovato un titolo per quest’opera, così come non ha mai trovato il nome di quello che rappresenta. Quando riapre gli occhi, sussulta leggermente, come la prima volta. Davanti a lei, di fronte al quadro, sta il ragazzo. Anche lui la guarda con un sorriso. In quel momento, Piuma trova finalmente un nome per lui. Prende un respiro e sussurra con stupore:

“Il ragazzastro”.