L'angolo dello scrittore

Cervello come macchina del tempo e universo-blocco.

_di Roberto Vacca

Il nostro corpo è un orologio? Il nostro cervello misura il tempo? Risponde a queste domande e a molte altre Dean V. Buonomano, professore di neurofisiologia e psicologia all’Università della California, Los Angeles [1].

Sappiamo bene che molti animali prevedono i loro bisogni futuri: conservano riserve di alimenti anche a lungo. Noi ricordiamo il passato e cerchiamo di prevedere l’avvenire. Consideriamo reale solo il presente. Molti fisici e neurologi condividono questo approccio che viene chiamato presentismo. Il cervello è una macchina del tempo nel senso, ovvio, che possiamo riandare con la mente allo svolgimento di eventi passati che ricordiamo o di cui abbiamo avuto conoscenza da racconti di altri, orali o scritti, o da tracce lasciate nel mondo da eventi naturali e da opere dell’uomo. Pensiamo al tempo, con un’analogia spaziale, come a una strada senza bivi, né incroci, né uscite, né inversioni di marcia.

Per viaggiare mentalmente nel tempo, dobbiamo averne nozione – percepirlo. In effetti non percepiamo la realtà oggettiva: il cervello cerca di capire cosa sia a causare le nostre sensazioni. Il cervello fa continuamente previsioni n tempo reale non solo di che cosa stia per accadere, ma anche di quando accadrà – fra microsecondi, secondi, minuti, settimane, mesi. Le previsioni di eventi futuri nell’arco di anni sono precise per certi fenomeni naturali; sono imprecise, intuitive o basate su modelli empirici per altri fenomeni naturali e per le vicende umane.

I neurofisiologi hanno scoperto che il nucleo di neuroni soprachiasmatico marca il tempo circadiano, che copre l’arco di un giorno. Il cervello, però, non ha un solo orologio. Se il nucleo soprachiasmatico subisce lesioni, non viene menomata la nostra capacità di discernere intervalli della durata di secondi. Una moltitudine di circuiti e meccanismi neurali generano configurazioni che creano il nostro senso del tempo e, in certo senso, creano il tempo. Molti di questi non sono localizzati nella corteccia cerebrale, ma anche nei gangli basali e nel cerebello.

Ogni segnale prodotto da un neurone viene trasmesso lungo un assone connesso alle sinapsi che rilasciano sostanze dette neurotrasmettitori che agiscono sui recettori dei neuroni a valle. I tempi di questi processi sono stati studiati ampiamente, ma non codificano l’informazione temporale da noi percepita – la nostra capacità di giudicare il tempo che passa. Come i due processi funzionino e interagiscano, non è noto. Buonomano dice chiaramente che ci troviamo davanti a un grande insieme di misteri scientifici: la coscienza, il libero arbitrio e la natura relativistica del tempo. Non sembra affatto che qualcuno si stia avvicinando a risolverli. Stiamo solo capendo un po’ meglio quanto siano difficili questi argomenti.

Non ci aiuta molto questo autorevole scienziato quando scrive frasi ornate – e banali – come:

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[1] Buonomano, Dean V. – Il tuo cervello è una macchina del tempo, Bollati Boringhieri, 2018.

“I nostri organi sensoriali non sono in grado di apprezzare la durata di un battito di ali di un colibri [circa 12 millisecondi], né la velocità della deriva dei continenti.”

È discutibile anche la sua asserzione che la teoria speciale della relatività di Einstein implichi che dovremmo considerare l’universo come un blocco a 4 dimensioni [le tre dimensioni spaziali più il tempo] in cui il passato, il presente e l’avvenire sono ugualmente reali. Secondo questa teoria, chiamata eternalismo, il presente non ha niente di speciale: “ora” sta al tempo come “qui” sta allo spazio.

Questa teoria è sostenuta da Bradford Skow, professore di filosofia al Massachusetts Institute of Technology [MIT] nel suo libro “Objective Becoming” [“Diventare oggettivo” – Oxford University Press, 2015]. Sostiene che il tempo non passerebbe: crediamo che fluisca perché è come se un riflettore illuminasse per noi un istante dopo l’altro, mentre ogni istante è sempre esistito ed esisterà per sempre. Naturalmente così si elimina il libero arbitrio: non esistono nemmeno le decisioni. Stranamente avevo concepito questa teoria da ragazzo, ma non ci avevo perso tempo. Mi rendevo già conto che, anche se fosse vera, sarebbe indimostrabile.

Invece Skow ci ha perso parecchio tempo. Penso che non sia serio. Infatti ha scritto:

“Penso che questa teoria sia una fantasia – ma mi è tremendamente simpatica.”