I racconti Kaleidos, Kaleidos, racconto fotografico

A di Africa, A di acqua

fotoracconto finalista Premio Kaleidos Africa’s Pictures 2012_di Carmine Caglia
sezione 18-19 anni

E’ il secondo venerdì del mese . Le cisterne delle famiglie che ne hanno una sono già vuote da giorni in attesa di essere riempite dai camion dei venditori d’acqua. Ne passa uno circa due volte al mese. Il servizio è caro e molti uomini partono verso la città per mandare i soldi alle mogli…e a volte non arrivano.

Il camion questo mese è in anticipo di due giorni. E’ una fortuna…mi ero stancato di arrivare al pozzo a tre chilometri dal villaggio…l’unico che non si è ancora prosciugato. Anche il venditore d’acqua è sempre più stanco. Lo si vede dagli occhi rossi e infossati. La ruga sulla sua fronte è più marcata dell’ultima volta. Probabilmente gli effetti del sole che si scontra continuamente contro le palpebre che per resistervi si socchiudono in strette fessure. O forse gli effetti di pensieri che consumano quella fronte scura.

Mia madre intanto scruta l’acqua nella cisterna sul camion che dovrà bastarci a malapena per un paio di settimane.

˂˂ E’ sempre più verde˃˃

Il venditore d’acqua fa finta di non sentire mentre cerca la pompa per il travaso.

˂˂L’acqua…è verde˃˃ ripete mia madre che ora inizia ad innervosirsi…compriamo l’acqua perché quella del pozzo è semi tossica.

Vuole sapere se i soldi che ci manda mio padre sono soldi buttati. L’autista esasperato dice pacatamente ˂˂Signora, la vuole o no? ˃˃ domanda retorica…Infine chiede esausta ˂˂Ma perché è verde? Vorrei saperlo…˃˃ ˂˂Non lo so…probabilmente è colpa della cisterna˃˃

Alla fine la compriamo… Non abbiamo scelta.

Nonostante tutto nel villaggio non ce la passiamo poi tanto male. I collegamenti con la città consentono rifornimenti mensili. Alcune famiglie hanno anche pozzi che a seconda della necessità mettono in comune con il villaggio. E il tasso di mortalità è di un bambino su tre…siamo fortunati qui.

Il vecchio che è seduto sempre davanti al mercato vuoto, ogni tanto racconta del luogo in cui è nato, nel sud. Era scappato per via delle guerre tra tribù nomadi che spostandosi lungo i corsi d’acqua avevano invaso le terre di altre tribù… le contraddizioni delle dighe, costruite per distribuire equamente le risorse idriche nelle coltivazioni di pochi. A volte le forti piogge le fanno strabordare, inondando villaggi e campi.

Sono i risultati dei cambiamenti climatici uniti alla fragilità dell’ ecosistema africano, uno dei più delicati al mondo…ma soprattutto sono il prezzo di un progresso industriale che non ha coinvolto la gente su cui grava.

Il vecchio racconta ai giovani del villaggio che gli uomini della sua terra si avvicinano ai corsi d’acqua con cannucce nella speranza che bevendo l’acqua più in profondità si eviti il rischio di malattie. Lì un bambino su due muore di colera quando non è la febbre o la fame ad ucciderlo. Poi chiediamo al vecchio di raccontarci delle grandi città più a nord, di come si viva lì che c’è acqua corrente in ogni casa ed è sempre limpida e non finisce mai.

Lui ha viaggiato molto e per un periodo ha vissuto bene. Non si sa perché sia tornato. Alle nostre domande sulla città non risponde. Dice solo di non sognare troppo…che quello è un altro mondo. Per certi versi più triste del nostro. Io non ne sono convinto.