I racconti da sceneggiare, I racconti del Premio letterario Energheia

Tre giorni_Alessio Cantarelli, Milano

_Miglior racconto da sceneggiare diciassettesima edizione Premio Energheia 2011.

Cap 1

Prendo il caffè ogni mattina al bar di Lello.

Ogni mattina, io mi siedo al bancone, alzo la mano e lui, già sapendo, urla “SUBITO!”

Ogni mattina, prima di andare al lavoro.

Ogni mattina da 5 anni.

Ma questa mattina, Lello non ha urlato.

Mi ha messo una mano sulla spalla e mi ha chiesto come stessi.

E dire che mi ero svegliato un pò prima per fare le prove di atteggiamento disinvolto, dinanzi allo specchio.

Prove inutili, visto che sono servite a reggere la maschera per non più di una frazione di secondo.

Il fatto è che… l’altro ieri Bettina se ne è tornata dai suoi a Caulonia e odio accompagnarla alla stazione.

Mi deprime sempre.

Sarà perchè sono emotivo.

Sarà che, quando deve partire, si caccia sempre in testa quel basco informe, che mi fa venire il crepacuore.

Il basco da viaggiatrice dei primi del Novecento, lo chiama lei.

Il basco da orfanella dei primi del Novecento, lo chiamo io.

Fatto sta che quando inizio ad abbracciarla, in stazione, non riesco mai a mollare la presa.

E, quando la lascio, mi si accartoccia l’umore.

Dovrei pensare che tornerà tra due giorni, invece di perdermi nelle pagine di romanzi d’appendice di donne insoddisfatte, che tradiscono il marito borghese con bei pirati muscolosi.

Dovrei pensare che quando torna ci sposeremo.

 

Cap 2

Sorseggiando il mio “SUBITO!” (caffè corretto con grappa), sento un campanello suonare.

So che il campanello suona, ma mi giro comunque.

Andrea Demidea ha i miei stessi orari e prende sempre un cappuccino smile (un semplice cappuccio, con faccetta sorridente disegnata col cioccolato liquido), prima di aprire il suo negozio di fiori.

Ci conosciamo da una vita, io e Andrea.

Avevo otto anni e volevo regalare a mia madre una pianta.

Aveva otto anni, Andrea, e mi serviva con professionalità ed esperienza, mentre la madre rispondeva al telefono e sua sorella Dorotea mangiava un coniglio di cioccolata nella stanzetta.

Poi, sua madre è morta e lei ha iniziato vestirsi da strega e a non parlare con nessuno.

A parte me, che sono il suo migliore amico.

E a sua sorella Dorotea, ma solo per sapere cosa ha preparato da mangiare.

 

Cap 3

Finito il mio, aspetto che Andrea finisca il suo, guardandola mentre dondolo sullo sgabello.

Odia uscire dal personaggio che si è creata, quando siamo tra i verderesi.

Quindi, chi prima finisce aspetta l’altro, e poi mi accompagna fino al pullman.

E parliamo di musica, lavoro, ci scambiamo racconti di vita e confidenze.

Anche se, questa volta, dovrò confidarle che mi sposo tra tre giorni.

E so già come la prenderà.

Dirà che sono un idiota ed avrà ragione.

Ed io le dirò che sono un uomo di parola e quello che dico, faccio.

E che forse potevo non fare, ma ho fatto, e quindi pago le conseguenze del mio gesto.

D’altronde, come potevo non dire ‘mi vuoi sposare?’ alla donna che mi ama?

Sì, beh, certo.

Era ubriaca persa ed io la stavo lavando con l’erogatore e la spugna e forse mi ha detto che mi ama solo per ringraziarmi.

E forse mi ha risposto di sì, sempre perchè alticcia.

O forse no.

 

Cap 4

– Sei un idiota, Antonio, un vero idiota.

Andrea ha la voce cavernosa, quando parla.

L’ha sempre avuta, anche quand’era la stella dell’atletica femminile verderese.

Fa un certo effetto, sentirla darti dell’idiota.

Come se la tua coscienza ti sussurrasse nelle orecchie.

– Ma, Andrea, comprendimi… è che era così dolce e…

– Era ubriaca.

– Sì, era ubriaca. Ma si è sempre sinceri, da ubriachi, no?

– Da quanto la conosci? Non me l’hai fatta mai conoscere.

Quando conosci una ragazza, me la presenti dopo un mese, dicendo che è l’amore della tua vita.

Poi ti molla e piangi.

– Non è vero. Quando mi ha mollato Vanessa non ho…

– Ah, vero. Non hai pianto. Ma forse non ti ricordi che ero costretta a sequestrarti i fumetti per farti radere. E poi avevi una faccia…

– Che faccia?

– Che faccia? Questa faccia appesa che hai ora che la tua fidanzata… Come si chiama?

– Bettina.

– Che sta per?

– Elisabetta. Elisabetta Russo. Non dirlo a Dorotea.

– Certo che glielo dico. Sei un’idiota. E sali sul pullman, che sta partendo.

– Ok.

– Buona giornata, idiota.

 

Cap 5

Aspetto che siano tutti seduti.

Aspetto che siano tutti seduti per alzarmi in piedi.

Un respiro, un sorriso.

Omar, il responsabile della mia stessa età, ha già capito che è una faccenda di donne perchè guarda il mio sorriso e sorride sornione.

Ma questa volta non si aspetta che mi stia per sposare.

E lo vedo aprire la bocca sorpreso, quando dico a tutti che fra tre giorni mi sposo.

E vedo mani che mi vogliono stringere, risate e baci.

Vedo gli occhi della signora Martina bagnarsi.

Vedo facce felici offrirmi da bere e vedo ogni mansione fermarsi per festeggiare la lieta novella.

Arriva anche gente da altri uffici e mi abbracciano e mi fanno le congratulazioni.

E’ buffo.

Il lavoro non mi ha mai dato amici.

Ma ora, mi sento circondato da affetto.

 

Cap 6

Durante la pausa pranzo, mi chiama Andrea.

Non mi ha mai chiamato, lei odia i cellulari.

Ha paura di beccarsi il tumore al cervello e quando è costretta a chiamare, chiama col vivavoce.

Ed infatti la sua voce la sento lontana lontana, ma quel che mi dice è chiaro.

Stasera vado a stare da lei.

Non so per quanto, non so come.

So solo che stasera mi aspetta alla fermata del pullman ed andiamo da lei, e che mia madre è d’accordo.

Mia madre non mi vuole più parlare.

Dice che sono un idiota.

Ma, a differenza di Andrea, lei lo ha sempre pensato e questa storia del matrimonio è solo un’ulteriore prova.

 

Cap 7

Andrea è bellissima.

L’ho sempre pensato.

Vederla lì, appoggiata al muro che cinge il parco dove c’è la fermata, in tutta la sua triste bellezza, quasi mi fa scordare che siamo solo amici.

Già, perchè ad undici anni abbiamo scelto di comune accordo di essere amici e basta, per tutta la vita.

E, per quanto sia difficile crederlo, sono stato io il primo a proporre l’idea.

Mi piace dividere il mondo tra donne-amiche e donne da amare.

E Andrea è un’amica inestimabile.

E poi già a quell’età avevo scelto di amare Dorotea per la vita.

E mica potevo fare lo stronzo che ci prova con due sorelle, finchè una non si concede.

“Ehi, scemo, ho pensato a tutto io. Ho preso il tuo zaino delle superiori e c’ho messo due cambi, due magliette ed un paio di calzoni” – mi fa, con l’occhio destro un pò seccato.

Oggi indossa una benda da pirata, un semplice vestito nero di velluto e guanti di retina bianca.

– Ehi, hai trafficato con le mie mutande?!

– Sì. Vedrai che roba… toccare le tue mutande mi ha eccitato, come raccogliere un pacco di pannolini che qualcuno ha fatto cadere al supermercato e… oddio…

– Che c’è?

– Vabbè, niente. Che importa. Puoi anche dormire senza pigiama… ormai l’inverno sta finendo e non fa più tanto freddo…

– Certo. Ed io scorrazzo in giro per casa tua col pisello di fuori, davanti a tua sorella!

– No. Con le mutande.

– Stessa cosa.

– No.

– Sì.

– Tanto mia sorella non si scandalizzerà, anche se tu fossi nudo e cosparso di miele.

– Ah. Sei cattiva…

– Sì. E non te ne dovrebbe fregare di mia sorella, visto che sei già fidanzato.

– E’ vero.

– Andiamo a comprare il pigiama, forza!

 

Cap 8

Il pigiama lo abbiamo comprato al centro commerciale

Ricochet di Verderio, a poca distanza dalla magione Demidea.

Siamo andati prima al negozio di intimo, vicino all’entrata e non abbiamo trovato niente di decente.

Uno era troppo caldo, un altro era troppo freddo e uno aveva una grossa aquila trionfante sul petto.

E poi non ce ne erano altri, di taglia small.

Ne ho provato uno medium con scritta rossa LOVE IS ALL AROUND, giusto per vedere come mi stava e mi stava largo in più punti.

Quindi abbiamo girato all’interno dell’ipermercato e ne abbiamo creato uno, mettendo insieme una maglietta arancione a maniche lunghe in offerta (3 x 5,00 €) e un paio di pantaloni di cotone nero.

E poi, già che c’eravamo, giusto per festeggiare l’inizio del mio soggiorno, abbiamo preso anche una bottiglia di spuma e qualche piatto pronto nella sezione “Rosticceria Pronta”.

 

Cap 9

Il bilocale è buio, quando entriamo.

“Questa è l’ora dell’uscitina di Ottavio” – fa Andrea, dietro di me, mentre io appoggio per terra lo zaino, vicino al mobiletto con la foto della signora Carla.

Ottavio è il cane di Dorotea, un carlino.

Andrea lo odia, perchè odia i cani in genere e perchè odia portarlo fuori, mentre la sorella è a lavoro.

E poi perchè Andrea odia o finge d’odiare per principio tutto quello che è della sorella.

Anche se Ottavio glielo ha regalato lei, un anno che non sapeva cosa regalarle.

– Senti, Tonie’, mangiamo prima che la cena si freddi!

Quando torna, mangerà!

– No, mi andrebbe di aspettarla!

– Io mangio. Fai quello che vuoi. Anzi… prendi il mio cellulare e chiamala! Il mio cellulare è dentro la borsa all’ingresso!

– Ma non posso trafficare nella tua borsa…

– Certo che puoi. Ti do il permesso io, ora! Vedrai, per quel paio di assorbenti e il pacchetto di fazzoletti che ci sono…

– Ok. Lo prendo.

– Se premi il pulsantino verde, quello di Dotty è il secondo.

Il primo è il tuo.

Prima di chiamare il secondo numero, mi accorgo del nome con cui è salvato il primo.

La mia migliore amica mi ha salvato come CuloDiGomma.

 

Cap 10

– Pronto?

– Pronto? Chi è, scusi? Dove ha trovato questo cellulare?

– Sono io.

– Io chi?

– Io Antonio.

– Antonio chi?

– Antonio Sperelli!

– Ah, Antonio. Sei con mia sorella?

– Sì. Siamo a casa tua.

– Cosa ci fai a casa nostra, a quest’ora?

– Tua sorella vuole ospitarmi perchè…

– Perchè?

– Ah, non ti ha detto perchè?

– No.

– Ah. Vabbè, abbiamo preso la spuma e ti abbiamo preso gli spaghetti cinesi.

– Beh, grazie. Sto arrivando. Tu intanto bagnami il cactus che è in camera mia. Stasera dovevo farlo io, ma non so se riesco a ricordarmelo. Ora mi è venuto in mente e te lo chiedo per favore e…

– Va bene. A dopo.

– A dopo.

 

Cap 11

– Che voleva? – fa Andrea, parlando con un’ala di pollo in bocca.

– Voleva che gli annaffiassi il cactus…

– Ah. Non lo fare. Se fai capire alle donne che sei uno schiavo, le donne se ne approfittano… Ah, è vero. Lei è lesbica e tu sei fidanzato.

– Maddai, per una cosa così piccola…

– Si inizia sempre con piccole cose. Poi ti ritrovi a pagare una fuoriserie in comode rate mensili.

– Ma…ma… Dorotea è lesbica, quindi…

– E’ lesbica. E tu sei fidanzato. Va’ ad innaffiare il cactus, va’, prima che mi innervosisco e mi viene il mal di stomaco.

 

Cap 12

Poche volte ci sono entrato, in questa camera.

Ma ricorderò sempre la prima.

Ero stato invitato a pranzo, perchè la signora Carla faceva gli anni e noi tre eravamo gli unici suoi amici.

Mi ricordo la pastiera in mezzo alla tavola imbandita, la rosa nei capelli della signora e la farfalla in quelli di Andrea, che a quei tempi vestiva da maschio, ma che per quel giorno fece un’eccezione.

Dorotea era in camera sua, erano pronti gli antipasti e qualcuno doveva chiamarla.

Ci andai io.

Bussai, ma nessuno rispose, così spinsi un pò la porta socchiusa.

E lei stava con le cuffione ed i capelli lunghi che aveva da bambina, a ballare e a canticchiare a squarciagola.

In quel preciso momento mi sono innamorato di lei, forse per come ballava o forse per la lingua incomprensibile che aveva inventato per cantare.

Ed ora le sto annaffiando il cactus, circondato dai suoi soprammobili ed i suoi fumetti, le sue foto ed i suoi poster di giapponesine con gli occhioni.

 

Cap 13

“Eccociiiii!”

La donna che amo… ehm… che amavo da una vita è tornata a casa.

La vedo entrare dentro casa dallo spiraglio della porta socchiusa ed il cuore mi si ferma, come sempre.

Anche se non la amo più.

O forse la amo ancora, ma… lasciamo stare…

– Dov’è Antonio? Tonie’! Esci fuori!

– E’ in camera tua. Conoscendolo, si sta preparando psicologicamente ad incontrarti – fa Andrea, sempre con le ali in bocca e alzando la voce, per farsi sentire da me e per far notare che parla come se non ci fossi.

E, d’un tratto, la porta si apre del tutto, sbattendo rumorosamente, mentre un carlino entra e si siede sul suo trono di stoffa e gommapiuma.

Dorotea mi osserva per una decina di secondi, ansimando un po’ per la corsa che ha fatto per tornare a casa.

Mi guarda e sorride, col suo bel sorriso di denti bianchissimi e occhi allegri.

E mi stringe forte, sussurrandomi all’orecchio un “Ben arrivato, messere”.

E poi mi bacia in bocca.

Senza lingua, ma pur sempre in bocca.

Lo fa sempre, quando ci becchiamo.

Lo trova divertente.

Io no.

Per nulla.

E’ crudele nei confronti dei miei sentimenti.

Che poi credo che forse prova qualcosa e col mio amore, forse potrei farla tornare eterosessuale.

Insomma, robe così.

 

Cap 14

Dorotea mi tiene per mano, mentre andiamo in cucina.

La guardo e ha gli occhi raggianti, mentre l’accompagno a sedere al suo posto, per poi procedere verso il mio, vicino al calorifero.

– Gesù, Dotty… sempre con queste sceneggiate, tu e lui!

Sei una vera merda! – fa Andrea, sbuffando.

La confezione delle sue ali di pollo giace sventrata, poco distante dal suo posto. Ora sta torturando un budino al cioccolato, amputandolo in più punti con un cucchiaino rosa.

Dorotea, intanto, apre la sua cena e ringrazia chi ha scelto di prenderle gli spaghetti di soia con i gamberetti.

Glieli ho scelti io, quindi ringrazia me.

Ed il cuore mi si ferma.

 

Cap 15

– Perchè sei qui, Anto’? Mi fa piacere, sia chiaro, ma ci deve essere una ragione… – la ragazza che amavo è sempre stata impicciona, ed anche stavolta non si smentisce.

– Bah, ecco…

– Hai litigato con tua madre perchè le hai detto un’altra volta di lasciarti in pace quando sei mogio?

– No.

– Mia sorella vuole vedere un film horror ed ha paura di vederlo da sola?

– No.

Poi, come entrando dentro una casa con un piede di porco, la mia migliore amica si mette a ridere.

Ed è tutto finito, tutto finito.

Non posso più nascondermi.

– Mi sposo, Dotty. Non te lo volevo dire, ma tanto lo avresti saputo, quindi…

– Ah, che sorpresa. Tra quanto?

Andrea, alzando la voce sopra la mia risponde al mio posto e aggiunge altri particolari.

Ad esempio, che la tizia è una sconosciuta, forse malata di mente, e che farà di tutto per farmi cambiare idea.

Ed io, conoscendola, inizio a sentire un brivido lungo la schiena, anche se sono appoggiato al termosifone.

 

Cap 16

Conosco Bettina da circa due mesi e si può dire che sia stato un colpo di fulmine.

Stavo alla libreria, vicino a dove lavoro e stavo leggendo fumetti d’autore durante la mia pausa pranzo, spaparanzato comodo su una poltrona marrone bassa.

Ad un certo punto, passa questa ragazza con un basco informe e le lentiggini e mi chiede se è bello quello che sto leggendo.

Ed io gliel’ho passato, senza finirlo.

Anche perché la mia pausa pranzo stava per finire.

Il giorno dopo ritorno alla libreria e la trovo al mio posto, seduta al mio stesso modo, con in mano il fumetto che le avevo dato.

Mi aspettava per potermi dire che le era piaciuto.

Le ho chiesto se voleva leggere assieme a me per tutta la vita.

Così, senza pensarci, dimenticandomi di essere timido.

E lei ha accettato.

Poi beh, siamo usciti insieme e tutto il resto, finchè non mi ha detto che mi amava, mentre la lavavo.

Non è bellissima e romantica, una storia d’amore così?

Non sposereste anche voi una ragazza così?

Io sì.

 

Cap 17

Mentre finisco di scartare l’ultimo cappero dal mio vitello tonnato, Dotty mi si stringe al collo e mi chiede se, questa sera, voglio andare al bowling con lei e le sue amiche.

E a me sta bene, anche perchè ho sempre sognato di uscire con lei.

Anche se nei miei sogni, beh, si era noi due da soli vestiti da gran sera e l’appuntamento finiva con un bacio ed una promessa di perenne amore.

Ma posso anche accontentarmi di vederla salterellare di gioia per un birillo caduto o vederla ridere di gusto ad una battuta.

– Allora, ti va? Antonietto, ti va? Dai che ci divertiamo! Non vedo l’ora!

– Sì, con molto piacere.

– Ok! allora vado a cambiarmi. Aspettami, ci metto un attimo. Inizia ad andare giù. Conoscendo Sabrina e Loretta, come ogni venerdì saranno al bar a giocare a Metal Slug.

– Va bene. Non metterci tanto, però…

Non provo neanche a chiedere ad Andrea se vuole venire con noi.

Lei odia da sempre uscire la sera, perchè odia divertirsi per forza.

Preferisce passare alcune ore prima di dormire a far quadretti a punto croce.

 

Cap 18

Sabrina e Loretta sono le amiche e colleghe della maggiore delle Demidea.

Tutte e tre assieme formano la redazione del quotidiano settimanale di Verderio, L’Eco Verderese.

Prima di Dorotea, Verderio non aveva un quotidiano.

Poi le è venuta voglia di fare la giornalista ed è andata al comune a chiedere il permesso di fare un giornale di Verderio, che parli di cose verderesi.

Tipo piccoli incidenti domestici finiti in tragedia, vecchiette investite, sport locale e tanti, tanti piccoli spazietti pubblicitari sparsi qua e là, tra le pagine.

Che, alla fine, è la forma di sostentamento di tutte e tre.

Quindi, più spazietti ci sono, più monete hanno da sprecare a Metal Slug, il venerdì sera, al bar di Lello.

E Lello è contento, soprattutto perchè ha un’entrata sicura ogni settimana, da quindici anni.

Appena suona il campanello, Sabrina e Loretta mi salutano in coro.

Sabrina è rossa, Loretta è bionda.

Sabrina, oltre a far la giornalista sportiva, fa la tatuatrice, di tanto in tanto. Ha fatto lei la cortigiana giapponese che troneggia sulla schiena di Dotty e per qualche anno sono state pure assieme.

Loretta, oltre a scorrazzare in giro per gli esercizi commerciali della città a vendere spazi pubblicitari, passa il suo tempo a farsi foto mezza ignuda per l’arte.

E’ la mia preferita, tra le due, perchè parla sempre di se stessa in terza persona e dà più facilmente del lei che del tu.

– Oh, da quanto tempo, Antonietto. Cosa ci fai qui? – mi fa Sabrina, mentre, nel gioco, crivella di colpi un goffo soldatino nemico. Nel gioco, come nella vita vera, è rossa con gli occhiali da sole.

– Sto un po’ dalle Demidea, qualche giorno… e niente, Dorotea mi ha proposto di venire con voi al bowling e….

– Ah, dice davvero, Sperelli? Noi non se ne sapeva nulla, nonnò – mi interrompe Loretta, distogliendo lo sguardo dallo schermo per guardarmi dritto negli occhi. Il suo personaggio ha appena perso una vita e ciò le concede due nanosecondi di pausa – E adesso la Demidea dove si trova?

– E’ a cambiarsi…

– Ah, è a cambiarsi? Allora, Lore’, riusciamo a finire il gioco anche stasera… ci mette sempre una vita, quella… – fa Sabrina, ridendosela sotto i baffi.

Ma il campanello suona, ed è lei.

 

Cap 19

La regina del bowling è già pronta e ci guarda con aria di divertita sfida.

Tolta la divisa da cameriera cinese, ora ha una maglietta verde dei CSS, felpa con la zip e pantaloni della tuta neri, i guanti, una riga nera di vernice sotto l’occhio sinistro ed un foulard rosso al collo.

Come se dovesse di lì a poco combattere contro un grizzly, si scrocchia ad una ad una le dita, giusto per far notare a noi, comuni mortali, che è pronta a far delle nostre carni becchime per pulcini, mentre la sua macchina, con la portiera aperta ed il motore acceso, ci aspetta davanti alla porta del locale, quasi fosse la barca di Caronte che ci porterà negli inferi della sconfitta.

E noi entriamo, mesti, uno per volta, senza spingere, pronti a beccarci insulti e vessazioni per tutto il tragitto.

Che dura poco, per fortuna, visto che il bowling è sempre a Verderio.

E Verderio non è ‘sta megalopoli!

 

Cap 20

Un paio di strikes e già la mia donna dei sogni è sfinita, madida di sudore, sdraiata sul divanetto dove sto anche io.

Ha passato gli ultimi dieci minuti a rimbalzare, urlare e dimenarsi come un’ossessa ed ormai non è più una bimbetta.

Il prossimo anno ne avrà già trenta.

– Ti stai divertendo, amico mio? Io preferisco venire qui, piuttosto che andare in quei locali di merda dove si sta tutto il tempo a bere… – mi fa, tra uno sbuffo e l’altro, accarezzandomi la faccia – che poi, cosa ci troveranno mai? In quei posti c’è sempre la musica così alta che non riesci a parlare… a questo punto, stattene a casa con le cuffie e con una scatola da sei di Birra Moretti, no?

– Già, in effetti è vero – guardo per terra, per non guardarla negli occhi.

La radio, in sottofondo, inizia a suonare Kissing You di Des’ree ed io le chiedo se vuol ballare un lento con me. Così, tanto per.

 

Cap 21

Ecco.

Ora che posso ballare con la mia adoratissima Dorotea Demidea, mi intimidisco.

Siamo gli unici a ballare, soli in mezzo alla sala, a mezza via tra le piste di parquet e la parte, sempre fumosa e scura, dei videopoker.

Ed io non riesco a stare rilassato, mentre la canzone continua lenta a scorrere, senza alcun ritmo.

Cerco di tenerla per i fianchi, ma non riesco a toccarla, quasi fosse incandescente, per paura di sembrare sfacciato.

Poi lei mi guarda negli occhi e le brillano, come se fosse una bambina e questo un gioco.

Ed appoggia il suo caschetto nero sulla mia spalla, aprendo le braccia come ali per cingermi la vita.

La gente ci guarda.

Alcuni ridono, altri mi danno dello sfigato e si chiedono come possa una ragazza così carina stare con uno come me, un gruppo di sgallettate si strugge per la scena romantica.

Sabrina applaude e Loretta sbuca come un ninja dietro Dotty, spostando le mie mani dalla sua schiena al suo fondoschiena, facendomi urlare dallo spavento.

– Non sei mai davvero felice, Antonio. Ti vedo sempre un po’ malinconico – sussurra la parrucca nera appoggiata al mio petto.

Ed io vorrei dirle perchè, ma questo è il mio addio al celibato e non voglio rovinare tutto ammettendo che mi sposo perchè ho paura di restare solo, aspettandola per tutta la vita nella speranza che mi ricambi.

E mi accorgo di essere un danzatore niente male, sciolto il ghiaccio.

 

Cap 22

Inaspettatamente, ha vinto la squadra composta da Loretta e me, quella degli eterosessuali.

La squadra degli omosessuali ha iniziato alla grande, ma non è riuscita a tenere lo stesso livello per tutta la partita.

Ed alla fine abbiamo vinto noi, per un solo punto in più.

E chi perde, paga.

Tre gazzose, una bevanda alla taurina che sa di medicina idrosolubile e un panino alla pancetta coppata per la regina del bowling, che si deve un po’ riprendere dalla fatica e dall’onta della sconfitta.

Sconfitta che negherà o che cercherà di negare alle prossime uscite.

 

Cap 23

Forse per insabbiare un passato prossimo scomodo, la Demidea inforca gli occhialoni neri da direttore dell’Eco Verderese e tira fuori dalla tasca un block notes ed una penna.

Visto che la serata si è quasi conclusa, spera di cambiare discorso pensando a domani.

Una giornata, ii sabato, da sempre sinonimo di calcio amatoriale, di atletica leggera e di altri sport minori.

Materia per la pagina sportiva, a cura di Sabrina Lilitta, insomma.

– Sabba, domani c’è la partita AC Verderio contro la Coloniese e, allo stesso tempo, c’è una gara ciclistica a Sesto San Giuseppe che riunisce atleti di tutta la regione. Cosa preferisci?

– Mah, non saprei, Dotty… Questa volta potrei anche mandarci mio nipote, a veder la partita e andare a Sesto. Tanto basta che mi dica chi ha fatto gol ed il punteggio finale… poi, beh, le solite robe… un ‘le due squadre hanno messo il cuore in campo’ lì, un ‘difesa granitica’ là… E poi, per il ciclismo, posso andare di gran letteratura sportiva… cose del tipo ‘La fatica è tanta, ma i nostri prodi indomiti blablabla’.

– Uhhhhh, mi piace… brava così… poi mandami tutto entro le tre di pomeriggio, che poi devo far vedere il numero impaginato all’assessore…

– Ehm, scusate un istante, esimie colleghe, e la mia adorabile personcina che farà, mentre siete tutte prese con i vostri prodi indomiti e i vostri assessori? – Loretta si alza in piedi, per farsi notare mentre siamo tutti seduti al tavolo a bere le nostre bibite analcooliche.

– Eh, domani te ne stai buonina a casa tua a pitturare… – le fa eco Dorotea, scandendo bene le parole, come se stesse parlando ad Ottavio.

E Loretta si risiede pesantemente al suo posto, facendo cadere, con l’onda d’urto della caduta, il segnaposto di cartone del nostro tavolo.

 

Cap 24

Ad un certo punto, mentre ascolto divertito Sabrina e la Demidea battibeccare sulla trama di un film di Lynch, sento un lieve prurito sulla mano destra.

Istintivamente, penso subito alle zampette di un insetto, poi guardo verso il prurito.

Loretta mi sta disegnando un fiore sul dorso della mano, a poca distanza dal pollice.

Vedere la penna del direttore incustodita, le ha fatto venire un’improvvisa ispirazione floreale, mi confida.

Ed ha scelto la mia mano, foglio vivo e con emozioni, ambiente ideale per ospitare un giglio.

Giglio che bacia teneramente, una volta terminato.

– Grazie della bella serata, Sperelli. Dovrebbe venir con noi con più frequenza, la sua aura rende il nostro gruppo più armonioso… – sussurra.

 

Cap 25

– Mio cavaliere, smettila di copulare con la signorina Loretta Tremaglia ed andiamo a casa a dormire abbracciati –, urla Dorotea, come se la gazzosa che ha bevuto fosse alcoolica.

– Come scusa? – faccio finta di non aver sentito, mentre mi tremano le gambe.

– Hai capito benissimo, cocco. A casa nostra ci sono due letti e due poltrone scomode scomode. Quindi stanotte dormi nel mio letto e ti abbraccio tutto, sono stata chiara?

– S… Sì

 

Cap 26

– Dai, girati che mi devo cambiare… non mi vergogno di te, lo faccio per te. Voglio che tu dorma stanotte – mi fa Dotty, con un sorriso sardonico.

Io sono già nella mia divisa da notte e la maglietta arancione è di fuoco, illuminata dall’abat jour sul comodino.

Il letto della maggiore delle Demidea è matrimoniale.

C’ero anche io, quando l’ha preso, e l’ho aiutata a montarlo.

Prima di questo, aveva un letto singolo, ma le capitava di cadere, qualche volta.

Non sempre.

Una volta ogni due mesi, tipo.

Però, beh, era buffo, il giorno dopo vederla con un bernoccolo in testa e la faccia tutta contratta dal nervosismo.

– Ecco. Ora puoi guardare per un po’ il mio bel kimono da notte e addormentarti col sorriso – sogghigna, mentre si infila lentamente nel letto.

Poi spegne la luce del comodino e mi dà le spalle.

Tiro un sospiro di sollievo e chiudo gli occhi, poi ahimè si ricorda e si gira, stringendomi forte.

– Buonanotte, Antonietto mio! Spero tu abbia passato una bella serata…

– Sì. Grazie, Dotty.

– Prego… ah, mi preme informarti che non porto il reggiseno quando dormo.

– Ah!

 

Cap 27

Mi sveglio alle sette ed ho dormito abbastanza bene, anche se avevo Dorotea addosso.

Forse la serenità che mi trasmette questa casa è maggiore all’imbarazzo di dormire con la mia favorita.

Dorotea non mi stringe più forte, ma ho la sua mano aperta sulla spalla ed il suo respiro lieve sul collo.

Mi muovo con attenzione per non svegliarla, ma la sento singhiozzare proprio quando sto per alzare la coperta ed uscire.

– Buongiorno – e sorride, luminosa, stiracchiandosi.

Amore è… svegliarsi assieme.

 

Cap 28

– Buongiorno, Andrea.

Andrea ha diversi problemi col sonno, anche da prima che sua madre si suicidasse.

Di notte si sveglia per andare in bagno, torna a letto, si mette a pensare e non smette più finchè non s’alza.

Ha provato a coricarsi presto e a coricarsi tardi, ma non cambia nulla.

Verso le tre di notte, si sveglia comunque.

La tavola è già imbandita per la colazione.

Una grossa ciotola di vetro con banane, arance e kiwi in quantità.

Tre pelapatate sotto la ciotola, uno per ognuno.

Teiera fumante con sottoteiera fatto all’uncinetto da lei (simbolo dei Venom giallo su sfondo nero).

Caraffa di plastica azzurra con latte freddo, bricco di porcellana con latte caldo.

Caffettiera ancora fumante, vicino al bricco.

Zuccheriera e cacao in polvere.

Biscotti e brioches di tutti i tipi.

Un plumcake con le uvette, fatto da lei, appena sfornato.

Andrea ama fare le cose con precisione chirurgica, mentre è insonne.

Credo che sia un modo per svegliare il cervello, intorpidito per la veglia.

– L’avete fatto? – fa alla sorella, alzando la voce per farsi sentir bene da me.

– No. Volevo abusare di lui mentre dormiva, ma avevo sonno e non sono riuscita. Mi spiace, Andrea.

– Peccato, devo pensare ad un altro piano… un po’ di caffè nel latte, Tonie’?

 

Cap 29

Dorotea prende una tazza dal lavabo, la sciacqua e ci versa dentro il caffè, per poi dirigersi verso camera sua. Deve finire di impaginare il numero di questa settimana.

Ed io resto solo con la mia migliore amica, che legge il giornale mangiando una banana.

– Scusami, Andrea… cosa… cosa avevi in mente? Di che piano parlavi?

– Ah, nulla – alza la testa di scatto e, guardandomi, fa una faccia noncurante – Dorotea è la donna della tua vita ed io sono la tua migliore amica. E’ chiaro che stai facendo una cazzata ed è corretto per noi fartelo capire in qualche modo… sbaglio?

– Sì, sbagli. Tu dovresti essere contenta per me, visto che sei mia amica da tanti anni, e Dorotea dovrebbe smetterla di giocare con i miei sentimenti…

– Dovrebbe smettere che? Anto’, se tu fossi davvero convinto della tua scelta, non te ne importerebbe di Dorotea.

– Sì, sono davvero convinto della mia scelta.

– Sicuro? Sei triste. Si vede. Io l’ho notato, Dorotea l’ha notato, Loretta mi ha mandato un fax. L’hanno notato tutti.

– Ora l’hanno notato tutti, ma quando chiedevo a voi di trovarmi una ragazza, nessuno la trovava, eh? Ora l’ho trovata e vi dà fastidio, perchè mi avete sempre visto come una cosa vostra…

– Sì, ma perchè sposarla?

– Perchè è quella giusta! Perchè le voglio bene! Perchè voglio qualcosa in questa cazzo di vita e non stare qui, appresso a voi due per tutta la vita!

– Non mi sembrava che ti desse fastidio…

– Ed invece sì. Quando ti rendi conto che non hai nulla, ogni cosa che hai ti sembra una fastidiosa simulazione.

– Non è vero che non hai nulla. Hai noi!

– Ho voi? Ho voi? Farmi prendere per il culo da tua sorella e prendere parte alle tue bizzarrie… ti sembra una vita questa?

– Sì.

– No, non lo è. E voi non mi convincerete a mollare tutto. Non stavolta. Il cane deve uscire?

– Sì, se vuoi andare, vai.

– Grazie!

– Prego!

 

Cap 30

Prendo quella piccola palla di Ottavio e lo porto con me fuori, all’aria aperta.

Ho bisogno di ossigeno per la testa e lui ha bisogno di liberarsi la vescica.

Ho bisogno di ricordare, ricordare quello che la mia bocca ha appena avuto il coraggio di dire.

Non ricordo cos’ho detto.

Ricordo solo che ho fatto uscire tutto quello che, per anni, ho fatto finta non esistesse.

Ed ora sento nella gola tutto il rimorso.

La mia vita, dopo questa uscitina, potrebbe cambiare per sempre.

 

Cap 31

Mi siedo al posto che prima occupavo, facendo finta di accarezzare il cane che ho appena riportato a casa.

Andrea continua a leggere il giornale, come se nulla fosse.

Sul tavolo, una buccia di banana si sdraia, aspettando d’essere buttata finita la lettura della pagina degli spettacoli.

Ed io non so cosa dire, dopo quel che ho detto.

Vorrei scusarmi, ma così dimostrerei di aver torto e di aver fatto una scenata per nulla.

Così inspiro rumorosamente, mi guardo attorno, aspettando un cenno da lei.

Ed il cenno arriva, mentre piega il giornale finito e raccoglie la buccia.

– Hai un vestito per il matrimonio, Sperelli? – mi fa, guardandomi ancora un po’ assonnata.

– Ehm… no, e… Bettina ed io abbiamo deciso di sposarci in Comune così, alla mal parata, con i vestiti che abbiamo quel giorno, così, come ci viene…

– Che cazzata, Sperelli! Davvero una cazzata… quindi manco qualcosa di un po’ carino per festeggiare l’evento… chessò, un papillon, una cravatta…

– No, nulla.

– Nulla proprio?

– Nulla

– Oh, allora ti accompagno a fare shopping, va bene?

– Mi accompagni a fare shopping? Come, tu non vuoi parlare davanti ai verderesi… come fai a consigliarmi?

– Ho un sistema che ho appena brevettato…

– Ho paura…

– No, tu non devi. I verderesi di merda devono averne…

 

Cap 32

La madre di Andrea e Dotty, la signora Carla, è morta che di anni ne aveva quaranta.

Si narra che, disperata per esser stata tradita dal marito, prese le sue due bambine piccole e guidò senza meta, tutta la notte.

Poi, alle prime luci dell’alba, si fermò per cercare un bar ove rifocillarsi, far pipì e dar da mangiare alle bimbe.

E quel bar era il bar che poi divenne di Lello.

E decise di rimanere lì, per rifarsi una vita.

Vita che non si rifece e vita che si tolse, tagliandosi le vene dei polsi un giorno di giugno, mentre le figlie erano ad una festa per la fine dell’anno scolastico.

Perchè chi cerca disperatamente amore e non lo trova, non vive.

La trovò Andrea, quella sera.

Lei aveva diciassette anni.

E quelle scene sono cose che restano impresse per tutta la vita.

E Andrea sapeva chi l’aveva uccisa, la sua amata madre.

L’aveva uccisa Verderio.

La Verderio della chiesa alla domenica, la Verderio dei bulli che di sera distruggono quel che i genitori costruiscono.

La Verderio discarica di quel mondo di sogni televisivi a poca distanza, la Verderio dei benpensanti.

La Verderio del “La Fiorista parla da sola”.

La Verderio del “Ho sentito che è posseduta dal demonio”.

La Verderio che pagherà tutto, un giorno.

Ricordo bene il giorno che morì.

Ricordo una ragazza rannicchiata nelle mie braccia, carica d’odio.

Ed ora la vedo camminare di fianco a me.

Nascosta, dentro occhi dalle lenti rosse e lacrime nere di pittura.

Persa per sempre, nei labirinti della propria tristezza.

 

Cap 33

Faccio vedere ad Andrea una cravatta, al negozio di vestiti mediamente eleganti a prezzo contenuto.

Lei continua a guardar fissa un punto nel vuoto, poi sento un neonato piangere.

Ed è lei, perchè non vedo nessun neonato nei paraggi, ma mi accorgo invece di un piccolo registratore nella mano destra di Andrea, chiusa a pugno.

Ora mi è chiaro, il suo “sistema di risposta appena brevettato per poter essere d’aiuto”.

Ed è davvero spaventoso, tant’è che spero di trovare più in fretta possibile l’abbinamento di suo gradimento.

Mi provo un cappello, e la vedo sorridere catatonica riflessa con me nello specchio.

Provo una giacca e sento una donna urlare “NO! NOOOOOOOOO! NON MI VIOLENTARE!”

Provo un gilet ed un bambino ride.

Alla fine, ho acquistato un gilet nero, una camicia azzurra chiaro ed una cravatta.

Era tutto in saldo, ma la cassiera mi ha fatto pagare tutto per intero.

Augurandomi una buona giornata senza neanche sorridere, tremando mentre mi dava il resto.

 

Cap 34

Mentre stiamo tornando a casa Demidea, sento ‘Hey Ya’ degli Outkast provenirmi dalla tasca della giacca.

Il display mi avverte chi mi chiama.

‘Bettina Love Love’.

– Pronto?

– Anto’, buongiorno.

– Ti sei appena svegliata?

– Sì. Oggi devo andare a dar la notizia a mia nonna, che abita un po’ lontano. Poi ti dico com’è andata, ok?

– Va bene. E tua madre e tuo padre cosa hanno detto?

– Sono contenti. Ed hanno detto pure che sei brutto, ma che sembri un bravo ragazzo.

– Davvero?

– Sì. Spiace.

– E tu mi hai difeso?

– No. Mica posso dire che sei bello, se non lo sei.

– Sei cattiva.

– No. Sono oggettiva.

– Va bene… però…

– Però che?

– Nulla, dai… ho qui la mia amica Andrea… presente Andrea, te ne ho parlato, no?

– Quale? Quella satanica o quella lesbica?

– Quella satanica. Ecco, dice se ti va bene se ci facciamo una cenetta con loro… Sai, ti vogliono conoscere e…

– Va bene.

– Sicura?

– Sì, sicura. Sono le tue migliori amiche, giusto?

– Già.

– Allora va bene. Domani, quando torno, mi passi a prendere?

– Sì. Vedrai, ti piaceranno!

– Va bene. A domani.

 

Cap 35

Rimetto il telefono nella tasca, riprendo il sacchetto di carta della boutique e procedo verso la nostra destinazione.

Andrea ha una faccia un po’ schifata e so già perchè, ma la ignoro.

– Simpatica, questa Bettina. Davvero simpatica – mi fa, con aria assente.

– Ascolti le mie chiamate, Andrea?

– Quando una urla al telefono, non si può non sentire…

– Oh… ha la voce un po’ alta, non lo fa apposta…

– Bah. Comunque, se non è bellissima, tipo dea greca, domani sera la prendo a calci in su per il sedere. Sono stata chiara?

– Dai, scherzava. Scherza sempre.

– Non mi importa. Se non è bellissima, la prendo a calci.

 

Cap 36

Prendo posto a tavola, mentre Dorotea mi posa accanto un piatto di rotelle al pesto.

E’ una semplice pasta al pesto con un sugo pronto, ma fatta da lei sembra un piatto sopraffino.

O forse sono io che trovo sopraffino tutto quello che prepara.

E mentre metto in bocca una fila di rotelle, Andrea si gira verso la sorella, sorridendo.

– Ah, sorella… – fa, con un tono quasi di sfida – ho invitato a cena la fidanzata del nostro uomo… ti disturba?

– No. Anzi, se non lo facevi tu, lo avrei fatto io… Dobbiamo conoscerla prima o poi, no?

– Già.

– Non vedo l’ora di dirle che dormo con il suo ragazzo e che mi ama da una vita intera.

– No, aspetta. Non è il suo ragazzo. E’ il suo FIDANZATO.

– Già, il suo fidanzato… uh uh uh…

Io continuo a mangiare e devo essere proprio terrorizzato, perchè vedo dei punti neri volare sul soffitto.

 

Cap 37

Il treno da Reggio Calabria sarà qui tra cinque minuti, salvo ritardo.

Ed io aspetto, seduto sulla panchina davanti al binario 9, leggendo un fumetto per ragazze.

Di tanto in tanto, mi arriva un messaggio di Bettina, che si stufa a star sul treno.

Ed io rispondo, che mi stufo a starla ad aspettare.

Anche se il fumetto è denso di colpi di scena, visto che narra la storia di una ragazza innamorata di un professore già innamorato di una professoressa quando era giovane come la ragazza protagonista.

Poi il treno arriva e non mi importa più di nulla.

 

Cap 38

La vedo scendere dal treno, al rallentatore, con la testa china ad osservar i gradini.

Mi offro di darle una mano, ma lei rifiuta.

Robe di femminismo, e a me sta bene, visto che il bagaglio mi sembra bello pesante.

Mi offro quindi di portarlo a strascico una volta a terra, tanto per far bella figura.

E lei accetta, sorridendomi, mentre la bacio sui capelli, agguantandomela un po’.

Mi ha portato la ‘Nduja.

 

Cap 39

Prendiamo la metro fino a Colonia, poi il pullman che ci porta esattamente davanti a casa sua.

Io intanto continuo a strascicare la valigia, giusto per recitar la parte dell’uomo che ci sa fare.

Lei, intanto, mi racconta della nonna, che durante la guerra mangiava cipolle e del padre che si è fratturato la gamba.

E mentre lo fa, sorride ariosa.

E sorrido anche io, perchè mi piace vederla sorridente.

Ma poi penso alle Demidea e alla loro cena, ed il sorriso mi si spegne.

 

Cap 40

Bettina accende la luce, poi va a chiedere alla vicina se il suo gatto ha già mangiato.

La vicina, che si è occupata del gatto in sua assenza, le dice che il gatto ha già mangiato, ridandole le chiavi di casa.

Io intanto, entro e mi siedo, comodo comodo sul letto, spiando un po’ la discussione tra Betta e la dirimpettaia ed un po’ il grosso ranocchio di pelouche sulla mensola, che mi guarda quasi torvo.

Poi lei arriva e mi bacia, chiedendomi come ho passato questi giorni.

Ed io le rispondo che lei mi mancava, che sono stato un in giro con Dorotea e che mi sono rasato tutti i giorni per essere bello oggi per lei, che ritornava dal viaggio.

E lei sorride, sistemandosi i capelli ed iniziando a sistemare le sue cose.

 

Cap 41

Il monolocale di Bettix è distante solo qualche isolato dal bilocale delle Demidea.

Ci andiamo a piedi, mano nella mano.

Lei stasera si è addirittura messa quell’ombretto rosso che usa quando vuole fare buona impressione.

A me non piace, ma non glielo dico.

Quando se lo mette, si crede una tal figa che lo diventa.

Magari sono io a vederla incantevole, stasera.

 

Cap 42

Arrivati al cancello, mi accorgo che forse è meglio dare delle raccomandazioni alle sorelle, prima di fare la presentazione ufficiale.

Non è che non mi fido, ma… insomma, meglio prevenire.

E quindi chiedo a Bettina se può andare un attimo a comprare un dolce al supermercato vicino, giusto per far le cose a modo.

E per aggiungere sorpresa a sorpresa (Toh! Un dolce! E per giunta portato dalla ragazza d’Antonio! Che sorpresa!).

Le do i soldi e lei va.

Io le urlo dietro che la casa è al piano terra e che non si può sbagliare visto che, sulla porta, c’è un teschio.

 

Cap 43

– Ragazze, l’ho mandata un attimo a fare una cosa… a momenti arriverà. Nell’attesa volevo farvi delle raccomandazioni… Dotty, non dirle che abbiamo dormito assieme per due giorni? Ok?

– Certo, Antonietto, mi sembra giusto. Tranquillo, non l’avrei mai detto.

– Grazie. E tu, Andrea, puoi evitare di fare i tuoi numeri? Sai cosa intendo, no?

– So cosa intendi, so cosa intendi… Che noia…

– Sai che a me piacciono, ma lei non capirebbe ora… forse con il tempo ci farà l’abitudine, ma ora è prematuro iniziare col sangue dalla bocca, le vocine e i silenzi con sguardi minacciosi….

– Va bene, ma lo faccio solo per te. Non per lei, sia chiaro.

– Grazie. Tra qualche minuto arriverà…. fate un bel sorriso!

 

Cap 44

Bettina bussa due volte con la sua manotta, per poi entrare un po’ spaventata all’urlo ‘AVANTI!’ di Dotty.

Porta con due mani due scatole trasparenti, impilate una sull’altra.

Una contiene una torta al cioccolata, l’altra una crostata di frutta.

Mi spiega bisbigliando che, con i soldi che le ho dato, ce ne stavano due, quindi ne ha prese due, per non scontentare nessuno.

Ed io le dico che ha avuto una bella idea e che, di sicuro, in questa casa non si butta via niente.

La tavola è ben apparecchiata e le sorelle sono sedute vicine e composte.

Andrea indossa una camicia bianca a righine nere, cravatta lunga nera e vistosi bracciali di palle di legno con ideogrammi bianchi.

Dorotea indossa un vestito rosso cinese traslucido con lo spacco e un drago d’oro le spunta dalla spalla. Ha gli occhiali, forse perchè ha appena smesso di lavorare al computer.

– Ciao, bella. Elisabetta ti chiami, giusto? -, fa la maggiore delle Demidea arricciando la bocca.

– Sì, sono Elisabetta, piacere – e, piuttosto timorosa, porge la mano a Dotty.

– Vabbè, dai, visto che sei della famiglia, ti do un bacino. Posso?

– Certo…

Andrea osserva la scena del bacio tra le due donne della mia vita alzando gli occhi.

Non le piace, la mia promessa sposa.

Le è bastata una manciata di secondi, per capirlo.

 

Cap 45

– Se lei è Dorotea, allora tu dovresti essere Andrea, giusto?

– Euforica, Betty bella indica Andrea. Ed Andrea odia essere indicata.

– Esatto… – risponde, alzando mollemente la mano in segno di saluto. Anche se la voce è allegra, il resto è scorbutico e privo di entusiasmo.

– Tu saresti quella che si permette di dare del brutto ad Antonio per telefono? Non mi sembri nella posizione di poter parlare, razza di racchia sgraziata.

– Stavo scherzando. Antonio sa che scherzo.

– Ok, stavi scherzando. Facciamo finta che sia così. Ehi, Dotty, cosa hai preparato di buono?

Oddio, la mia vita è finita!

 

Cap 46

Mentre Dorotea si alza per controllare la giusta cottura dell’arrosto che ci farà da secondo, cala il silenzio.

La minore delle Demidea guarda il suo piatto, attenta a non alzare lo sguardo.

E Bettina uguale, anche se qualche volta si gira per chiedermi se mi piacciono gli spaghetti che sto mangiando e che tempo ha fatto in questi giorni.

Io rispondo che sono buoni ed è stato bello, ma non ne sono molto convinto.

In verità il silenzio mi sta uccidendo, quindi parlo.

– Andrea, ma lo sai che Elisabetta è rossa naturale? So che sembra strano, ma è rossa naturale. Quante persone rosse naturali hai conosciuto nella tua vita? Io nessuno oltre a… anzi, no. Aspetta! La maestra Viennesi… La maestra Viennesi era rossa naturale. La chiamavamo Maestra Carotina ed ogni volta che la vedavamo in corridoio urlavamo “Oh, ragazzi! Sta arrivando la Maestra Carotina!” e lei entrava sorridendo e dicendo “Eccomi, sono la Maestra Carotina” e noi giù a ridere come pazzi e… e… e forse non è una storia tanto interessante, eh?

– Grazie dell’impegno, Sperelli. Abbiamo apprezzato il tuo goffo tentativo di intavolare una discussione su argomenti di nessuno interesse – fa Andrea, distruggendo una michetta solo per il gusto di distruggerla.

 

Cap 47

– L’arrosto sarà pronto a momenti… Betty, cosa fai nella vita?

– Beh, per ora… sto facendo uno stage in una ditta… il prossimo mese mi faranno firmare il contratto a tempo indeterminato, quindi…

– Ti piace lavorare lì?

– Sissì, anche se… ecco, il mio sogno è un altro, Dorotea…

– Ah, davvero? Sentiamo, su. A zia Dotty puoi confidare tutto… (Andrea alza un’altra volta gli occhi al cielo).

– Beh, ecco… con alcuni amici abbiamo formato un laboratorio di teatro sperimentale e ci divertiamo molto e…

– Davvero? Che bello! A proposito di teatro sperimentale…

Una volta ho dovuto recensire per il giornale uno spettacolo di teatro sperimentale che facevano in zona ed era davvero imbarazzante. Ad un certo punto c’era un uomo nudo in scena che piangeva e dietro tutto un coro di ragazze che ripeteva SEI FRAGILE, SEI FRAGILE, SEI FRAGILE… così, per dieci minuti… Faceva così ridere che la sera dopo, c’ho portato pure Sabrina, una mia amica che ai tempi era la mia ragazza e ci siamo divertite e…

-… era il nostro spettacolo ADAM 1. E’ il nostro spettacolo di punta…

– Ah. Mi spiace… forse non ho afferrato il senso…

 

Cap 48

Arriva l’arrosto in tavola, per poi essere seguito dalle due torte e dal caffè.

Io prendo una fetta della crostata di frutta, Bettina una fetta di quella al cioccolato, Dorotea ne prende una piccolina di tutte e due le torte, per non scontentare l’ospite.

Andrea beve il caffè guardando di lato, poi se ne va in camera sua, senza dire niente a nessuno.

Ed io la seguo, perchè dobbiamo parlare un po’.

– Cos’hai? – le faccio, mentre lei apre la porta finestra della sua camera. Quando è depressa, si rinchiude in terrazzo a pensare.

Non mi risponde, tornando a guardare il cielo, coprendosi la bocca con la mano sinistra.

– Cos’hai? – ripeto, scandendo bene – Te lo ripeterò finchè non rispondi, quindi rispondi e smetto.

Le poso sulle spalle la giacca con il collo di pelliccia sintetica.

A volte va fuori a pensare, dimenticandosi del freddo… e, per orgoglio, resta fuori. Poi si ammala e non si riesce a muovere dal letto per un mese intero.

– Non riesco a fare finta, Antonio. Non riesco -. Bofonchia. Mi ci vuole un po’ di ragionamento, per decifrare quello che ha detto.

– Va bene, dai. Mi va bene uguale. L’ho capito, sai? E credo che l’abbia capito anche lei e…

– Mollala! Torna dentro e mollala! So che farai fatica a trovarne un’altra rossa naturale, ma non importa. Devi farlo.

– Adesso non posso, lo sai.

– Sì, che puoi. Stai tranquillo, non morirai da solo. Quanto credi che duri mia sorella, a recitare il ruolo della lesbica?

Ancora qualche anno e si stancherà. Dovrai solo aspettare poco. Oppure c’è Loretta che mi sembra molto ben disposta nei tuoi confronti. So che non ti piacciono le bionde, ma alla fine non è male. E’ carina, poi andate d’accordo. Potresti anche provarci gusto, col tempo…

– Ti… ti rendi conto di quello che stai dicendo, Andrea?

– Sì. Mi rendo conto. Sei tu che non te ne rendi conto. Ora entra dentro, portala a casa e mollala.

– No. Ora entro dentro, la porto a casa e basta.

– Bravo.

– Grazie.

– Prego.

– Ah, mentre eri ad aspettare la tua bella, ho riportato lo zaino a casa tua. Così non devi inventarti bizzarre scuse

che mineranno il tuo matrimonio. Non vorrei mai che lei ti lasciasse sull’altare.

– Grazie. Non ci avevo pensato.

– Immaginavo. Domani ti accompagno al Comune, ok?

– Ottimo. A domani, allora.

 

Cap 49

In cucina, Dotty e mia moglie se la raccontano da grandi amiche.

E mi sa che si stanno scambiando storie buffe su di me visto che, al mio arrivo, scoppiano in una risata fragorosa e lacrimante.

E’ ora di andare, sono già le undici e mezza e ho un matrimonio domani e devo essere bellissimo come un dio greco.

Quindi passo il piumino alla mia bella e mi metto un pò in ordine la giacca che ho già indosso.

Dorotea stampa un bacio sulla guanciotta di Elisabetta.

Le lascia il segno del rossetto, che toglie via con un paio di carezze.

Andrea entra dentro casa all’ultimo momento, per salutarci con la mano e non fare la figura della cafona completa.

 

Cap 50.

– Mi odiano, Antonio. Mi odiano.

– Non è vero. Dotty ti ha baciato. Non bacia chi non le piace.

– Perchè si sentiva in colpa della gaffe del teatro, su…

– Dici?

– Dico.

– E Andrea? Andrea mi odia. Non puoi dire il contrario.

– Andrea odia tutti. Anche la sorella.

– Tranne te.

– Tranne me, ma solo perchè la madre mi adorava. Solo per quello.

– Solo per quello?

– Già, solo per quello.

– Sicuro? Non è che per caso tu ci hai provato e lei non te l’ha data…

– Gesù, come sei volgare. E comunque no. Io ed Andrea siamo stati sempre amici e basta.

– Mi posso fidare?

– Sì, ti puoi fidare.

– Ok! Posso farti una domanda?

– Spara!

– Perchè mi sposi?

– Perchè ti amo.

– Troppo facile. Inventa qualcos’altro. Fa’ uno sforzo, se ci riesci.

– Dunque… mi piace che tu non mi abbia preso per pazzo, quando hai accettato.

– Ero ubriaca.

– Sì, beh, hai capito cosa intendo.

– Sì. forse. No, anzi. Credo di no, ma faccio finta di aver capito tutto. Giusto perchè sono quella intelligente, tra noi due.

– Beh, grazie. Sempre gentile.

– Dai, scherzo. E perchè me lo hai chiesto?

– Perchè, beh… mi sei sembrata bellissima quella sera che ti lavavo. Poi perchè, cavolo, io ho sempre voluto un mondo meno gretto, meno attaccato ai soldi, più educato, più amorevole ed ecco…

– E quindi, aspetta un attimo… mi vuoi sposare perchè credi che sposarsi una ragazza con cui esci da pochi mesi sia una cosa capace di cambiare il mondo?!

– Sì. Detta così suona un male, però.

– Sì, in effetti ora mi viene voglia di divorziare.

– Stai scherzando, vero?

– Non scherzo sempre. Qualche volta sono seria anche io, sai?

– Tu perchè mi vuoi sposare?

– Così, perchè mi va.

– Ah, solo per quello?

– Sì. Mica posso dire che ti amo così, senza trasporto, solo perchè me lo chiedi.

– Hai ragione.

– Già. Ho ragione. Sono arrivata. Buonanotte, amore.

– Buonanotte, Russo.

 

Cap 51

I miei già dormono ed è tutto buio.

Chiudo la porta dietro di me, driblo il cane che cerca di saltarmi addosso per salutarmi e mi dirigo verso il bagno.

Mi lavo i denti e mi guardo allo specchio.

Mi vedo vecchio e stanco, stanco come non sono mai stato.

Mi sciacquo la bocca e sento quasi di dover vomitare.

Una volta a letto, mi giro sul lato e chiudo gli occhi, con indosso la mia divisa da notte arancione e nera, che ho ritrovato dentro lo zaino, riposto da Andrea vicino alla libreria.

La divisa ha un odore fresco e zuccheroso, come se fosse ancora dentro l’abbraccio di Dotty Demidea.

 

Cap 52

La sveglia del cellulare suona alle sette in punto.

Andrea Demidea citofona a casa mia alle sette e trenta.

Nel frattempo ho iniziato a far colazione, mentre mia madre e mio padre già sono partiti per andare al lavoro, da qualche minuto.

La faccio entrare, poi continuo a spalmare di burro d’arachidi una fetta di pane in cassetta, mentre un altra, che riempirò con la marmellata di ciliege, aspetta buona buona il suo turno.

Mentre apro il vasetto, un’oscura presenza mi saluta.

Ha la maschera di pizzo sugli occhi e codine ridicole, da coniglietta.

Sulle guance, una fila di tre nei verticali, disegnati con la matita da trucco.

Un corpetto bianco con nastrini.

Un maglioncino coi bottoni lasciato aperto.

Una gonna lunga corvina, con rosa ricamata.

Le offro un panino alla marmellata, ma lei rifiuta.

Non le piace la marmellata e non le piace sporcarsi le mani con sostanze appiccicose.

– Inizia a prepararti, che ci metti sempre due ore a vestirti!

Finisci di bere il latte e sbrigati! – mi fa, mentre cammina avanti ed indietro nervosamente.

 

Cap 53

Ci metto sempre un po’ a mettermi le scarpe, più che altro per rigirare le calze e mettermele.

Andrea sta seduta sul mobile dell’ingresso, a braccia conserte, canticchiando, a bassa voce, una canzoncina black metal.

Mi infilo la calza destra, poi infilo la scarpa destra.

Stessa procedura con la controparte sinistra.

Ci devo aver messo un po’ troppo, visto che Andrea mi corre incontro, m’abbranca un piede e mi stringe forte le stringhe, fino a farmi fermare la circolazione.

Usciamo che sono già le nove.

Il matrimonio è alle undici in punto.

 

Cap 54

Dobbiamo vederci con Bettinamia davanti al Comune e poi procedere nella sala in cui ci aspetta il sindaco con la fascettina dello Stato italiano.

E’ distante, ma Andrea decide di andare a piedi.

Perché mi deve parlare.

E perché deve fare un po’ di moto per tenersi in linea.

Andrea ha sempre paura di ingrassare, anche se non l’ho mai vista grassa.

Anche durante il periodo dei ‘Sabati al cinese di Dorotea per conquistare Chen la cameriera’ non l’ho mai vista grassa, anche se si lamentava sempre di essere ingrassata di cinque chili.

Ma non è l’unica paura della minore delle Demidea.

Ha anche paura di perdere l’intelligenza.

Paura che la costringe ad imparare una poesia a memoria ogni volta che passa una notte insonne.

Ed essendo spesso insonne, sa molte poesie a memoria.

Anche Io canto l’America, Pianto antico, Meriggiare pallido e assorto…

– Ti secca, fartela a piedi? –, mi fa. Tono cordiale, ma sguardo assassino.

– No no, figurati… una bella passeggiata è quel che mi ci vuole, per mandare via questa tensione…

– Essì. E anche per schiarirti le idee, con l’aria fresca di un mattino invernale…

– No, fidati. Le mie idee sono già chiare…

– Beh, se sono chiare… allora schiariamole ancora meglio…

– Già!

– Già, già!

 

Cap 55

Per allungare un po’ la strada, Andrea decide di passare attraverso il parco comunale.

Io cammino sulla strada di ciottoli, per non sporcare i mocassini che mio padre mi ha prestato per far bella figura.

Lei cammina sul prato, con i suoi scarponi da metallara che fischiano nella verdanza umida.

Qui abbiamo passato gran parte dei nostri pomeriggi, da bambini.

Di solito eravamo noi tre e ci accompagnava la signora Carla.

Ricordo quella volta che la mia accompagnatrice cadde dalla bici e si distrusse la mano.

Presa da una strana frenesia, si disegnò le sue prime lacrime di sangue.

Alla fine, l’Andrea di oggi è nata in quel momento.

Il ricordo della madre, seppur vivido e sempre presente, è solo un pretesto per dare libero sfogo alla sua vera natura come una drag queen.

Ma con il seno fatto da madre natura.

Anzi, no!

Chiamarlo ‘seno’ è un po’ troppo.

 

Cap 56

Fuori dal parco, passiamo per il negozio di fiori.

Dalla vetrina, vedo la foto della madre e delle sorelle appesa al muro.

Il giorno dopo la sua morte, Andrea fece un in gradimento di una foto in cui lei, bella e serena, si aggiustava i capelli e la mise in una grossa cornice ovale, simile ad uno specchio.

Ed ora sembra presa a specchiarsi, all’interno del suo negozio.

Viva. Per sempre.

 

Cap 57

– Non mi dovevi parlare, Andrea?

– Sì, ma proprio adesso stavo pensando che non servono parole. Sei deciso? Contento tu. Io non ci voglio entrare. Sai come la penso, sai che lei non mi piace, sai che potresti benissimo provarci con Loretta anche se è bionda…

– Ah.

– O forse ti aspettavi qualcosa del tipo “Antonio, non andare! Ti amo!”

– No, no! Quello no, ma, ecco…

– Volevi essere preso a botte e sentirti dire per la millesima volta che stai facendo una cazzata? Bene, stai facendo una cazzata. Ora porgimi la spalla, che ti tiro un pugno, così completiamo il quadretto.

Le porgo la spalla.

Andrea carica il pugno, ma non lo dà fortissimo.

Mi ha dato pugni ben più convincenti.

 

Cap 58

Arriviamo vicino all’agenzia viaggi, a poca distanza dal cinema Orbit e la mia accompagnatrice si ferma, poggiando la mano sul vetro.

– Sai cosa, Sperelli? – mi fa, tenendo gli occhi su un cartonato pubblicizzante l’Indonesia. – Odio Verderio. Non c’entra mia madre. La odio da prima, molto prima. La odio perché ci vivo da anni e mi sento straniera. La odio perché avevo dei sogni e ora ho quasi trent’anni ma non ho avuto nulla. Ti ricordi quando andavamo a scuola, Sperelli? Tu l’avresti mai pensato che i nostri compagni ci avrebbero lasciati da soli? Io ero amica di Gabriella Garuffi alle medie e non l’ho mai più sentita Gabriella Garuffi… senti, andiamocene…

– Dove? – le faccio. Sento i miei occhi inumidirsi senza preavviso.

– Non so dove. Lontano da Verderio, lontano dall’Italia… facciamoci un giro per il mondo, chiamiamo tutte le persone che ci piacciono e le invitiamo… oppure andiamo solo noi due, giriamo un po’ e ci fermiamo dove troviamo gente come noi. Gente come noi, Sperelli. Non bulletti ripuliti, non universitari finto intellettualoidi. Gente come noi. Capito?

– Più o meno. Andrea… stai tranquilla, stai alzando la voce. Dai, dopo che mi sposo, facciamo un viaggetto io e te e ci divertiamo, ok?

– NON ANDARE, ANTONIO! NON TI SPOSARE! Mi piacevano le nostre teorie sul mondo perfetto… facciamo qualcosa… facciamo vedere cosa valiamo, al mondo…

– No, ho dato la mia parola. Non posso… ormai è fatta e… se non mi sposo ora, non so se…

– Non è vero. Non andartene via anche tu, non andartene via anche tu. Io sono sola. Sono sola e… e…

Mi abbraccia.

Per la prima volta, da dietro.

Sento le sue lacrime calde bruciarmi, mentre la sento quasi urlare dal dolore.

Sento la sua testa premuta sulla schiena, sento la maschera distruggersi sotto il peso delle lacrime.

Le dico che le voglio bene e che è, e sarà sempre, la donna più importante della mia vita.

Lei mi dice che mi odia e che non mi porterà fino al Comune.

Io la lascio, per procedere da solo.

Mentre cammino accenno una strana danza, per farle tornare il sorriso.